Capitolo 16 - Jace: Even'hell

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Ormai era passato un po' più di un mese da quando era partito dalla valle con May e Reyla, ma Jace ancora non poteva credere di star viaggiando in lungo e in largo per salvare una bambina in compagnia di un'elfa. Ripensandoci ora prima di uscire dai tunnel aveva sempre convissuto con l'ansia che Reyla potesse ucciderli da un momento all'altro.
Invece ora le cose erano cambiate, almeno un poco. Non che Reyla fosse diventata amichevole, giammai, ma almeno aveva smesso di guardarlo come se fosse il nemico.
Erano partiti dalla vecchia casupola abbandonata sulle pendici del monte proprio sotto le pressioni dell'elfa che non voleva perdere tempo per quelle che lei definiva due taglietti superficiali e si trovavano ai piedi del monte, finalmente all'aperto, in mezzo agli alberi.
- mi mancava l'erba, lassù c'è n'era ben poca - disse Jace strofinando una mano nel manto verde.
- lassù non c'era quasi nulla a parte massi e muschio - Reyla era sollevata, si poteva chiaramente leggere sul suo volto.
- però mi piaceva la vista che c'era dalla casa - disse May giocherellando con un bastone.
- hai ragione, lo spettacolo era magnifico, soprattutto al tramonto - Jace sorrise al pensiero delle due settimane passate in quel misero rifugio - anche se non rimpiango il cibo che abbiamo mangiato -
Davanti a loro stava cuocendo sul fuoco una grassa lepre cacciata e scuoiata da Jace. Il profumo invitante della carne stava facendo venire l'acquolina in bocca al ragazzo.
- non sapete apprezzare le verdure - si difese Reyla. Era stata lei a dire loro dove trovare le erbe commestibili.
- la verdura sì, l'erba no - Jace girò lo spiedo per cuocere meglio l'altro lato - ma se preferisci vado a raccogliere un po' di quel ciuffo laggiù così puoi mangiarlo -
Reyla non aveva tolto un momento gli occhi dalla lepre, affamata. La ferita era guarita abbastanza da farle tornare tutta la fame accumulata nei giorni precedenti.
Jace comunque ancora era stupito dalla velocità con cui l'elfa si era ripresa, nessun umano avrebbe potuto fare lo stesso in così poco tempo.
Quando la lepre fu ben cotta, con la pelle dorata e la carne scura, mangiarono in silenzio, con il poco grasso non evaporato che si scioglieva sulla lingua.
- non possiamo fermarci per molto - bofonchiò Jace con la bocca piena - siamo troppo scoperti qui e non sappiamo neanche dove ci troviamo.
Reyla inghiottì prima di rispondere - io so dove siamo, più o meno, ma sono d'accordo che dobbiamo allontanarci, verso nord -
- perché verso nord? - chiese Jace malinconico guardando la sua porzione di lepre appena terminata.
- io stavo andando a nord - disse May.
- e nord è l'unica via possibile, da qui - aggiunse Reyla - se ci troviamo dove penso a sud si trova una grossa città militare dell'impero e a est enormi pianure e la città più grande dell'isola -
- allora che nord sia -
Un'ora dopo erano già in cammino attraverso il bosco, stanchi ma felici di non dover più strisciare in buchi stretti e bui. L'aria fresca non era mai stata così piacevole, il rumore degli animali selvatici che fuggivano al loro passaggio mai così rassicurante. Erano così rilassati che Jace e Reyla riuscirono ad avere una conversazione più o meno normale. May come sempre, invece, era di poche parole, ma ascoltava attentamente con i suoi occhioni fissi su di loro.
Non si fermarono fino a una radura circolare, quasi perfetta, con una grossa roccia in centro e un ruscello che la tagliava in due.
- riposiamoci qui, continueremo domani mattina - disse Jace posando la bisaccia sulla sponda del ruscello.
- possiamo continuare, non è ancora sera - ribattè Reyla.
- ma tu sei ferita e devi riposarti -
Reyla non disse nulla, solo si toccò il fianco. Doveva ancora farle male e Jace non voleva che la ferita si aggravasse ulteriormente.
May posò il piccolo zaino che Jace le aveva cucito al rifugio con vecchia pelle conciata trovata in un barile e qualche ramo e immerse i piedi nell'acqua. Ogni tanto Jace dimenticava che fosse una bambina, dopotutto.
- passeremo ore inutili, tempo sprecato a fare niente - si lamentò Reyla seduta contro la roccia - non è nel mio stile non fare niente -
- ora lo è, invece - disse Jace arrampicandosi in punta alla roccia, dove si sedette a gambe incrociate - io ti ho curata e io decido -
- come no, tu hai fatto proprio poco... Ma che stai facendo? - Reyla si era appena voltata verso di lui.
Jace, che aveva chiuso gli occhi e stava respirando a pieni polmoni, rispose tranquillo - medito -
- mediti? Perché mediti? - Reyla era sempre più confusa - sei ridicolo, sembri un monaco -
Jace sospirò - che c'è, Reyla? - chiese intuendo che l'elfa aveva qualcosa da dirgli e usava domande inutili come pretesto.
Aprì gli occhi e per poco non cadde dalla roccia.
Reyla era seduta di fronte a lui, nel poco spazio disponibile, e lo fissava intensamente - non riesco a comprenderti, di solito sono piuttosto brava a capire la persone, ma tu sei strano - disse pensierosa - fai cose che vanno contro il tuo stesso benessere come se fossero normali -
Jace cercava di non guardarla negli occhi, per quanto fosse complicato - si chiama altruismo, Reyla -
- oh, no, no, no - Reyla scosse la testa - altruismo è aiutare chi ne ha bisogno, i meno fortunati, tu invece aiuti gli sconosciuti e i nemici. Sembri un ingenuo in quel che fai, eppure mi sembra che tutto ciò succede attorno a te sia in qualche previsto -
Jace non poté fare a meno di sorridere - no, Reyla, ti sbagli. Io non aiuto nemici né sconosciuti. Io aiuto chi ne ha bisogno nel modo migliore in cui posso farlo e sicuramente non pianifico tutto ciò che succede e succederà, posso solo cercare di intuirlo -
- tu usi parole complicate, ma non cambia ciò che cerchi di nascondere -
- io non nascondo nulla! - Jace cominciava a irritarsi.
- no? Eppure dici che non aiuti gli sconosciuti e hai subito aiutato May -
Jace questa volta la guardò dritto negli occhi - è una bambina -
- giusto, è vero - Reyla annuì - ma io? Io non sono una bambina e stavo cercando di ucciderti -
Jace rimase un istante senza parole - tu... Oh, non lo so, perché vuoi saperlo così tanto? Lasciami meditare, per favore -
Jace tornò a chiudere gli occhi e cercò di concentrarsi. La verità era che si sentiva confuso davanti a quelle domande. Fino a quel momento l'elfa non gli aveva chiesto mai quasi nulla di personale e gli era andato benissimo così.
Per qualche minuto riuscì a meditare, il silenzio interrotto solo dai rumori gorgoglianti di May che giocava sul bordo del ruscello.
- davvero, perché mi hai aiutata? - chiese Reyla dopo un po' - Jace? -
Il ragazzo, che stava per risponderle a tono, si fermò prima di aprire bocca. Reyla non era spavalda o curiosa, gli unici due lati che Jace aveva conosciuto di lei erano alla rabbia e l'indifferenza. Sembrava dubbiosa, quasi triste, con la testa leggermente abbassata e gli occhi che fissavano le mani intente a intrecciare uno stelo d'erba all'infinito, nervosamente.
- non so perché di preciso, Reyla - rispose Jace pensando molto bene a cosa dire - avrei potuto, e l'ho pensato non credere, lasciarti sul ciglio di quel burrone nella valle oppure di nuovo non curarti al rifugio -
- perché non l'hai fatto? - chiese lei guardandolo negli occhi più intensamente di prima - sarebbe stato un gesto del tutto giustificato -
- perché tu non mi hai ucciso, allora? - le chiese a sua volta Jace.
Reyla spalancò la bocca, poi la richiuse e di nuovo cercò di parlare ma le parole le morirono in gola.
- forse... - disse infine - forse non credevo fosse giusto uccidere una bambina e un ragazzo innocente. E poi quella volta, al burrone, mi hai tirata su. Ero in debito -
- allora puoi capire perché io non abbia abbandonato te -
- non è la stessa cosa, io non ero né bambina né innocente -
- ma eri quella che tra noi aveva più bisogno di aiuto - Jace ci aveva pensato più volte ed era giunto a quella conclusione. Sotto alla scorza dura l'elfa nascondeva qualche segreto che la stava consumando dall'interno. Una scorza molto spessa, certo.
- io... Tu... - Reyla incespicò nelle sue stesse parole - non sai di cosa stai parlando, umano -
Ed ecco di nuovo quel modo di chiamarlo, "umano". Reyla scese veloce dal masso e si sedette di nuovo per terra, all'ombra.
Il ragazzo sospirò. Era vero che lui non era molto disposto nei confronti dell'elfa ma lei non migliorava la situazione. Era così ostile nei suoi confronti che certe volte Jace pensava di essere lui il suo problema.
- perché invece di scappare lì sotto non mi dici che sta succedendo? - chiese senza riuscire a fermare le parole - perché ti comporti in questo modo? -
Reyla scattò - perché? Sai cosa vuol dire per me essere qui? Abbandonare la mia gente per aiutarti? Ma certo che no, tu non sai niente, niente! -
Anche May ora si bloccò dal fare quello che stava facendo e li osservò preoccupata.
- forse perché non mi dici niente! - rispose Jace. Non si era mai sentito così arrabbiato. Scese dal masso e si ritrovò davanti a lei - quando cerco di chiederti qualcosa tu eviti la domanda o mi rispondi con un'occhiataccia! -
- perché non capiresti! - urlò Reyla ancora più forte - cosa vuoi capire, sei solo uno stupido ragazzino che si è buttato in qualcosa più grande di lui senza pensarci e ora si lamenta come un bambino! -
Jace strinse i pugni - già, forse è così, ma almeno io sto cercando di fare qualcosa per tirarci fuori da questa situazione, tu invece? Te ne stai seduta in un angolo arrabbiata e ci guardi come se fossimo noi il nemico! -
Reyla gli si avvicinò così tanto che normalmente Jace si sarebbe spostato, ma non era lucido al punto di farlo - tu - Reyla gli puntò un dito sul petto - tu non hai fatto niente. Nel momento più importante hai ceduto, se non ci fossi stata io saresti morto, ora! - poi sorrise, ma senza divertimento - e sai una cosa? Voi siete il mio nemico, ricordatelo sempre -
Jace era così infuriato che non pensò alle parole che disse. Voleva ferirla nel peggior modo possibile - perché io non provo piacere nell'uccidere, forse per questo ho esitato - la mano di Reyla ricadde sul fianco - e forse dovresti capire che io non sono tuo nemico, Reyla. Non lo sono -
Gli occhi di lei si oscurarono, le ombre che danzavano sul suo volto - non posso fidarmi di te e... - esitò un momento - mi dispiace per questo. Non appena ne avrete l'occasione scapperete, come tutti dalle situazioni difficili. E questa lo è -
- io non sto scappando, no? -
- forse non ora, ma lo farai. Se io ti do fiducia adesso fra poco tu la infrangerai, succede sempre così - ora Reyla sembrava più triste che altro.
- mi dispiace che la pensi così, non so perché sei arrivata a una conclusione... Non so neanche descriverla, ma non tutti sono cattivi, Reyla -
Lei si strinse a sé come per proteggersi - tu non sai cosa vuol dire -
May si avvicinò e guardò l'elfa negli occhi proprio come aveva fatto con Jace nella grotta al loro primo incontro - Reyla - disse con un tono che non si addiceva ad una bambina, troppo serio. L'elfa non riusciva a guardarla - tu... - May la scrutò profondamente - io mi fido di te -
Jace colse l'occasione - io non so cosa vuol dire essere te, è vero - disse sfiorando il braccio dell'elfa, che si ritrasse - ma tu puoi aiutarmi a capire -
Gli occhi di Reyla saettarono da lui a May - finirei solo per farvi del male, no - scosse la testa e si allontanò di un passo - ho sbagliato a credere di poter viaggiare con voi -
Jace perse la pazienza e la afferrò. Era più forte di lui - non andrai via, ora. Tu rimani qui con noi, è un ordine - Jace su accorgeva della assurdità di ciò che stava dicendo.
- non mi vorreste se sapeste cosa andate incontro -
- io mi sento più sicura se ci sei tu - disse May sorridendo.
Era così raro vederla sorridere che Jace ne fu contagiato - sono io che ho chiesto il tuo aiuto e ne ho ancora bisogno, ma da adesso non dovrai più fare tutto da sola -
Reyla si divincolò dalla presa - se mi seguirete - sibilò sottovoce - andrete incontro al mio stesso destino -
- non esiste il destino -
- il mio è già stato scritto e lo conosco. Chiunque mi segua andrà incontro alla mia stessa fine - sbottò Reyla gesticolando furiosamente - vuoi sapere cosa sta succedendo? Bene -
A grandi passi raggiunse il suo zaino e strappò dal fianco l'involucro di tela bianca che Jace aveva già notato più volte ma non aveva mai chiesto cosa fosse.
- questa - disse Reyla sventolandolo davanti a Jace e May - è il motivo per cui dovevo uccidere te - indicò May - è anche il motivo per cui questa guerra è iniziata - la lanciò a terra. L'involucro si conficcò nel terreno molle.
- non mi sembra poi così terribile - disse Jace confuso - che cos'è? -
Reyla sospirò - una spada -
- una semplice spada non può essere così importante, non credi di aver esagerato? -
Prima che Reyla potesse rispondere May ebbe un conato di vomito. Jace la aiutò a rialzarsi, ma lei si allontanò da loro, spaventata - Even'hell - sussurrò come se fosse una maledizione.
Reyla la guardò con attenzione - conosci anche tu il suo nome allora -
Jace era l'unico che non riusciva a capire e lo tendeva nervoso - perché vi allontanate come se fosse infetta, è una spada -
Reyla fece ancora un passo indietro con un'espressione sofferente - solo stare vicino a quella spada è deleterio per qualunque essere vivente -
Jace si avvicinò all'arma incastrata a terra e sfiorò il lembo di telo.
- non toccarla, fai attenzione - disse Reyla allontandosi ancora.
Jace la guardò un secondo, poi chiese a entrambe - volete spiegarmi cosa c'entra questa con la guerra, o con May? -
May scosse la testa, spaventata.
- non si può parlare di Even'hell, è proibito da un vincolo assoluto, non si può infrangere - spiegò Reyla - posso solo dirti che la maledizione che la segue è più antica di tutti noi. Io devo portarla sempre con me, è il fardello che si tramanda di generazione in generazione tra i giovani elfi guerrieri. Oggi tocca a me, domani chissà -
- un fardello pesante, a quanto pare - disse Jace incantato dalla storia - dimmi di più, se puoi -
Reyla lo fissò - sei strano, lo sapevo - scosse la testa - ma va bene. È un fardello perché è un'arma bellissima, di fattura pregiata. Si dice che sia nata dalle fiamme di un vulcano e forgiata nel fulmine più luminoso, ma non si sa altro. Nessuno la può utilizzare per via della maledizione che influisce su tutto ciò che le sta intorno. Solo quando qualcuno la impugnerà e accetterà la sua maledizione smetterà di tormentare le anime di chiunque ci posi lo sguardo sopra -
Jace annuì assorto - quindi è per questo che sei sempre tesa -
- non solo, ma sì. È sfiancante starle vicino -
May, con voce tremante, sussurrò - fa male starle vicino -
Reyla annuì - a quanto pare è una leggenda che conoscono anche gli umani -
Jace era ancora perplesso - ma allora perché nessuno l'ha ancora impugnata? Non può essere così difficile -
- perché... -
- ferma - disse Jace alzando una mano - non mi serva davvero saperlo - prese la spada dalla fodera - mi fido di te -
Reyla mise le mani sui fianchi - ho visto persone morire soltanto sfiorandola - disse con uno strano sorriso.
- cosa? - Jace lasciò cadere la spada come se scottasse - potevi dirlo prima! -
-"mi fido di te"- Reyla imitò un modo grottesco la sua voce - dovresti fare più attenzione a ciò che dici -
- sadica... - borbottò Jace raccogliendo la spada è facendo attenzione a non toccare il metallo.
- cosa? - chiese lei.
- nulla, stavo dicendo che da adesso la porterò io, Even... -
- Even'Hell - terminò May tirandogli la manica, ancora con un'espressione disgustata.
- no, invece, è il mio fardello e io devo trovare chi la impugnerà... -
- tutte sciocchezze - la interruppe Jace - è un fardello solo se decidi di portarlo da sola - assicurò l'involucro sulle spalle, come se fosse pronto a usare l'arma - vedi, posso portarla anch'io -
Reyla si morse il labbro inferiore, come faceva quando era nervosa, Jace l'aveva notato da un po' - quindi il patto è che tu mi aiuterai a portare Even'Hell se io vi aiuto a raggiungere un posto sicuro per May? -
Jace non l'aveva pensata proprio in quel modo, ma era meglio di niente - proprio così - disse allungando una mano.
Reyla sospirò e la strinse - ancora non riesco a capirti, umano, ma un giorno puoi stare certo che lo farò -
May, che fino a quel momento era rimasta ferma a guardarli, si riscosse e sorrise. Si avvicinò e prese un lembo della maglia di Reyla tra le dita - sono contenta che tu venga con noi -
Reyla si trattenne dal tirarsi indietro, ma incrociò le braccia - però andremo secondo le mie direzioni e ora dico di ripartire. Il buio ci aiuterà a passare inosservati -
- e io dico invece che ti devi riposare, la tua ferita non è ancora guarita - disse Jace sedendosi appoggiato al masso - il buio ci aiuterà a dormire, non a viaggiare -
May si accoccolò al suo fianco e Reyla, dopo un attimo di esitazione, cedette - ma ci svegliamo all'alba, non più tardi - disse sedendosi anche lei.
- come vuoi tu - disse Jace stanco.
Pian piano gli occhi gli si chiusero e io sonno venne a prenderlo repentino.
Prima di addormentarsi gli sembrò di sentire un grazie provenire dalle labbra dell'elfa, ma non ne era sicuro.

La Rosa Cremisi - Il Destino Di Un RegnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora