Noall si svegliò di soprassalto, con il cuore che batteva più forte delle ali di un Grifone. Un rivolo di sudore freddo gli attraversava la fronte, e aveva la pelle d'oca.
Aveva fatto un brutto sogno, un incubo. Ma non si ricordava niente. Non si ricordava mai niente.
Scansò con un calcio le logore e ruvide coperte e si alzò a sedere sul materasso dalle doghe sfondate. Forse era proprio per colpa di quel posto schifoso che aveva dormito così male. O forse no, ma era meglio dare la colpa a qualcuno o qualcos'altro piuttosto che guardare in faccia la realtà.
Noall si passò le mani sul viso, cercando di scacciare la spossatezza che i brutti e grigi pensieri portavano con loro. Fu inutile.
Si alzò in piedi con un sospiro e un gemito di dolore. La ferita alla gamba destra non era ancora guarita del tutto. Quel maledetto taglio, proprio sotto al ginocchio, gli impediva di muoversi liberamente e ogni tanto gli faceva perdere l'equilibrio. Era snervante.
Andò all'unico, piccolo specchio lurido della stanza, in un angolo dove i ragni avevano messo su famiglia. Pulì la superficie con una manica e guardò il proprio riflesso. Un mostro con le occhiaie e la faccia di un malato di peste ricambiò, beffardo. I capelli scuri erano sporchi e arruffati, gli occhi, neri come l'inchiostro, erano ora annacquati e spenti, come se la vita avesse abbandonato quel suo corpo. Imprecò tirando un pugno contro la parete alla sua destra.
Rimase così fermo per alcuni minuti, cercando di riordinare i pensieri, senza riuscirci.
Decise allora di lavarsi, almeno poteva mandare via l'odore nauseante che aveva addosso.
Si sciaquò il volto e le ascelle nel catino d'acqua fredda in fondo al letto e si asciugò con i suoi stessi vestiti, l'unico asciugamano che c'era era uno straccio così lurido da essersi irrigidito nella sporcizia.
Si vestì di fretta, indossando la tunica leggera e gli stivali di cuoio nero, raccolse l'arco di legno di tasso che aveva lasciato in un angolo la sera precedente e lasciò la stanzetta angusta preoccupandosi di chiudere per bene la porta cigolante.
Scese al primo piano, dove l'oste, un ometto grasso e viscido gli spillò troppi soldi per una sola notte.
- da questa parte - biascicò l'uomo contando i soldi, con un sorriso malevolo - vi ho già preparato il cavallo, signore -
Sentirsi chiamare signore non era una novità per Noall ma ogni volta gli faceva uno strano effetto. Era per via del suo aspetto. A sedici anni era già alto due metri e aveva un corpo fin troppo grosso e muscoloso. Certe volte si sentiva come se fosse prigioniero in qualcun'altro.
Per fortuna non era goffo o lento, anzi, rispetto ai suoi coetanei era sempre stato dotato di incredibile agilità, per quanto fosse strano.
Seguì l'uomo fino alle stalle, dove il cavallo nero, Sero, lo aspettava sbraitando e scalciando, già sellato e pronto a partire.
- una bestia straordinaria, quella - commentò uno stalliere avvicinandosi - mai visto un così bel esemplare -
Noall fece un gesto con il capo - ti ringrazio -
Poi senza perdere tempo salì in groppa al cavallo che al suo tocco subito diventò mansueto. Ringraziò lo stalliere ancora una volta per come era stato pulito e ben accudito e partì, svoltando nella strada principale dove un piccolo mercato animava il paese.
Era domenica, il giorno di riposo per tutti, così il via vai di persone era tale da impedire a Noall di tenere un'andatura regolare. Doveva continuamente fermarsi per evitare di colpire i passanti, oppure doveva fare file sterminate dove la strada si stringeva. Per un'ora intera dovette aspettare che un vecchietto con un carretto sgangherato smettesse di discutere con le guardie del prezzo del pane. Un'ora.
Quando, già passato mezzogiorno, Noall riuscì a oltrepassare il portone d'uscita e trovarsi in mezzo all'aperta campagna, tirò un sospiro di sollievo così evidente che una donna, passandogli accanto, riuscì poco e male a trattenere una risata.
Finalmente poteva galoppare veloce in groppa al cavallo che sembrava felice quanto lui. Si lasciò alle spalle il villaggio molto in fretta e il paesaggio cambiò. Al posto dei verdi e pianeggianti campi coltivati ora c'erano colline e boschi fitti di querce, fiumi da guadare e stagni cristallini che riflettevano la luce del sole appena sorto.
Noall però sapeva di non potersi fermare per quanto ne avesse voglia. Era attratto da quei posti sconosciuti, ma doveva a tutti i costi proseguire. Aveva un luogo da raggiungere il prima possibile.
Così riuscì solo a dare un'occhiata veloce a quegli stupendi scorci di natura selvaggia, mentre sfrecciava in groppa a Sero senza mai rallentare.
Si fermò solo quando il sole raggiunse il suo apice nel cielo. Ormai il calore stava diventando insopportabile e sia lui che l'animale iniziavano a dare segno di stanchezza. Cavalcare così a lungo e per così tanti giorni di fila era davvero spossante, soprattutto per il ginocchio del ragazzo, che non ne voleva sapere di guarire.
Noall legò le redini di Sero ad un tronco di salice che cresceva sul bordo di un ruscello scrosciante, dove subito il cavallo immerse il muso, bevendo a volontà. Noall seguì il suo esempio, rinfrescandosi anche la faccia e il torso con l'acqua, così piacevole che quasi non ci poteva credere.
Era estate e faceva caldo. Ma non il solito caldo blando del Nord, dove Noall si era abituato a temperature che non superavano i venticinque gradi. Oh, no, dove si trovava in quel momento dovevano esserci perlomeno trenta gradi, se non di piu. E lui lo sopportava male, tutto quel bagno di sudore che non finiva mai, come se si trovasse perennemente in una enorme sauna.
Si sedette con i piedi a mollo in una pozza poco profonda e prese l'arco in grembo. Tolse la guaina di pelle e sfoderò l'arma in tutta la sua considerevole lunghezza, era alta quasi quanto lui.
Il legno flessibile era duro e liscio sotto il suo tocco. Per prima cosa controllò la corda, che fosse ben tesa. Suonò come le corde di un violino sotto le dita, era perfetta. Dopotutto quello era l'arco che gli aveva costruito suo nonno.
Si alzò in piedi e provò a mirare un tronco sottile in lontananza, senza incoccare nessuna freccia. La corda si tendeva senza scatti o resistenze, e l'impugnatura permetteva una velocità di tensione fluida e scattante.
Soddisfatto Noall ritirò l'arco e si avvicinò al cavallo.
Accarezzandogli il fianco pensò al da farsi.
Erano passate due settimane da quando aveva lasciato la tenuta Hunter, la sua casa, per inseguire un demone in fuga. Era stata sua madre a ordinarglielo.
Ma ancora niente, solo vaghe tracce del suo passaggio. Era un comportamento insolito, per un demone.
Escludendo i più potenti, che avevano sviluppato una coscienza, gli altri si facevano guidare dall'istituto e di solito li portava a uccidere indiscriminatamente. Ma non quel demone. Lui era come se avesse paura di qualcosa, magari dei cacciatori stessi, ma era comunque strano.
Un nitrito improvviso di Sero lo spaventò. Il cavallo era irrequieto.
Noall rise e gli salì nuovamente in groppa - dai bello, andiamo - disse dandogli dei colpetti sul muso.
L'animale ubbidì sbraitando e scalciando il terreno fangoso. Mentre cavalcava Noall guardò la mappa che teneva nelle borse della sella. Era a circa tre ore di andatura veloce dal punto di incontro con gli altri, i suoi compagni.
Ripose il foglio di pergamena ripiegato e si abbassò sul dorso del cavallo, impugnando saldamente le redini e aumentando la velocità.
Il paesaggio cambiò molto rapidamente. Avevano scelto apposta una sporgenza rocciosa per approntare un campo base che offriva riparo dalla pianura intorno, troppo esposta a imboscate.
Il tempo stava cambiando quando arrivò al campo. Delle sottili goccioline di pioggia iniziavano a cadere dal cielo plumbeo, che preannunciava un pomeriggio poco adatto al viaggio.
Non appena Noall smontò dal cavallo una voce lo raggiunse alle spalle
- distratto come sempre, gigante -
Noall si voltò di scatto, coltello alla mano, puntandolo al collo del ragazzo
- e tu hai la guardia abbassata come al solito, Lion -
L'altro alzò le mani con un sorriso - mi arrendo, mi arrendo -
Noall ritirò l'arma nel fodero, con uno sbuffo - invece di scherzare, hai trovato qualcosa? - chiese mentre si incamminavano insieme verso l'accampamento.
Lui si grattò la nuca - no, nulla. Solo dei racconti di un ubriacone, niente di più. A te com'è andata? -
Noall digrignò i denti - lo stesso, più o meno. Le tracce continuano verso sud, ma non capisco perché -
Lion tirò un calcio a un sassolino - Non c'è un perché, è un demone -
- proprio per questo non capisco -
- come sempre Noall ha il muso - intervenne una ragazza uscendo dalla prima tenda dell'accampamento - dovresti rilassarti ogni tanto, sai? -
Noall non poteva crederci. Non uno, ma ben due scocciatori - Non ho il muso, Miura. Sono preoccupato -
Lei rise - che è come dire la stessa cosa! -
Anche Lion rise di gusto. Noall non li sopportava, di tanto in tanto.
Erano loro due i compagni designati per quella battuta di caccia.
- cos'hai trovato? - chiese Lion a Miura.
Lei fece spallucce - niente di importante, temo. Sembra che quel demone non voglia fermarsi mai. Solo qualche villaggio un po' mal ridotto, ma nient'altro -
- proseguiremo verso sud, oltre le pianure di Rosalya - li informò Noall iniziando a smontare la tenda - Non possiamo perdere tempo o ci sfuggirà del tutto -
Gli altri due si scambiarono uno sguardo preoccupato, ma non dissero nulla e seguirono l'esempio dell'amico, infagottando i pochi averi che si erano portati dietro.
Noall finì per primo, praticamente non aveva nulla con se oltre alle armi e al cibo.
Quando furono pronti salirono in sella, con la consapevolezza di dover cavalcare fino al tramonto e anche oltre, se necessario.
- Non vedevo l'ora di un'altra bella cavalcata estenuante, davvero - disse Lion affranto.
Noall annuì, per una volta d'accordo con il compagno - nessuno di noi vorrebbe, ma siamo obbligati. Non è una buona idea deludere mia madre, lo sapete -
Annuirono entrambi con enfasi. La severità di sua madre era veramente leggenda, tra i cacciatori di demoni.
Anche se sia l'uno che l'altra facevano parte di clan minori, non del clan Hunter di cui Diana, sua mamma, era a capo, sapevano che la guida dei cacciatori non aveva pietà per i fallimenti.
Partirono senza più discussioni, galoppando più velocemente possibile senza sfiancare i poveri destrieri, già provati dal lungo viaggio.
Solo al tramonto decisero di fermarsi, nei pressi di un boschetto che si affacciava da un burrone sulla città di Barin, la più a nord della contea. Nonostante fosse piccola era comunque un punto di ritrovo per mercanti di ogni tipo, ed era controllata dall'impero.
Noall rimase ore a scrutare da lontano le vie trafficate e le bancarelle che vendevano qualsiasi tipo di merce. Gli bastava aguzzare la vista e guardare attraverso le lenti del complicato strumento datagli da Lion e riusciva a vedere in volto le persone, che da lassù sembravano delle formichine.
- stupendo, non è vero? - lo sorprese la voce di Miura. La ragazza si sedette di fianco a lui - sono già stata qui, anni fa. Ma ogni volta mi toglie il fiato -
Noall rimase un attimo incerto, poi capì che parlava del panorama. In effetti le luci soffuse della città contrastavano con il cielo scuro, spiccando nel nero delle pianure in ombra.
Ma lui non era interessato a quei particolari. L'unica cosa che voleva era trovare al più presto il demone e tornare a casa. Tutto il resto era solo una distrazione di cui disfarsi.
- Non è male - rispose comunque, per compiacerla.
Lei ridacchiò - sempre il gelido Noall, non cambi mai. Da quando hai compiuto dieci anni sei diventato scorbutico, un po' come... - si bloccò, senza sapere con chi paragonarlo.
Questa volta fu Noall ad essere divertito nel vederla in difficoltà - anche tu non eri così, anni fa. Eri molto più severa quando mi insegnavi a combattere -
Lei sospirò - cercavo di imitare tua madre, ma non mi veniva troppo bene -
Noall sorrise - perché nessuno può imitarla, lei è come il generale d'acciaio -
Miura scoppiò a ridere fragorosamente - oh, hai azzeccato in pieno -
- volete rendermi partecipe del discorso o me ne devo stare in disparte? - chiese Lion spuntando da dietro Miura e abbracciandola.
Noall scrollò le spalle, causando un altro attacco isterico alla ragazza.
Lion scosse la testa, sconfitto - allora, come va l'esplorazione? - chiese sedendosi tra i due - la città è tranquilla? -
Noall gli diede una pacca sulla schiena per tranquillizarlo - lo sarà, domani mattina. Ora è piena di guardie per la ronda notturna -
Miura scompigliò i capelli di Lion ridendo - com'è preoccupato il nostro grand'uomo. Non eri tu a dire di fregarsene degli imperiali? -
Iniziarono a litigare come due bambini, così Noall li lasciò soli. Ne avevano bisogno, essere promessi sposi in missione non era granché. Sua madre li aveva mandati incontro al pericolo a pochi mesi dal matrimonio, ma d'altronde c'era da aspettarselo da lei.
Tornò al campo appena allestito, due tende e un cerchio di pietre per il fuoco.
Prima di sdraiarsi accese con due pietre il mucchietto di legnetti già preparati e lasciò una pentola di acqua calda pronta per gli altri due, che di sicuro avrebbero avuto fame dopo... be, dopo quello che stavano facendo.
Riuscì a tenere gli occhi aperti ancora per qualche minuto, disteso sulla dura terra, con la mente che vagava da un pensiero all'altro cercando di costruire una pista da seguire, un obbiettivo da raggiungere.
Ma era ormai da molto tempo che non sapeva più quale fosse il suo scopo, troppo tempo.
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La Rosa Cremisi - Il Destino Di Un Regno
FantasyDurante una guerra che perdura da secoli, con il nemico sempre più potente, sempre più vicino, le ormai uniche delle cinque razze in grado di opporsi all'impero sono gli elfi e gli umani, ultimi superstiti dell'antica resistenza, di un regno ormai p...