Capitolo 36 - Jace: Il Trio, Parte 2

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Come succedeva da ormai qualche tempo Jace si stava allenando, si mattino, sotto agli alti alberi dai tronchi nodosi che crescevano fitti sulle dolci pendici dei bassi monti che stavano attraversando. La luce filtrava in sottili raggi tra le fronde e la polvere, piccoli granelli luccicanti al sole, davano un'atmosfera di pace e tranquillità al bosco.
Proprio quello che serviva a Jace per calmarsi e trovare il proprio io interiore. Non aveva mai creduto molto nella meditazione fine a trovare un senso più alto nel proprio animo, ma adesso si stava ricredendo.
Era inginocchiato a terra, con Even'hell sulle ginocchia, e gli occhi chiusi. Controllava ogni respiro, ogni più piccolo movimento del corpo, dal fremito delle ciglia fino al battere ritmico del cuore.
Un battito, un momento di silenzio, poi un altro battito. Sembrava che la natura stessa rispondesse al suo ritmo interiore.
Più veloce del vento sfoderò l'arma e fece uno scatto in avanti, tagliando in due il tocco di legno che aveva appoggiato davanti a lui, a picchi metri di distanza.
Jace scosse la testa, affranto. Aveva fatto progressi, ma non abbastanza.
Noall e Reyla gli avevano spiegato come funzionasse un combattimento e anche la differenza tra un duello tea spade e un duello magico. Perché c'era differenza quando si utilizzava la magia.
Ogni volta che si attivava il proprio Lyn interiore un cerchio magico, invisibile agli occhi umani, appariva intorno a lui, come epicentro i suoi piedi.
Gli incantesimi altro non erano che combinazioni degli anelli concentrici che formavano il cerchio magico e che giravano per combinarsi nelle giuste forme per gli incantesimi. Qualsiasi incantesimo richiedeva questo processo, dal più semplice come aumentare la propria forza fisica, che impegnava solo due anelli, al più complicato, che poteva usarne fino a nove o dieci, se non di più.
Quando due combattenti in grado di utilizzare la magia si scontravano le estremità dei loro anelli si fondevano, in questo modo gli incantesimi scagliati potevano interagire tra loro e con il proprio avversario. La velocità di esecuzione e la capacità di prevedere le mosse era quindi essenziale. Infatti conoscendo l'incantesimo che stava per essere scagliato per difendersi un mago poteva semplicemente far posizionare i propri anelli nella magia difensiva più adeguata, senza usare il Lyn necessario ad attivarla, in quanto lo stesso incantesimo in arrivo avrebbe agito come catalizzatore, attivando la difesa e perdendo allo stesso tempo forza. Funzionava anche al contrario, nello stesso modo.
Jace aveva compreso a pieno la comodità dell'utilizzo di una tecnica simile. Durante un combattimento, per lanciare tutti gli incantesimi necessari ad attaccare e difendere, avrebbe speso troppo Lyn, finendo per stancarsi velocemente o peggio.
Così, senza aver la capacità di prevedere gli incantesimi avversari aveva creato intorno al proprio cerchio magico un ulteriore cerchio, che conteneva la maggior parte di semplici ma efficaci incantesimi difensivi. Ogni giorno inspessiva e infittiva gli strati di quegli incantesimi, che nonostante fossero latenti e all'apparenza inutili, gli avrebbero fornito un bel vantaggio in battaglia, una volta attivati da attacchi nemici. Il giorno precedente aveva anche pensato di aggiungere magie di contrattacco al cerchio, in questo modo oltre a difendersi avrebbe attaccato anche senza che lui dovesse muovere un dito.
Proprio in quel momento un sasso grande quanto la sua testa volò veloce nella sua direzione. Jace non si mosse. Lasciò che il sasso colpisse il suo "scudo" e si disintegrasse, scagliando un onda di pura energia della stessa forza del sasso dalla direzione in cui era arrivato. Quello era lo scudo per gli attacchi fisici.
Un lamento giunse dal limitare della radura.
Jace trovò con lo sguardo un dolorante Noall, che si massaggiava il petto.
- allora dicevi davvero quando parlavi dei tuoi incantesimi - grugnì con la stessa espressione crucciata che ormai gli si vedeva sul viso ogni giorno da una settimana.
- io ti avevo avvertito - disse Reyla uscendo dal nascondiglio dietro ai cespugli - ieri ci ho provato e per poco non facevo la tua stessa fine -
- ma taci, elfa... -
Reyla colpì il suolo con un piede, arrabbiata - smettila di chiamarmi così! È come se io ti chiamassi "umano", non ti piacerebbe -
- fidati di quello che dice, è piuttosto offensivo - disse Jace rinfoderando la spada.
Reyla gli sventolò una mano davanti al viso - smettila di lamentarti, pensavo di volerti uccidere quando ti chiamavo così -
- questo non mi rincuora - disse Jace scambiando un'occhiata d'intesa con Noall.
- comunque hai ragione - disse Noall - quando smetterò di avere tanta voglia di ucciderti smetterò di chiamarti elfa e userò il tuo nome -
Reyla stava per rispondere, dall'espressione sul suo viso si intendeva che non avrebbe usato parole gentili, ma Jace alzò una mano per fermarli - le liti tra bambini più tardi, adesso se non sbaglio dovremmo tornare a casa tua, Noall -
Entrambi gli lanciarono uno sguardo fulminante. Non doveva esserli piaciuto l'epiteto "bambini".
Ma poi Noall scrollò le spalle, scrocchiò le dita e disse, quasi a disagio - la casa della mia famiglia, non mia. Quel posto farebbe venire gli incubi al più coraggioso dei guerrieri -
Jace credeva che Noall avesse esagerato. Invece era il contrario. Quando arrivarono davanti all'alto muro di roccia scura, che da più vicino si rivelò essere proprio nera, una sensazione spiacevole salì dallo stomaco di Jace fino a raggiungere il centro del petto, come un peso che non poteva togliersi.
Il muro era liscio, senza appigli e terminava in alto con delle punte a forma di lancia, sulle quali le bronzee teste decapitate di demoni spiccavano per le brutali espressioni di orrore sul viso.
Girarono intorno alla tenuta fino a trovare il cancello, un enorme portone a doppio battente di metallo argentato, anch'esso inciso con figure di caccia e stragi sanguinose.
- chi ha costruito questo posto aveva uno strano senso del bello - disse Reyla attraversando il cancello dietro a Noall.
Lui lanciò un'occhiata al battente destro - no, questa è la storia della nostra famiglia. Io sono proprio qui -
Diede un colpetto ad una scena in basso, all'altezza degli occhi, proprio vicino alla maniglia.
Jace si avvicinò. Raffigurava due sagome, una della quale era piccola, come se fosse un bambino. Doveva essere Noall. Erano circondati da demoni e l'altra persona insieme a lui giaceva a terra, con la lunga barba abbandonata sul petto e una chiazza scura intorno, probabilmente sangue.
Jace non chiese di cosa si trattasse, non era un'immagine felice o gloriosa. Raggiunse Noall e Reyla, che erano andati avanti.
La tenuta vera e propria sorgeva sulla sommità di un pendio e la strada saliva in larghe curve fino alla terrazza che si apriva davanti alla casa, anche se somigliava più ad un basso castello di pietra grigia.
Era comletamente deserta. Nessun rumore oltre ai loro passi sulle foglie secche cadute dagli aceri secolari che contornavano la strada di ciottoli, fino alla porta principale della casa, rigorosamente nera, con un batacchio di metallo lucido che raffigurava la testa di un lupo ringhiante.
Noall attese qualche istante prima di afferrare la maniglia e girarla. La porta si aprì senza un rumore. Non aveva serratura, ma Jace pensò che nessuno sano di mente avrebbe provato ad entrare in quel posto.
Mentre attraversava l'uscio, proprio dietro a Reyla, si sentì osservato dagli occhi senza pupille delle statue di gargolille che adoravano in modo raccapricciante le grondaie.
Anche all'interno l'atmosfera non migliorò. Anzi, con la luce fioca che filtrava attraverso i vetri a mosaico e la maestosità esagerata e soffocante di ogni cosa, dalle scale enormi ai candelabri in oro massiccio, sembrava di essere in una casa di un vampiro, come gli raccontava Yur quando era piccolo.
Per un momento Jace si perse nel pensiero della sua maestra, di dove fosse ora e di come stesse. Non si erano lasciati di buon cuore, alla prigione.
- da questa parte - disse Noall interrompendo il flusso di pensieri di Jace - la stanza di mio nonno è al secondo piano -
Nonostante fosse oltremodo inquietante Jace era affascinato dalle dimensioni e dalla ricchezza di quel luogo. Con un solo cucchiaio dorato che vide in una vetrina avrebbe potuto comprare abbastanza carne per un inverno, alla valle.
Noall li guidò attraverso i bui corridoi, scortati dagli sguardi minacciosi delle statue di guerrieri negli anfratti delle pareti. Tutto era ricoperto da uno strato spesso di polvere, come se nessuno entrasse lì dentro da molto, molto tempo.
I loro passi rimbombavano tra le mura vuote e facevano un'eco così sinistro che perfino Reyla, dopo uno scricchiolio particolarmente acuto, si strinse più vicina a Jace e Noall,fino ad arrivare a sfiorare il braccio di Jace con il suo.
Ma lui non si scostò né fece battute, come avrebbe fatto di solito. In quel momento aveva bisogno di sentire che qualcun'altro di vivo era accanto a lui e l'espressione truce di Noall non mostrava nessun segno di appoggio.
- tu vivevi qui? - chiese Jace per spezzare il silenzio.
Noall annuì - fino a sei anni fa, poi abbiamo abbandonato la tenuta -
- pensavo l'aveste fatto di recente, per la guerra - disse Reyla.
- no, la guerra non c'entra. Nessuno mette piede da anni in questa casa -
- che peccato, così tanto spazio lasciato vuoto - osservò Jace.
Gli occhi degli altri due si puntarono su di lui - non è così strano, quasi tutte le famiglie benestanti hanno più di una tenuta di queste dimensioni, se non più grande - disse Reyla - la mia possiede anche un castello nella foresta -
Jace strabuzzò gli occhi - un castello? - chiese con la voce insolitamente stridula - dovreste dirmi di più su di voi. Io ho sempre vissuto in una casa grande abbastanza da tenere due letti e un tavolo -
- non è possibile che tu vivessi in un posto simile - disse Noall.
- invece sì, io ho visto doveva viveva Jace - Reyla si scostò una ciocca di capelli dal volto - dire che è piccolo è poco -
Noall sembrava sinceramente stupito mentre apriva una porta sulla sinistra del corridoio, facendoli fermare - sapevo che fossi un contadino, ma da come utilizzi la magia credevo fossi anche più... Nobile -
- un contadino nobile? - Reyla rise - no, Jace era solo un contadino -
Jace stava per rispondere ma si ricordò che discutere con Reyla era impossibile. La stanza dove entrarono era piuttosto modesta, rispetto al resto della casa. Sulla parete opposta alla porta una grande vetrata faceva da sfondo alla scrivania di legno scuro. Le altre pareti erano interamente coperte da librerie cariche di volumi dall'aspetto antico e solenne, rilegati in cuoio, come borchie metalliche agli angoli.
Un solo quadro, appena sopra un caminetto, adornava la parete a sinistra. Raffigurava un uomo basso ma ben piazzato, con lo sguardo serio ma gli occhi contornati da rughe che facevano capire la tendenza a sorridere del soggetto.
Era così dettagliato che Jace dubitava potesse essere un quadro dipinto a mano.
- è mio nonno - disse Noall ad un tratto cupo - lo era, almeno -
Jace abbassò lo sguardo. Guardare il viso di una persona morta lo metteva in un certo modo a disagio, nonostante non avesse mai conosciuto quell'uomo quando era in vita.
- mi dispiace - disse Jace dando una pacca all'amico - è sempre dura perdere un proprio caro -
- non sei molto bravo a fare le condoglianze - disse Reyla, appoggiata alla scrivania - dovresti augurarti che il defunto sia arrivato sano e salvo dall'altra  parte, qualsiasi sia quella in cui credono gli umani. Io spero che sia arrivato nel Lufehn'sar, il paradiso dei guerrieri. Lo dico sinceramente -
Noall piegò la testa per ringraziare - noi semplicemente lo chiamiamo "città degli eterni" -
- so cosa dovrei fare - disse Jace tornando a fissare il quadro - ma non credo che esista qualcosa oltre... La morte -
Le sue parole fecero calare un silenzio pesante tra loro.
- non so perché ma ho sempre creduto che non ci fosse nulla, anche se Yur... Yara diceva il contrario - continuò Jace - non avrebbe senso vivere se il premio fosse l'aldilà -
Nessuno degli altri due rispose ma Jace poteva sentire il peso del disappunto che gli calava addosso. Era sempre stato denigrato se non addirittura minacciato di tacere quando parlava di quell'argomento.
- siamo qui per la katana di mio nonno - disse Noall dopo un attimo - ma non c'è -
Indicò il piedistallo fisso sulla parete, dove una volta doveva giacere l'arma.
- qualcuno dev'essere passato prima di noi - disse Reyla scuotendo la testa.
Iniziò una discussione accesa tra lei e Noall sulla sicurezza della casa, della quale avevano opinioni divergenti.
Jace lì lasciò fare per avvicinarsi alla finestra. Attraverso i vetri sporchi scrutò il giardino. Era un po' che si sentiva osservato e da quando erano arrivati alla tenuta la sensazione era aumentata. Poteva trattarsi solamente di una sua paranoia, ma Jace non ne era sicuro. Da quando aveva imparato ad usare il Lyn, e quando aveva scoperto di non avere nessuna malattia come lui e Noall avevano creduto, riusciva a percepire cose che prima non avrebbe potuto. Avvertiva in un modo che non sapeva descrivere tutto ciò che lo circondava, come se i suoi sensi si fossero acuiti.
- c'è qualcuno - disse interrompendo la lite - ci stanno seguendo -
- come fai a dirlo? - chiese Reyla incrociando le braccia - io non mi sono accorta di nulla -
- è... Difficile. Ma sei stata tu a dirmi che quando il Lyn scorre fuori dal corpo ci rende capaci di percepire ciò che ci circonda -
- questo solo se ne facessi uscire una quantità enorme - disse Noall - e di continuo. Non è possibile farlo per più di qualche istante -
- io lo faccio continuamente - disse Jace con voce calma.
- non... -
- non è possible, lo so - disse Jace interrompendo Reyla - ma è così. Da quando ti abbiamo portato fuori dalla prigione non sono più riuscito a fermarlo -
- fermare cosa? - chiese Noall.
- il Lyn, continua a scorrere in me senza mai fermarsi, ma non è questo il problema, ora - Jace alzò una mano per fermare altre domande - dobbiamo scoprire chi ci sta seguendo -
Si vedeva che sia Noall che Reyla avevano molte domande da fargli, ma la verità era che nemmeno lui sapeva cosa stesse succedendo.
Qualche settimana prima il Lyn aveva iniziato a scorrere come un fiume in piena dentro di lui, all'inizio così violentemente da fargli credere di esplodere. Poi invece, in una notte che Jace ricordava sia come una delle peggiori che una delle migliori che avesse mai avuto, il calore diventato insopportabile del Lyn che ormai l'aveva completamente riempito era fuoriuscito dal suo corpo, roteando nell'aria e tornado indietro per riconettersi a lui.
Così Jace aveva cercato di capire come funzionasse e aveva scoperto di non poter mai interrompere il flusso di Lyn, che invece di scorrere nelle sue vene fuoriusciva a tratti dal corpo, compieva ampi archi in aria e tornava all'interno, in un continuo e infinito giro.
Anche dopo la sua avvertenza Noall e Reyla non diedero segno di voler smettere di discutere. Ormai avevano iniziato a scontrarsi su argomento del tutto diversi da quello iniziale, apparentemente senza alcun motivo.
Così Jace decise di andare da solo in giardino, percorrendo a ritroso la strada che avevano fatto per arrivare fin lì.
Camminò svelto, con la mano pronta sulla spada. Decise anche di calare il cappuccio sul volto in modo da essere meno visibile nelle lunghe ombre degli angoli bui della casa.
I suoi occhi non riuscivano a scorgere il temuto inseguitore ma quel sesto senso che lo accompagnava era in allarme.
Jace sapeva di non aver torto, anche quando, arrivato nell'ampio giardino davanti alla porta d'entrata non trovò nessuno.
Sembrava completamente vuoto, eccezion fatta per alcuni scoiattoli sugli alti rami degli alberi e gli insetti che saltellavano tra l'erba selvatica.
Jace rallentò il passo e si abbassò quel tanto da nascondersi dietro alle siepi che facevano da bordura ai vialetti in pietra. Si addentrò nel giardino fidandosi più della percezione data dal Lyn che dei suoi sensi, seguendo un richiamo invisibile che li guidava, apparentemente senza un particolare schema.
Ma finalmente, dopo qualche minuto di inutile ricerca, Jace scorse, attraverso una rada siepe, due figure incappucciate, davanti al cancello d'ingresso del giardino. Una delle due indicava le impronte che Jace, Reyla e Noall avevano lasciato poco prima e gestivolava animatamente. L'altra stava a braccia incrociata e scuoteva la testa. Sussurravano parole che Jace non riusciva a comprendere da così lontano.
Si avvicinò felpato, come un gatto con la sua preda. Non voleva commettere gli errori del passato, questa volta avrebbe attaccato per primo, senza lasciare scampo.
Riuscì a raggiungere una statua di un cavallo che era a pochi metri dai due incappucciati. Lì sfoderò lentamente la spada, cercando di non far rumore.
Prese un bel respiro per calmarsi e si concesse un momento per fermare il tremore alle mani. Non era paura, ma eccitazione. La stessa che aveva provato un momento prima di attaccare il demone, alla prigione.
Jace scattò in avanti, coprendo in un istante la distanza tra lui e i nemici. Colto di sorpresa quello chinato a terra rotolò goffamente per evitare Even'hell. Jace roteò su se stesso e cercò di colpire l'altro, ma lui fu più svelto e con un balzo si portò fuori pericolo. Estrasse una corta spada dal mantello e attaccò.
Era così veloce che Jace non poté far altro che arretrare, passo dopo passo, parlando tutti i colpi in arrivo. Mentre si abbassava sotto a un fendente una freccia gli sfiorò la guancia sinistra.
Con la cosa dell'occhio Jace vide il primo incappucciato che incoccava con abilità un piccolo arco.
Prima che potesse scoccare la sua freccia Jace lanciò Even'hell nella sua direzione e dopo un istante era davanti a lui, pronto a colpirlo a morte.
Purtroppo la spada non ebbe il tempo di raggiungere il collo dell'avversario. Jace sentì un forte alito di vento spingerlo indietro. Andò a sbattere con forza sul vialetto, ma si rialzò all'istante.
Ora i due avversari erano spalla a spalla, pronti a combattere. Jace non aveva creduto che potessero essere anche dei maghi.
Era stato il più minuto, quello con la spada, a lanciare l'incantesimo, semplice ma efficace.
Jace non si arrese. Anzi, infiammò il braccio libero da Even'hell e i piedi, fino all'altezza del ginocchio. Aveva imparato che poteva usare tutto il corpo per combattere.
Si lanciò in avanti e quando la spada del nemico cercò di decapitarlo, Jace si lanciò a terra, roteò appoggiandosi su una sola mano e usando come spinta una potente fiammata colpì con un calcio rotante l'avversario, mandandolo a terra.
Senza fermarsi fece fuoriuscire un getto di fiamme dalla mano ancora poggiata a terra e si svaraventò contro l'altro, rompendo l'arco che teneva in mano e facendolo ruzzolare sopra al suo compagno.
Stava per lanciarsi in avanti e traffiggerli entrambi in un solo colpo quando una mano enorme lo afferrò dalla colottola e lo alzò da terra.
Jace si dimenò senza riuscire a liberarsi, soffocato dalla possente presa dell'aggressore.
Era stato incauto, non aveva pensato che potessero esserci altri nemici.
E ora ne avrebbe pagato le conseguenze.

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