Capitolo 11 - Noall: Sulle Tracce Del Mostro

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Noall non era felice per quello che aveva fatto. Appena dopo essere uscito dalla radura, durante i festeggiamenti, il dubbio lo aveva invaso. Lasciare indietro i compagni era stata una buona scelta? L'aveva fatto per proteggere loro o se stesso? Sinceramente non sapeva rispondere.
Così aveva cavalcato Sero il più velocemente possibile, passando l'intera notte e parte della mattina seguente in viaggio per allontanarsi il più possibile da quel luogo. Ovviamente Lion e Miura l'avrebbero presa male e non voleva che potessero raggiungerlo in alcun modo.
La palude si offriva perfettamente a quello scopo. Nel fango le impronte del cavallo sparivano dopo pochi minuti, lasciando ben poche tracce da seguire.
Solo a mezzogiorno si fermò per far riposare la povera bestia, ansimante e stremata. Era ai limiti della palude, dove gli alberi iniziavano ad avere qualche foglia e il paesaggio si faceva più normale. Non aveva smesso di seguire le tracce del demone, ma sapeva ormai che stava ripercorrendo il tracciato predisposto per lo spostamento della principessa dal castello del conte Dertus fino a un luogo più sicuro a nord, nell'ultimo baluardo di resistenza all'impero. Questo gli faceva sentire un inquietante presentimento, come se qualcosa non fosse come dovrebbe. Aveva paura, e ben giustificata, che il demone non stesse scappando in modo casuale, ma che cercasse a sua volta qualcuno. Chi era un mistero. La principessa era da escludere, troppo piccola per emettere anche la minima traccia fiutabile dal demone, ma se continuava verso sud lungo quel percorso inevitabilmente avrebbe incrociato la scorta della principessa. Dopotutto il tracciato scelto per il suo spostamento era il più nascosto e impervio, per evitare di incontrare soldati imperiali ma allo stesso tempo esponeva la principessa al rischio di incontrare altri fuggitivi o, come in quel caso, creature, che volevano o non potevano far altro che passare inosservate agli occhi dell'impero.
Riflettè a lungo su come agire, se buttarsi all'inseguimento o cercare di anticipare le mosse del demone. Non era mai stato bravo in niente tranne che combattere e cacciare. Soprattutto cacciare.
Essendo un demone non intelligente non avrebbe dovuto elaborare un piano troppo elaborato, non doveva essere troppo difficile prevedere le sue mosse. Ma già le informazioni che aveva raccolto fino a quel momento indicavano tutto il contrario, dalle dimensioni alle tracce che aveva lasciato quasi apposta. Era intelligente, nei limiti di un demone ovviamente. Sapeva di essere inseguito e non voleva farsi trovare.
Mentre Sero beveva in una pozza fangosa Noall si sedette su un masso e spianò davanti a sé la mappa completa del continente di Listra. Era un arcipelago di tantissime isole ma le quattro principali erano così grandi che potevano essere considerate insieme un continente. Salya, Mestrya, Durmstrat e Loterel, ecco i nomi. Anche se Salya e Loterel, le due isole più a est, erano unite da una stretta striscia di terra venivano considerate separate. Lui si trovava ora a nord di Salya, un centinaio di miglia sotto la terra in mezzo ai mari, la striscia che univa le due isole. Aveva lasciato Loterel da pochi mesi ma già gli mancavano le enormi foreste che crescevano solo là.
Ora doveva proseguire verso sud per raggiungere, secondo i suoi calcoli, prima Stern, una piccola città, e poi proseguire ancora nella stessa direzione fino alla cicatrice di Levha, un grosso canion che tagliava in due buona parte della zona occidentale dell'isola.
Non era un viaggio semplice ne veloce, ma in groppa a Sero, senza nessuna deviazione, fermandosi solo quando necessario, poteva impiegarci una settimana o poco più. Sapeva che i soldati dell'impero erano sempre più presenti man mano che si proseguiva verso sud, ma con un po' di fortuna poteva evitarli.
Ripose la mappa e con sconforto raccolse i due pezzi di legno che erano rimasti del suo arco. Aveva trovato l'arma rotta subito dopo essere scappato. Una volta tirato fuori dall'involucro osservò la rottura frastagliata, impossibile da riparare. Decise di buttarlo, non era più utile e costituiva solo un peso in più.
Si alzò da terra e con un fischio richiamò Sero, che accorse nitrendo. Sembrava felice di ripartire, scalpitante com'era. Noall salì in sella e diede un colpetto con le staffe ai fianchi del cavallo che partì immediatamente.
Cavalcare così a lungo stancava pure lui, aveva le gambe che tremavano e le cosce gli prudevano per il continuo sfregamento, ma non poteva permettersi di rallentare. Il paesaggio cambiò all'improvviso. Proprio come quando era entrato nella palude, dove la natura lasciava spazio alla morte degli alberi scheletrici, ora che ne usciva la natura riprendeva vita. Un attimo prima era circondato da alberi bianchi e morti, ora si trovava in un boschetto rigoglioso di betulle.
Per orientarsi gli bastava seguire il sole tenendolo leggermente sulla sinistra, così il pensiero poteva vagare indisturbato, quasi senza il suo controllo. C'era qualcosa in quella missione che non gli era chiara. Sua madre aveva deciso di mandarlo a cacciare un demone dopo cinque anni che non lo faceva uscire dalla tenuta, senza spiegazioni. E ora scopriva che il demone era di una specie sconosciuta e che non era un pericolo immediato per il Regno. Era troppo confuso per una mente come la sua. Non si era mai occupato di politica o anche solo di qualcosa che non lo riguardasse direttamente. Il mondo per Noall era sempre stato dentro al confine della tenuta Hunter, mai oltre il cancello.
Per quello ora si trovava lontano da casa, in mezzo al nulla, da solo, per portare a termine una missione che si era trasformata in tutt'altro rispetto all'inizio.
Si abbassò sotto a un ramo basso, rallentando l'andatura. Il bosco era sempre meno fitto e lo strato sottile di foglie secche sul terreno portava a pensare che venisse pulito regolarmente.
Si stava avvicinando a un villaggio o una fattoria. Ne ebbe la conferma dopo pochi minuti, quando il suono ripetuto della campana che scandiva l'ora lo raggiunse oltre alle fronde degli alberi. Noall diresse Sero verso quel rumore, cavalcando quasi a passo d'uomo. Ancora qualche centinaia di metri e uscì dal folto del bosco per trovarsi sulla sommità di una collina verdeggiante, circondata da un basso steccato in legno.
Più in basso si apriva un piccolo villaggio con le basse case in legno e paglia, addossate una all'altra in circolo attorno al campanile centrale. Noall aveva sentito della strana abitudine del sud di costruire le case a valle di un promontorio piuttosto che sulla sommità. Anche il metodo per costruirle era arretrato, quasi primitivo, stavano a malapena in piedi.
Scosse la testa. Quei poveretti erano stati conquistati dall'impero quasi duecento anni prima e lasciati a loro stessi. Le poche città sopravvissute alla distruzione erano ormai degradate, gli edifici in pietra e marmo saccheggiati e sostituiti da legno, paglia e fango. I contadini sopravvivevano con i pochi frutti dati dal terreno duro e pietroso e si aggregavano in villaggi costruiti poco lontano dalle rovine di quelli vecchi, dimora di lupi e bestie di ogni genere.
Noall poteva capire perché non costruissero nulla di stabile. Quando si avvicinò un po' di più, infatti, vide che le case erano tutte nuove, sostituite da poco. Un incendio o una rappresaglia violenta dell'impero l'avevano distrutto. Entrò dalla via principale, così fangosa che ogni passo di Sero alzava uno schizzo di fango che quasi lo raggiungeva.
Si era aspettato di trovare poveri contadini, tristi e segnati dalla fame, invece ad accoglierlo furono sorrisi e saluti cordiali. Ne rimase sorpreso.
Arrivò alla piazza centrale, piccola, di forma circolare e lasciò Sero legato a un paletto di fianco al campanile, vicino ad un altro cavallo molto più piccolo.
Non appena gli stivali toccarono terra affondarono di due pollici nel terreno molle. Ogni passo era accompagnato da un disgustoso risucchio. Si avvicinò all'insegna di quella che pareva una locanda. Il Maiale d'oro,un nome bizzarro ma allo stesso tempo azzeccato.
Stava per entrare quando qualcuno lo chiamò a gran voce.
Si voltò e vide un anziano signore camminare gobbo su un bastone nodoso nella sua direzione. Quando gli fu vicino Noall poté osservare quanto l'uomo fosse basso, rinsecchito e vecchio. Non aveva i denti e gli occhi socchiusi indicavano una cecità se non totale almeno parziale.
- signore - gracchiò di nuovo alzando la testa - è uno straniero, non è vero? -
Noall annuì - lo sono -
- mi deve scusare per la scortesia, ma non ho più gli occhi di un tempo - spiegò scuotendo la testa - ma sono ancora il capo di questo umile villaggio ed è mio dovere accogliere gli ospiti -
Noall finalmente capì - mi ha visto dal campanile -
- sei un ragazzo sveglio, giovanotto. È insolito vedere viaggiatori così vicino alla palude, così mi sono incuriosito. Ma ora basta stare qui in piedi, permettimi di farti strada -
Noall seguì l'anziano fin dentro alla locanda, così piccola che per entrare dovette abbassare la testa. Dentro il profumo della carne sul fuoco era delizioso e neanche il fumo di pipa che aleggiava ovunque poteva sminuirlo.
- di questi tempi è così raro avere ospiti che ogni volta è un momento straordinario - disse il vecchio indicando gli sguardi attenti delle persone sedute ai tavoli.
- oh, il vecchio Soth è venuto a farci visita - gridò l'uomo corpulento, vestito con un grembiule macchiato quasi quanto la barba disordinata, dietro al bancone di legno - e ha portato un cliente nuovo - aggiunse salutando Noall con un gesto della testa - accomodatevi pure dove volete, arrivo in un attimo -
Noall e Soth si sedettero ad un tavolo vicino alla finestra che dava sulla strada. Era un posto accogliente, se si tralasviavano le dimensioni ridotte di ogni cosa. Noall a malapena riusciva a stare seduto sulla seggiola in legno, che protestò sotto al suo peso.
- sono solo di passaggio, andrò via verso sera - disse Noall per rompere il silenzio.
Il vecchio si prese il tempo per riempire di tabacco la pipa, le diede due colpetti con l'indice e la accese, aspirando a grandi boccate - un viandante così giovane... Dove sei diretto, se posso chiederlo? -
Noall ci pensò un momento ma non vide come potesse essere un pericolo parlarne con quell'uomo.
- a sud, verso la cicatrice di Levha - disse appoggiandosi al muro - devo raggiungerla al più presto -
Soth tossì un paio di volte, poi lo guardò in volto per la prima volta. Era serio - è un viaggio pericoloso, il tuo. Ho sentito dire che ogni strada è controllata giorno e notte dai soldati dell'impero. Qui non sono ancora arrivati, ma un mio amico che vive in un villaggio più a sud dice che è un inferno: bloccano chiunque, picchiano gli uomini e gli dei solo sanno cosa fanno alle donne. Cercano qualcuno, e sono disposti a fare qualsiasi cosa -
Noall aveva già avuto il sospetto che non sarebbe stato semplice, ma adesso era sicuro che era quasi impossibile - sto anch'io cercando qualcuno - disse prendendo un sorso dal calice di birra che uno smilzo cameriere gli poggiò davanti - o meglio, qualcosa -
Gli occhi del vecchio scintillarono - ho il sospetto che la tua ricerca c'entri con il disastro di pochi giorni fa, giovanotto -
Noall guardò con occhi attenti il viso dell'uomo. L'età non lo aveva rimbambito e rimaneva sveglio - può darsi... - disse vago - cos'è successo? -
La faccia del vecchio si rabbuiò - non lo sappiamo di preciso, ma nella notte qualcosa ha bruciato in pochi istanti un'intera fila di case. Un attimo prima stavamo dormendo, quello dopo cercavamo di spegnere le fiamme più calde che avessi mai visto -
Noall aveva un'idea di cosa fosse accaduto - un demone, quindi. E molto potente, a giudicare dalle tue parole -
- proprio così - annuì il vecchio - mentre gli altri erano presi dal panico ho visto quella... Creatura, mentre se ne andava -
Noall drizzò le orecchie - com'era? - chiese appoggiando un braccio al tavolo.
Proprio in quel momento un vassoio colmo di cibo venne posato in mezzo a loro dallo stesso cameriere di prima, che si dileguò in un attimo.
- te lo racconto mentre mangiamo - disse Soth indicando il tavolo - ma deve essere uno scambio di informazioni da entrambe le parti -
Noall annuì e ringraziò per il cibo - ovviamente ti dirò tutto quello che serve -
- bene - rispose il vecchio prendendo un boccone di pane - vedi, non avevo mai mai visto un demone simile in tutti i miei lunghi anni e ti assicuro che ne ho visti parecchi -
Noall mangiò una patata fumante ripiena di formaggio. Era squisita - il suo aspetto, descrivilo se puoi -
- era alto, molto alto. Almeno quattro o cinque metri se non di più. Aveva un'armatura, anche se sembrava più la sua stessa pelle, infuocata. La testa era grossa come quella di un Minotauro con due corna gigantesche - disse il vecchio tremando ancora dalla paura al solo pensiero - ma quello che più aveva di insolito era il viso. Sembrava umano, quasi, anche se sfigurato e raggrinzito, come un teschio con la pelle tesa sulle ossa. E i suoi occhi luccicavano di astuzia -
Noall convenne che non era un demone ordinario e se il vecchio aveva ragione non un Hanubis. Eppure qualcosa gli diceva che era proprio la sua preda.
Consumarono il tagliere in silenzio per diversi minuti, con le mandible che lavoravano frenetiche nonostante l'età mangiava voracemente, il vecchio.
- ora è il momento che tu mi dica cosa fosse quel mostro, giovanotto - disse Soth pulendosi la corta barba grigia con un pezzo di stoffa.
Noall fece lo stesso con un lembo della tovaglia - non so dirti cosa fosse, ma può stare sicuro che non tornerà più. È diretto a sud, a quanto mi hai detto -
Il vecchio lo squadrò per qualche istante - dici la verità, ma non ho ancora capito quale ruolo tu ricopra in questa storia. Non intendo insistere ma almeno vorrei sapere il tuo nome -
- mi chiamo Noall - disse il ragazzo tendendo la mano - e ti ringrazio per non aver fatto altre domande -
Soth la strinse con la sua - un nome interessante, porta un antico significato con sé. Sii fiero. Ma un ragazzo così giovane non dovrebbe vagare lontano da casa da solo -
Noall sorrise. Non era la prima volta che qualcuno lo diceva - non ti devi preoccupare, non sono da solo -
- mmm - mugugnò lui poco convinto - e posso dire che non intendi trattenerti con un vecchio ancora a lungo -
Noall annuì - devo ripartire, sì. Ma è stata una discussione interessante e sei stato gentile con me, per questo ti ringrazio -
Soth sorrise - è raro trovare un ragazzo gentile di questi tempi, i pochi bisogna tenerseli stretti -
Noall ringraziò ancora e salutò anche il proprietario ancora dietro al bancone intento a pulire un bicchiere con uno straccio. Non appena uscì dalla locanda il puzzo di letame lo invase con forza.
L'istinto lo salvò un attimo prima che una freccia lo colpisse in piena faccia. Rotolò lungo il vialetto della locanda e trovò riparo dietro a una mangiatoia.
Dopo qualche istante di confusione la mente tornò lucida. Guardò attentamente oltre al riparo e vide l'uomo incappucciato sul tetto del campanile, con l'arco in mano, di nuovo teso.
Non si alzò, non poteva affrontarlo. Lui era in posizione avvantaggiata, aveva con sé un arco e una buona mira. Strisciò a terra verso il retro della locanda, tenendosi sempre sotto ai cespugli di rose che crescevano lì a fianco. Un'altra freccia volò nella sua direzione ma lo mancò di molto. Non poteva vederlo.
Noall fu sollevato. Aveva scommesso sulle abilità del nemico e per fortuna aveva vinto.
Riuscì a raggiungere il muro della locanda e si rialzò finalmente in piedi. Aveva il fiato corto, erano stati pochi istanti, ma aveva avuto paura.
Noall tirò fuori dalla tasca un pastiglia e la ingoiò velocemente. Una sensazione di calma lo avvolse, si sentiva come immerso nell'ovatta. Ogni emozione scomparve, lasciando spazio solo al pensiero razionale del cacciatore che c'era in lui. Sapeva che Sero era legato sotto al campanile, ma sapeva anche che ormai l'uomo doveva essere sceso per cercarlo.
Si avvicinò all'angolo della struttura e sbirciò oltre.
Il suo aggressore, come previsto, stava scendendo le scale esterne dell'alto campanile. Non appena girò dietro al muro di pietra Noall scattò velocemente incanalando il Ki nelle gambe.
Fu così veloce che quando l'uomo scese l'ultimo scalino ormai gli era addosso. Noall non si prese neanche la briga di affrontarlo, usò il suo peso e la spinta della corsa per scaraventare e schiacciare contro la parete il poveretto, che morì sul colpo. La torre tremò e oscillò pericolosamente, ma non cadde.
Noall guardò il cadavere vestito di nero e gli tolse il cappuccio. La faccia che si nascondeva sotto era del tutto anonima, senza tratti distintivi.
Noall imprecò e sputò a terra. Aveva visto sul braccio il simbolo della setta degli assassini di Lehva. La feccia più orribile che poteva esistere. Assassini al soldo dell'impero. Spiegava l'assenza di tratti del volto, una specie di rito d'iniziazione in cui torture e mutilazioni cancellavano ogni segno dal volto dell'adepto. Brutale.
Non poté rimanere più a lungo. Il rumore dello schianto aveva attirato diverse persone che stavano iniziando ad avvicinarsi, curiose.
Noall slegò Sero, gli saltò in groppa e lo fece partire al galoppo, uscendo dal villaggio dalla parte opposta in cui era entrato.
Mentre il vento gli scompigliava i capelli pensò a come in pochi giorni avesse incontrato due diversi tentativi di ucciderlo. Non era una coincidenza e sospettava che se avesse potuto cercare meglio avrebbe trovato la sua taglia nella tasca di quell'assassino. Come poteva l'impero sapere che era fuori dai confini della tenuta Hunter? E perché mettere una taglia proprio su di lui, una mera pedina? Domande, altre domande senza risposte.
Fermò Sero per un momento a un centinaio di metri dal villaggio per decidere la direzione giusta. Con la coda dell'occhio vide il fermento che aveva invaso le vie tra le case alla scoperta del morto.
Decise di non proseguire attraverso i boschi. Era più sicuro sotto alla copertura degli alberi, ma molto più difficile e lento rispetto alla distesa infinita di praterie che si stendevano davanti a lui, una collina dopo l'altra, fino all'orizzonte.
Cavalcò tenendosi vicino al limitare del bosco, in caso di pericolo poteva ripararsi velocemente, e non risparmiò Sero che di buon grado superava fiumicelli e alture senza rallentare mai, con la criniera al vento, veloce come pochi altri cavalli avrebbero potuto. Intanto Noall cercava di seguire la traccia inconfondibile dell'Hanubis che, ora che si trovava molto più vicino, era molto più facile da individuare. Infatti una puzza di morte, così sottile che un normale essere umano non avrebbe potuto sentire, aleggiava nell'aria come una scia che avrebbe portato Noall dritto dalla sua sfuggente preda.
Ormai si stava facendo sera ma Noall non fermò Sero fin quando l'ultimo raggio dorato del sole non scomparve dietro all'orizzonte alla sua destra. Solo allora si permise una pausa e lasciò la povera bestia a riposarsi all'ombra di un solitario olmo che cresceva tra due campi coltivati di mais, alto quasi tre metri.
Lì poteva stare al sicuro, nessuno avrebbe potuto vederlo se non arrivando a pochi metri dall'albero, dove Noall era avvantaggiato in uno scontro ravvicinato.
Si appoggiò al tronco nodoso e cercò di riposare. Non aveva fame, l'effetto delle pastiglie ancora in circolo riducevano ogni stimolo al minimo. Ma non chiuse neanche occhio per lo stesso motivo. Rimase fermo a fissare una colonia di formiche che si spostavano da un piccolo foro nel legno alla sua sinistra fino alla radice scoperta a pochi metri di distanza. Andavano avanti e indietro, instancabili, portando cibo e provviste da una parte all'altra, scavalcando rami grossi dieci volte loro e infilandosi in mezzo al muschio scuro ai piedi del tronco. Noall ammirava la loro tenacia.
Finalmente, dopo ore e ore, il cielo da nero pece iniziò a virare, verso l'orizzonte, in un blu scuro, il colore del mare profondo. Le stelle pian piano scomparvero e in un puntino sulla cima di una spiga di mais comparve il primo sprazzo di luce arancione, che illuminò d'azzurro chiaro uno spicchio di cielo. La rugiada sull'erba luccicò come mille perle incastonate nella natura.
Sero nitrì alle sue spalle e Noall, lentamente, si alzò in piedi, con gli arti intorpiditi.
Accarezzò la criniera del destriero e passò le redini intorno al collo dell'animale. Poi si appoggiò alla staffa e con fatica si issò in sella. La ferita alla gamba aveva iniziato a farsi sentire di nuovo, più forte che mai.
Non cavalcò veloce come la sera prima, non subito. Sero non poteva tenere quell'andatura per tutto il giorno e Noall non voleva sfinirlo al punto di dover proseguire a piedi. Quando uscì trottando dal campo di mais si trovò su una stretta stradina fangosa. Qualche contadino in groppa a muli o tirando un carretto si accingevano ad iniziare la giornata di lavoro, ma in giro non c'erano guardie a controllare. Noall ne fu grato, cavalcare su una strada ben battuta era molto più confortevole rispetto ai sentieri e i prati. Spronò Sero e tenne un'andatura costante, che gli permise in poche ore di superare la pianura e tornare nel folto del bosco.
Quella parte dell'isola era stata sconvolta in passato da forti terremoti che avevano fatto sprofondare interi acri di terra di diverse decine di metri, creando una conformazione unica del terreno. Nelle parti più basse i contadini avevano eretto piccoli villaggi e coltivato i campi, con la protezione dalle intemperie che davano le parti più alte, lasciate invece alla natura selvaggia. Sembrava un mosaico con i pezzi sfalsati.
Era quindi sfiancante viaggiare continuando a salire e scendere, senza mai un po' di regolarità. Noall se ne accorse quando non riuscì più a tenersi in sella. Le strade erano state costruite sui pendii verticali, lunghe e piene di curve per scendere e salire da quei strani altopiani. Erano così poco utilizzate da essere sconnesse, a tratti addirittura crollate.
Si fermò sul ciglio della strada appena segnata e scese da Sero. Maledì silenziosamente la ferita e la sua debolezza. In quel modo avrebbe impiegato troppo tempo, ed era un lusso che non poteva permettersi. Ne andava della sua reputazione e forse di più.
Era una responsabilità che non poteva credere di essersi accollato. Prima di allora non era mai contato nulla per nessuno, una sua azione non avrebbe mai cambiato il corso di nessun evento. Ora invece ogni momento di quel viaggio, ogni suo errore, poteva costare l'intera storia di un regno. Il regno che la sua famiglia da sempre appoggiava.
Noall si aggrappò ad un tronco e poggiò la testa sul ruvido legno. Ispirò ed espirò profondamente, per calmarsi. L'umido e fresco profumo del bosco riuscì in qualche modo a farlo rilassare.
- tu, chi sei?! - gridò una voce all'improvviso - voltati!-
Noall sospirò. Non era stato attento - solo un viandante - disse voltandosi lentamente.
Due uomini in armatura lo fissavano con scherno - un gigante, più che altro - disse uno ridacchiando.
- un gigante si! - ripetè stupidamente l'altro - tutto muscoli e niente cervello -
Risero a crepapelle. Noall non capiva il senso di quelle battute - posso esservi d'aiuto, signori? - chiese ostentando cortesia - perché se no sarei un poco di fretta -
I due smisero all'improvviso di ridere - ci stai forse prendendo in giro? - chiese arrabbiato quello che sembrava il più anziano - uno straccione come te che ha fretta? -
- sarà perché non vuole pagare la tassa - disse l'altro grattandosi la barba - e chi non vuole pagare va punito -
- hai ragione, Slam, si merita una punizione - l'uomo si voltò verso Noall, che era rimasto in silenzio. Si avvicinò e lo guardò fisso negli occhi - o forse hai il denaro che ci spetta. E non fare scherzi -
Una lama toccò il ventre del ragazzo.
L'alito che colpì Noall per poco non lo fece vomitare. Alcol.
- ma certo, signore, li ho in tasca - rispose Noall abbassando una mano.
- hai sentito Slam? Ha i... -
Il pugno di Noall lo sorprese a metà frase e lo scaraventò contro un'albero dall'altra parte della strada. L'uomo cadde a terra con la schiena spezzata, morto.
L'altro fissò il compagno caduto per un secondo di troppo e quando si voltò ormai Noall gli era addosso. Noall lo colpì una volta al ventre togliendogli il fiato, poi gli prese la testa tra le mani e torse così forte il collo da spezzarlo. A volte tutta quella forza aveva i suoi vantaggi.
Noall non sprecò tempo a nascondere i cadaveri. Salì a cavallo e ripartì veloce, lasciandosi alle spalle quella scena. Una volta che le guardie avessero trovato i morti ormai lui sarebbe stato troppo lontano per essere trovato.
Ma fu interrotto ancor prima di percorrere dieci metri da un uomo anziano e un gruppetto di persone.
Noall tirò le redini di Sero e si fermò proprio davanti al vecchio.
- spostatevi dalla strada - esordì Noall cercando di calmare lo scalpitante cavallo.
Il vecchio, con sopracciglia e barba così folte che non si vedevanonne bocca né occhi si avvicinò - salve, ragazzo - disse chinando la testa.
- non ho tempo per questo, ora - ribadì Noall.
- ne sono certo e lo rispetto - disse il vecchio - ma non posso fare a meno di chiederti aiuto. Per me e la mia gente -
Noall scosse la testa - sono la persona sbagliata, dovrete chiedere a qualcuno che possa veramente aiutarvi -
- no... - sussurrò una voce dal gruppo di persone bisbiglianti. Pian piano una donna visibilmente cieca si fece largo fino a trovarsi di fianco al vecchio - no... Io ti ho visto, giovane cacciatore... Tu vieni per aiutarci, così è stato detto... -
Una veggente. Noall non sopportava i veggenti e la loro superbia nel credere di poter presagire il futuro.
- ti supplico di ascoltare la nostra richiesta - lo pregò il vecchio.
Noall era incerto e ansioso, ma non poteva tirarsi indietro. Infatti, per quanto odiasse credere che il futuro fosse già scritto, era meglio dare ascolto ai veggenti, almeno in parte.
- ti ascolto - sospirò sconfitto - ma non posso trattenermi a lungo -
Un suono di gioia scaturì dalle bocche della piccola folla ora riunita più vicino.
- non c'è ne sarà bisogno - disse il vecchio - devi sapere che siamo nomadi, sempre in viaggio. Anche noi non ci fermiamo a lungo in un luogo -
- è una scelta di vita coraggiosa, la vostra - disse sinceramente Noall.
- ti ringrazio, ma non è questo l'importante - il volto raggrinzito si fece ancora più teso e buio - un po' di giorni fa due ragazze del nostro accampamento sono state prese dai soldati per... Che gli dei mi puniscano se osassi pronunciare quelle parole -
Noall capì. Non era raro che i soldati razziassero e rapissero donne e bambini, i secondi per arrurarli e le prime per soddisfare i loro desideri.
- stavamo seguendo quei due soldati quando sei comparso e li hai sbaragliati in pochi istanti - continuò il vecchio - noi eravamo pronti a combattere ma non siamo guerrieri -
- quindi volete che trovi le ragazze scomparse, giusto? - chiese Noall.
- proprio così, sappiamo dove le tengono, ma non possiamo avvicinarci -
Noall si grattò la nuca, pensieroso. Avrebbe perso molto tempo in quella ricerca, forse abbastanza perché l'Hanubis gli sfuggisse, ma d'altra parte era di due ragazze innocenti che si stava discutendo.
- mostratemi dove le tengono prigioniere - disse infine scendendo da cavallo. Anche a piedi sovrastava di almeno dodici pollici il più alto del gruppetto.
- non c'è ne bisogno, al di là del fiume, oltre quegli alberi, si trova l'accampamento di quei cani senza onore - disse un uomo sputando a terra - si sono presi mia moglie e io prenderò le loro vite! -
Noall guardò nella direzione indicata - no, andrò da solo, è troppo pericoloso - disse incamminandosi.
La mano dell'uomo lo fermò dopo pochi passi - io vengo con te - disse con sguardo infuocato dalla rabbia.
- no, non vieni. Non saresti d'aiuto a tua moglie facendoti uccidere davanti a lei -
- sei solo un ragazzino, come...? -
- basta Svelio! - lo riprese il vecchio - sei un contadino, non un guerriero -
- il cacciatore sul cavallo nero sarà l'aiuto che serve a noi poveri Sulk, così dice il mio sogno... - gracchiò la veggente - lascialo andare, che il destino si compia... -
L'uomo si fece indietro riluttante. Noall guardò le facce sconvolte e scavate di quei poveretti - quando riavrete le ragazze andate a nord. Se riuscirete a superare la terra tra i due mari potrete raggiungere luoghi più sicuri - disse d'un fiato prima di partire correndo verso il rumore scrosciante del fiume.
Sentì un ringraziamento alle sue spalle.
Il fiume era più che altro un basso e placido torrente che scorreva tra alta erba palustre e fangose pozze stagnanti.
L'accampamento, come gli era stato detto, era costruito alla rinfusa sulla sponda opposta a dove si trovava, in mezzo a un boschetto di betulle. Noall osservò con attenzione le tende rappezzate dei soldati e il loro numero, ma ne contò solo una decina, forse qualcuno in più.
Le ragazze dovevano essere tenute nella gabbia chiusa vicino alle casse di rifornimento. Era un avamposto per un esercito più grande. L'avanguardia.
Noall strisciò in mezzo all'acqua, nascondendosi alla vista tra le canne. Fin da lì poteva udire le canzoni cantate intorno al fuoco dai soldati, che avevano lasciato solo uno di loro a guardia della gabbia.
Noall arrivò fino alla sponda del fiume, così accovacciato che solo il naso e gli occhi spuntavano dal pelo dell'acqua.
Quando fu alle spalle dell'ometto minuto, una nuova recluta probabilmente, gli bastò afferare per il collo il sorpreso soldato e fargli perdere i sensi. Poi si avvicinò alla gabbia, chiusa con un grosso lucchetto che resistette ad un paio di colpi prima di rompersi. Purtroppo non fece in tempo ad aprire la porta che le prigioniere uscirono urlando e correndo verso il fiume come delle matte. Noall imprecò alla loro stupidità.
Cercò di scappare anche lui senza attirare l'attenzione dalla parte opposta alle ragazze ma si trovò su una stradina che tagliava in due l'accampamento. Corse verso il confine delle tende senza incontrare nessuno. La speranza di andarsene senza combattere ormai era alle stelle.
Purtroppo non fu così. Dopo un centinaio di metri una freccia per poco non lo colpì, sfiorandogli la guancia destra.
Noall si lanciò in mezzo ai cespugli di erica che crescevano un po' ovunque. Rotolò e si alzò giusto in tempo per colpire un soldato che era spuntato dal nulla. Ma il suo pugno rimbalzò sull'armatura dell'uomo come se avesse colpito un masso.
Il soldato sogghignò e tirò un fendente diretto al ventre di Noall, che schivò la lama, afferrò l'elsa della spada e lo disarmò. Poi con un movimento fulmineo lo uccise con la sua stessa spada.
Quei soldati usavano il ki, ne era certo. Gli bastò un momento per sbloccare anche lui il percorso del suo ki che si riversò in ogni arto come un fiume infuocato. I muscoli si gonfiarono ancora di più del normale e i sensi si acuirono all'inverosimile.
Noall girò su se stesso e saltò in aria. La spinta gli fece superare le fronde degli alberi e quando raggiunse il punto più alto, con una torsione del busto, si catapultò nuovamente verso terra, proprio in mezzo al gruppo di guardie armate.
Atterrò con uno schianto che fece tremare la terra, disarcionò i cavalieri e spazzò via i fanti. Uno sfortunato che si trovava proprio nel punto dello schianto aveva la testa frantumata sotto la mano di Noall.
Il ragazzo si rialzò e si preparò al combattimento. Gli uomini non impiegarono molto a riprendersi e si avventarono su di lui urlando e roteando le armi.
Noall afferrò la lancia di quello più vicino e la usò per infilzarne un altro, si abbassò sotto ad una spada e prese il proprietario per le gambe, usandolo come mazza per colpire altri tre nemici.
Ne rimanevano ancora otto. Noall infuse il ki nei pugni e non lasciò che si avvicinassero. Colpì l'aria davanti a sé, producendo un suono simile al vetro che si infrange. L'onda d'urto che ne conseguì fu tale da spazzare via tre soldati e altrettanti alberi. Gli altri esitarono ma Noall, con altri due pugni, li finì ancor prima che potessero scappare.
Quando fu certo di essere al sicuro rilassò i muscoli tesi e si allontanò dalla radura che si era appena formata in mezzo al bosco. Mentre camminava due alberi caddero alle sue spalle, spezzati alla base dai suoi pugni.
Noall sorrise, usare il ki gli dava un senso di completezza impareggiabile.

La Rosa Cremisi - Il Destino Di Un RegnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora