Capitolo 21 - Jace: La Magia

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Jace, Reyla e May, dopo essere partiti dal villaggio degli elfi Amazzoni avevano l'umore così alto che il loro cammino si era fatto molto più spedito e piacevole, tra chiacchiere inutili e scherzose come prima non avevano mai fatto.
Jace non nascondeva più il suo tatuaggio ed era contento che neanche Reyla lo facesse. Anche se quello dell'elfa era molto più esteso del suo, si estendeva fino alla base del collo, sul petto e sulla schiena.
Non appena uscirono dal bosco, dopo tre giorni, Jace decise di chiedere ciò che da un po' gli premeva. Così durante una sosta lungo lo stesso fiume che li aveva visti combattere per la prima volta fianco a fianco Jace prese coraggio - Reyla, ti devo chiedere un cosa - disse tutto d'un fiato.
- attento, sembra qualcosa di importante se lo dici così - rispose lei mentre accendeva il fuoco con un scintilla che scaturì dall'indice.
- lo è infatti -
- avanti, dilla e basta -
- voglio che mi insegni ad usare il Lyn -
Reyla si interruppe di colpo da quello che stava facendo - non credo sia una buona idea -
Jace batté le mani - dai, hai visto anche tu com'ero ridicolo quando abbiamo fatto quel salto e mi potrebbe servire in futuro se continuiamo a viaggiare, no? -
Reyla strofinò le mani una sull'altra davanti al fuoco
- non lo dico perché non voglio, ma perché non sono una maestra, potrebbe essere pericoloso per te -
- ma io voglio solo imparare i fondamentali della magia, non ti chiedo certo di metterti in pericolo - Jace la stava praticamente implorando - spiegami solo come si fa, ti prego -
Reyla strinse forte i denti. Le sue labbra si ridussero ad una fessura ma poi si arrese - a dire il vero ci avevo pensato anch'io da quando siamo partiti dal villaggio - disse iniziando a sorridere - la scena è stata davvero ridicola, dovevi vedere la tua faccia -
Rise di gusto insieme a May - eri proprio buffo! - esclamò lei tra un singhiozzo e l'altro.
- sì, prendetemi pure in giro, voi due, un giorno avrò la mia vendetta - grugnì Jace attizzando il fuoco.
- ti insegnerò come usare il Lyn, ma solo se ne avrai la vocazione, altrimenti smetteremo subito - disse Reyla quando si fu calmata.
Jace era entusiasta - sono pronto, iniziamo -
Reyla sorrise malignamente - sto per spiegarti cosa sono veramente il Lyn e la magia, mettiti comodo -
Jace la fissò un momento - ma non iniziamo con qualche incantesimo o cose simili? - chiese stupito.
- oh, no, no, no. Prima devi imparare la teoria, solo dopo passeremo alla pratica -
Jace si abbandonò sul tronco dove era seduto - sarà noioso, immagino, ma inizia -
- Sarà molto noioso - disse May accocolandosi per dormire.
Perfetto, se anche una bambina lo diceva doveva essere veramente assurdo.
- vedi, la magia ha origini molto, molto antiche - disse Reyla come se stesse raccontando una fiaba - più antiche degli umani, degli elfi e persino del mondo. Esiste da sempre e esisterà sempre, anche quando noi non ci saremo più, anche quando l'ultimo essere vivente morirà -
- ma devi per forza? - chiese Jace già annoiato.
- zitto, se vuoi che ti insegni - lo ammonì Reyla con un'occhiata fulminante - continuiamo. La magia e il Lyn sono strettamente collegati, eppure anche molto diversi. Il Lyn è una forza primordiale che alberga in ogni essere vivente, è la forza vitale, l'anima. È pura energia - alzò una mano e sul palmo iniziò a formarsi una specie di piccola pallina di fumo bianco, luminescente - di per sé non è magia -
- ma come? - chiese Jace confuso e ammaliato allo stesso tempo.
- il Lyn è solo un catalizzatore per la magia, un veicolo che permette l'uso della stessa. Osserva - l'elfa sussurrò una parola che Jace non riuscì a sentire e il Lyn, simile a fumo, si trasformò in un fuocherello brillante.
- è fantastico - osservò Jace.
Reyla sorrise - si, lo è. La magia è proprio questo, qualcosa di magnifico e misterioso. È la capacità di trasformare ciò che non è reale in realtà e viceversa -
Jace allungò una mano, imitando l'elfa, preso dalla foga. Ma si accorse di non sapere e come fare - come si fa? -
- non così in fretta - lo fermò Reyla - devi prima comprendere come si utilizza la magia. Normalmente ci vorrebbero anni di addestramento, ma noi non li abbiamo, quindi procederò subito a spiegarti -
- va bene, allora spiegami -
- è quello che sto cercando di fare. Il Lyn è diviso, questo è importante e l'ho già detto nelle caverne, in due tipi. Ognuno di noi ne può utilizzare uno soltanto e per questo nessuno può padroneggiare a pieno la magia, ma solo metà di essa - Reyla si fermò e gli fece vedere il palmo - io possiedo quello che viene chiamato Lu'lyn, il Lyn positivo, mentre l'altro, il Lyn negativo, è il Se'lyn. Devi pensarli come l'energia che sta alla base della tua magia. Con entrambi si possono utilizzare gli incantesimi più semplici, ma quando si inizia a pensare a quelli complicati e avanzati allora si dividono le strade -
- ho capito - disse Jace alzandosi in piedi e camminando avanti e indietro - se possiedo uno non posso possedere l'altro -
- esatto. Perché averli entrambi ucciderebbe l'ospite per quanto il suo potere aumenterebbe in modo esagerato. Nessuno può averli entrambi perché in questo modo potrebbe controllare tutti i tipi di incantesimi -
- ma se qualcuno li avesse entrambi diventerebbe molto potente, giusto? - chiese Jace interessato all'argomento.
- in teoria sì, ma chi ci ha provato è letteralmente esploso dall'interno - specificò Reyla.
- perfetto, ho capito. Andiamo avanti -
Reyla sospirò - ebbene, una volta trovato il tuo Lyn devi scegliere una Via, un Layn -
- cos'è un Layn? - chiese Jace - non può essere un po' più semplice? -
Reyla sorrise - l'ho detto che di solito ci vogliono anni. Un Layn è un po' come un percorso, un obiettivo che si vuole raggiungere. Seguendo il Layn si imparano man mano incantesimi più potenti, fino ad arrivare alla fine, quando si diventa un maestro. Allora si può scegliere un altro Layn, e così via -
- quindi se scelgo un Layn non posso imparare altri incantesimi? -
- no, Jace. Gli incantesimi di base li imparano tutti, il Layn è più per la battaglia, magia offensiva si potrebbe dire -
Intanto May si era addormentata profondamente. Jace le rimboccò le coperte - io non posso scegliere fin da subito più di un Layn? -
- puoi. Ma è complicato. Vedi, gli incantesimi semplici, come accendere un fuocherello, necessitano di una sola parola per essere accesi - Reyla si rabbuiò - ma gli incantesimi di battaglia e non solo richiedono lunghissime formule complicate -
Jace non capiva - perché? -
- perché la magia è complicata, instabile e imprevedibile - Reyla accese di nuovo il fuocherello - questa fiamma non deve andare da nessuna parte, quindi è semplice accenderla. Ma se dovessi lanciare una palla di fuoco, per esempio, dovresti tenere conto della distanza, del fatto che le fiamme non devono disperdersi, la forma, la direzione, l'intensità, il calore e molte altre variabili -
Jace cadde seduto - quindi è impossibile -
- no, non lo è. Esistono formule già scritte -
Jace si illuminò - fammene vedere una! -
- non è semplice. Una formula è scritta, poi viene immessa in un cerchio magico, la cui stessa forma influisce sull'incantesimo. Due formule scritte su due cerchi magici differenti cambiano l'incantesimo -
Jace la guardò con un tic all'occhio - ovviamente deve essere difficile -
Reyla si alzò in piedi - sì, lo è. Ma ora basta, ripartiamo. Ti insegnerò a trovare il tuo Lyn mentre camminiamo. Ci vorranno giorni, forse settimane -
Jace svegliò May - o mesi -
Reyla annuì e si coprì il volto con il cappuccio del mantello. Jace aveva notato come fosse cambiata dalla visita al villaggio degli elfi Amazzoni. Era più serena, molte volte si intravedeva un sorriso sulle sue labbra e non lo guardava più come se fosse il nemico. Più o meno.
May e Jace la seguirono dopo aver sparpagliato i resti del fuoco e raccolto le loro cose. Avevano scoperto che le bisacce donate dal capovillaggio erano fatte in pelle di viverna, che si allargava man mano che veniva riempita, lasciando però le dimensioni esterne uguali. Reyla aveva detto che loro fabbricavano le tende in quel modo.
Mentre camminavano Jace si accorse di quanto tempo era passato dall'inizio della sua avventura. Era partito a settembre, ora era quasi novembre e faceva freddo, molto freddo. Era obbligato a indossare perennemente il mantello per coprirsi dall'aria gelida. Le montagne alle loro spalle, ormai lontane, erano spruzzate di neve fresca.
Il paesaggio era cambiato così tanto che sembrava di essere in un altro continente. Al posto dell'erba verde e dei secolari alberi delle foreste ora c'erano campi coltivati, pascoli di erba ingiallita e secca, alta almeno un metro, colline morbide e boschetti giovani di betulle e castagni. Era diverso, sì, ma non per forza peggiore. Jace adorava il rumore del vento sull'erba, il fruscio lento e cadenzato ad ogni alito anche minuscolo di aria, apprezzava la vista dei campi coltivati che rendevano il panorama simile a un grande mosaico dove il marrone, il giallo e il verde facevano a gara per spiccare al di sopra degli altri.
Ogni tanto la natura era interrotta da un tetto di paglia con il comignolo fumante, piccole fattorie isolate circondate da steccati in legno.
La strada che stavano seguendo si snodava su e giù, attraversando ruscelli argentati, talvolta senza ponte. Reyla gli disse che la costruzione di quelle vie risaliva ancora ai tempi prima dell'impero, quasi mille anni, quando non c'era bisogno di grosse strade adatte ai carri militari.
Anche il passare delle giornate era cambiato. Nonostante la stagione volgesse verso il freddo veniva buio ben più tardi di quando si trovavano fra le alte montagne. Il sole ora calava lentamente all'orizzonte, Jace lo poté vedere per la prima volta dalla cima di una collina, al di sopra del bosco appena superato.
Si fermò ammaliato da tanta bellezza. Non poteva credere che una palla di fuoco come il sole potesse produrre uno spettacolo di colori simile. Dal giallo brillante vicino al punto dove stava tramontano la luce sbiadiva in arancione, rosso e ancora più su in un porpora stupendo, come se la veste di un re fosse stata tesa sul cielo per incoronare quella vista superba.
- avanti Jace! - lo chiamò Reyla un po' più giù - dobbiamo accamparci -
Jace le fece segno di raggiungerlo, senza togliere gli occhi dal tramonto.
May e Reyla arrivarono correndo, preoccupate - che succede? - chiese May affiancandolo.
Jace la zittì con un gesto della mano - guardate che bello - disse estasiato.
Dopo qualche istante Reyla picchettò sulla sua spalla
- cosa dovrei guardare? - chiese confusa.
Jace era incredulo - come cosa? Guarda il cielo -
Reyla alzò lo sguardo - lo sto guardando, ma non vedo nulla -
- neanch'io - confermò May girando su se stessa per guardare tutta la volta celeste - non c'è nulla -
Jace sospirò - invece c'è la cosa più bella che si possa vedere, lassù - disse assorto nei pensieri. Entrambe si volarono a guardarlo - lassù c'è uno spettacolo che nessun essere vivente potrebbe mai replicare mai - aspettò che l'ultimo bagliore di luce scomparisse per lasciare il posto al cielo viola e blu. Aspettò ancora di vedere la prima stella in cielo - un giorno capirete di cosa sto parlando, ne sono certo -
May sorrise - io penso di aver capito -
Reyla invece scosse la testa - tu sei matto, Jace -
Il ragazzo distolse gli occhi dal cielo - andiamo ad accamparci, avanti -
Reyla scosse le spalle e scese dalla collina a grandi passi. Jace la seguì subito dopo May.
Trovarono un posto perfetto, stretto tra due rocce appuntite appoggiate una all'altra. Da dove arrivassero Jace non riusciva a capirlo.
Accesero un basso e labile fuocherello per s scaldarsi e consumarono un pasto freddo. Gli Amazzoni avevano pensato a rifornirli di provviste, ma essendo vegetariani avevano con loro solo verdura.
La mangiarono fredda, non volevano alzare il fuoco per non rischiare di farsi scoprire da pattuglie imperiali. Erano ricercati, ormai net erano certi.
Non parlarono quasi di niente, erano stanchi e infreddoliti.
Jace aspettò che entrambe si addormentassero per lasciarsi anche lui andare.
Sognò molto vivida ente, come quella volta nel bosco sulle pendici del passo dell'orso.
Apparve di nuovo davanti al castello con il grande rosone di vetro, ma questa volta poteva camminare. Sapeva di essere in un sogno, ma Jace decise lo stesso di seguire la stretta strada diroccata che portava al portone d'ingresso.
Lo raggiunse in pochi passi. Era davvero enorme, forse l'unico elemento del sogno a non essere stato aggredito dal passare del tempo. Il metallo lucido di cui era composto era intatto, le incisioni indecifrabili anche.
Un cerchio all'altezza del petto di Jace proprio in centro ai battenti girò vorticosamente e si aprì. Non vedendo altre vie, tutto intorno era avvolto da una nebbia densa e impenetrabile, Jace entrò.
Subito si trovò nella decadente e antica stanza del trono. Il portone si richiuse con un tonfo alle sue spalle.
Prendilo disse la stessa voce che aveva sentito anche la volta precedente è tuo.
Jace sapeva che si riferiva al trono, ma non uno di quelli disposti a semicerchio dalla parte opposta della stanza.
No, Jace sapeva dove dovesse andare. Non era così sbalorditivo, era un suo sogno. Uscì dalla stanza da una porta sulla parete destra e proseguì lungo diversi corridoi pieni di macerie. Negli spazi crollati e sul pavimento aleggiava la stessa nebbia che c'era anche fuori e che rendeva tutto di un colore uniforme grigio.
Jace raggiunse una scala a chiocciola che saliva ripida all'interno di una torre che sapeva essere la più alta. Salì uno alla volta i gradini in pietra levigata da anni di passaggio. Ogni volta che raggiungeva una finestra provava a guardare fuori dai vetri rotti, ma non vedeva altro che nebbia, sempre, fino a quando le finestre si interrupero definitivamente. La luce proveniva da fiaccole di fuoco dorato sulle pareti.
Finalmente arrivò a una porta piuttosto maestosa, in legno lucido.
Jace la aprì e uscì fuori. La luce accecante del sole lo abbagliò per alcuni istanti, ma poi riprese la vista. Era su una specie di terrazza, sul tetto della torre. Due guglie laterali salivano ancora verso l'alto, fondendosi in punta, formando un v con i lati arcuati.
Gli altri lati erano invece sprovvisti di qualsiasi tipo di ringhiera.
Jace si sporse solo per vedere di nuovo, in basso, un mare di nebbia, nient'altro. Era come se fosse salito abbastanza per superare le nuvole.
In centro alla terrazza si trovava il trono di cui parlava la voce, l'unica cosa intatta oltre al portone.
Jace si avvicinò lentamente e fece scorrere un dito sul bracciolo di pietra levigata. Era liscio come metallo.
Siediti disse la voce.
Jace obbedì, sebbene riluttante. Non appena toccò lo schienale con la testa una luce bianca si accese davanti a lui, vivida e calda.
Poi l'ombra proiettata dalla luce stessa si addensò a formare un globo nero come la pece.
Scegli la voce tornò a parlagli, ora più chiara e limpida.
Jace guardò prima la sfera luminosa, poi l'altra scura.
Perché devo scegliere? Chiese alla voce solamente le pensandolo.
Nessuno fa domande, scegli e basta
No, li scelgo entrambi
Non puoi, ragazzino.
Jace non voleva cedere. Era un suo sogno e lui faceva ciò che gli pareva. Prese le due sfere e ignorando gli avvertimenti della voce le avvicinò uno all'altro. Fu come provare ad attaccare due magneti uguali. Le due sfere si respinsero, protestarono, mandarono bagliori incandescenti. Ogni volta Jace sentiva un bruciore in mezzo al petto, ma non se ne curò. Nei sogni non si poteva provare dolore, quindi quella era solo una sensazione falsa.
Sembrava proprio che non volessero unirsi, ma Jace ebbe un'idea. All'improvviso le allontanò e altrettanto velocemente le spinse una contro l'altra. Le due sfere si sfiorarono. Jace provò un dolore lancinante tanto da abbandonarsi sul trono in agonia. Ma ormai era fatta.
Solo quando le sfere si furono completamente fuse insieme Jace riuscì a respirare in modo normale e il dolore svanì lentamente.
Solo allora Jace si accorse di essere nuovamente sveglio, con gli occhi di Reyla e May puntati addosso.
- è mattina - disse vedendo il sole filtrare la sottile nebbia che aleggiava tra gli alberi.
- sì, e tu sei più strano del solito - rispose Reyla, già pronta per ripartire.
May invece era al suo fianco e giocava con il lacci della cintura di Even'hell - Reyla non vuole che facciamo colazione - disse imbronciata - io ho fame -
- tu non hai fame, credi di averla -
- io ho fame perché mangiamo sempre poco -
Jace intervenne per calmarle - basta! May, non mangiamo perché se no finiremmo troppo in fretta le scorte e tu, Reyla, non discutere con lei per favore -
- ha iniziato lei - si giustificò Reyla girandogli le spalle.
Jace scosse la testa e aiutò May a prepararsi per partire. Le bendò i piedi in modo che non si formassero vesciche e le porse la bisaccia. Poi fece lo stesso con sé stesso.
Ma la loro camminata mattutina non durò a lungo. Si fermarono sulle rive di uno stagno, dove l'acqua stagnante dava rifugio ad ogni tipo di insetto.
- dobbiamo procurarci altro cibo per il viaggio - furono queste parole di Reyla a farli fermare - ho capito dove siamo e da qui in poi non potremo né cacciare né comprare cibo. La città di Bura è troppo pericolosa -
May sbuffò - io resto qui, voi andate pure -
Jace non era tranquillo a lasciarla da sola, ma era anche vero che per cacciare gli serviva l'aiuto di Reyla, lui non conosceva gli animali della pianura.
- allora prepara una tenda e accendi il fuoco - disse Reyla - così quando torniamo mangiamo un po' di carne fresca. Jace, seguimi -
Jace obbedì lanciando un ultimo sguardo preoccupato alla bambina. Prese con sé la spada, anche se non era l'ideale per cacciare.
- perché hai deciso di cacciare, Reyla? - chiese quando si furono inoltrati nel bosco.
- l'ho già detto, ne abbiamo bisogno -
Jace saltò un ramo caduto - non è vero, l'hai fatto perché May ha fame -
Reyla scosse una mano - fai come vuoi, ma dobbiamo cacciare ora -
Jace sorrise - mentre siamo qui puoi insegnarmi qualcosa -
Reyla sospirò - se servirà a farti stare in silenzio... -
- certo, servirà - rispose pronto Jace.
Reyla si accovacciò dietro a un cespuglio - bene, riprendiamo da dove ci eravamo interrotti. Devi trovare il Lyn dentro di te, è il primo passo -
- non so come fare, questo è il vero problema - disse Jace seguendo l'elfa da un cespuglio all'altro.
- il Lyn - spiegò Reyla gesticolando - è una forza che hai da sempre, devi solo riconoscerla. Sembra... - si toccò il petto - sembra come una sfera calda e pulsante vicino al cuore -
Jace era un po' scettico - non è che mi stai prendendo in giro? - chiese alzando un sopracciglio - io ho già qualcosa di caldo e pulsante in quel punto -
Reyla si voltò di scatto - non può essere, ci vogliono mesi per imparare, non... -
- è il cuore - la interruppe Jace - proprio il cuore -
- molto divertente, umano, molto divertente davvero, ma adesso concentrati -
Jace rise sotto i baffi - come vuoi, maestra -
- la prossima volta che mi chiami in quel modo di taglio la lingua - lo minacciò Reyla continuando a camminare quatta quatta.
Jace rise ancora - tu mi chiami umano, è giusto che anch'io possa chiamarti con un soprannome -
- no, e ancora no - Reyla scosse la testa - è già molto se ti faccio usare il mio nome -
- allora... -
Mentre proseguivano Jace pensò a molti soprannomi, ma nessuno sembrava adeguato. Ci volle così tanto che Reyla riuscì a prendere al volo con una spada un uccello, poi una lepre e dopo una specie di pollo, che a detta dell'elfa era un tacchino.
Ma alla fine Jace non aveva ancora trovato un buon soprannome.
- senti, Jace - disse Reyla mentre trasportavano la selvaggina - ma il giorno della battaglia... hai ucciso una persona, vero? -
Jace, che fino a quel momento aveva cercato di non pensarci, annuì - due -
Reyla rimase un attimo in silenzio - lo sai che dovevi farlo vero? -
Jace non ne era molto convinto - io... Sì, immagino di sì -
- non devi immaginare, Jace. Era la tua vita contro la loro, non avevi scelta - Reyla era cauta.
Jace apprezzò che volesse parlarne - è solo che mi chiedo quale fosse la loro storia, se avessero una famiglia, dei figli -
Reyla scosse la testa - no, non devi affatto pensarci -
Jace si sedette su un tronco - ma come si fa a non pensarci? Come fai tu? -
Reyla lasciò a terra la lepre e l'uccello e si sedette anche di fianco a lui - all'inizio anch'io mi sentivo in colpa, ma dopo un po' la sensazione svanisce. Basta pensare che vogliono ucciderti anche loro, non stai combattendo contro un innocente -
Jace non aveva pensato a quel particolare - quindi stai dicendo che mi abituerò a uccidere? -
- spero di no, davvero - Reyla si dondolò sul tronco - ma temo che dovrai se continuerai questo viaggio -
Jace sospirò - vorrà dire che dovrò mettermi l'anima in pace e andare avanti -
- sei disposto a tanto per aiutare May, perché? - gli chiese Reyla - era una sconosciuta per te fino a pochi mesi fa, potresti abbandonarla ora e tornare a cercare la tua maestra -
Jace scosse la testa - anche tu eri una sconosciuta, eppure ora siamo qui a parlare viaggiando insieme, un elfa e un umano, due nemici naturali -
Perfino Reyla sorrise - è assurdo, vero, ma non è sempre stato così, una volta i nostri popoli erano amici -
Jace rise - e quanto tempo fa!? -
- mille anni, anno più, anno meno - rispose Reyla.
- questo vuol dire che siamo i primi a non ucciderci a vicenda da un millennio, posso sopportare di prendere qualche vita - disse Jace senza troppa ironia.
- no, non per forza. Posso occuparmi io di uccidere i nostri nemici, tu dovrai soltanto proteggere May - disse Reyla, sembrando convinta.
Ma Jace sapeva che anche lei aveva i suoi problemi a cui far fronte - non mi sembra giusto. Hai detto nostri nemici, quindi dovremo occuparcene insieme quando verrà il momento e ti assicuro che smetterò di sentirmi in colpa, un giorno -
- spero di sì - Reyla alzò una mano come per consolarlo, ma poi la fece ricadere in grembo - quindi continuerai a stare con noi anche se sai a cosa vai incontro? -
Jace annuì - credo proprio di sì -
- forse posso sembrarti ripetitiva, ma perché lo fai? - chiese lei guardandolo da sopra la spalla - veramente non devi niente a May e tantomeno a me -
Jace sorrise guardandola negli occhi - tu dici così, eppure sento di dovere più a lei e a te che a qualsiasi altro -
Reyla ne rimase colpita e Jace fu divertito dal modo in cui i suoi occhi si spalancarono un secondo - sai Reyla, viaggiamo insieme da poco tempo, ma ho fatto più cose in questi due mesi o quasi che in tutto il resto della mia vita, davvero. Anche se dovresti essere una mia nemica io non ti considero tale, non più -
Reyla rimase in silenzio per un po' - quindi all'inizio pensavi fossi tua nemica? Avevi paura? -
- paura? No no - Jace vide il sollievo sul volto dell'elfa
- ero terrorizzato -
- oh... - sussurrò Reyla - l'avevo immaginato, ma sentirselo dire è... Strano. Ma succede molto spesso che abbiano paura di me, anche tra la mia gente -
- perché? - chiese Jace curioso.
- per lo stesso motivo che spinge anche te a temermi -
- io non credo proprio - rispose Jace alzandosi. Porse una mano all'elfa per aiutarla ad alzarsi.
Lei la prese - perché dici di no? Non puoi saperlo -
Jace la tirò dolcemente in piedi - lo so perché ora che imparo a conoscerti non ho alcuna paura di te -
Lei lo guardò con una strana espressione - ah no? E cosa provi conoscendomi? -
Jace fissò un attimo gli ipnotizzanti occhi di Reyla prima di rispondere - curiosità -
Jace le lasciò la mano e si incamminò. Sentì i passi dell'elfa alle sue spalle.
- curiosità? Non è un po' strano? -
Jace proseguì senza voltarsi - no, non è normale provare curiosità nei confronti di una persona che si sta conoscendo? -
- non se quella persona sono... Io - Reyla sembrava quasi triste nel pronunciare quelle parole - ma dove stiamo andando di preciso? -
Jace fu enigmatico - seguimi e basta -
- May è da sola - disse Reyla - dovremmo tornare indietro -
Jace fece di no con il dito - io e lei siamo d'accordo, cammina -
Qualche ora prima May gli aveva chiesto un favore, di far capire a Reyla cosa ci fosse di bello nel tramonto. Jace non ne capiva bene la necessità, ma voleva fare un tentativo, almeno uno.
Così portò Reyla sempre più su, lungo diverse colline, in cerca del punto più adatto. Il peso del tacchino sulle spalle non era d'aiuto e neanche la silenziosa elfa faceva molto per rendere la camminata più piacevole, ma Jace godette a pieno dell'aria pulita e familiare del bosco di betulle. Per quanto fosse diverso dalle fredde foreste della sua valle c'era qualcosa di simile e confortante nel profumo di funghi, nelle foglie che cadevano lente e nell'aria che muoveva appena i rami ormai secchi.
Non si fermarono fino a tardo pomeriggio, quando il cielo da azzurro virò al blu chiaro. Solo allora Jace fece segno a Reyla di fermarsi, in cima a una brulla collina in mezzo ai boschi, da dove si godeva di una vista straordinaria sull'orizzonte, sulla pianura in lontananza e a destra le luci di una piccola città.
Era il posto perfetto. Jace si sedette sul morbido manto erboso.
Reyla lo imitò dopo un attimo di esitazione - cosa ci facciamo qui? Abbiamo camminato ore -
Jace le fece segno di stare in silenzio e con un dito indicò il sole morente.
Reyla sbuffò ma non disse nulla. Raccolse le gambe al petto e appoggiò il mento sulle ginocchia, annoiata.
Jace scosse la testa, era proprio un caso perso.
Piano, minuto dopo minuto, il sole scese verso la linea scura della terra, fino a sfiorarla. Iniziò il tramonto, bello come quello della sera precedente, se non di più. Infatti da lì Jace poté vedere le stelle brillare nel cielo a est, dove il buio già faceva da padrone, mentre a ovest la luce arancione del sole era ancora vivida.
- guarda - disse allora Jace - dimmi se vedi ciò di cui parlavo ieri -
Reyla si riscosse e guardò lontano, nella stessa direzione di Jace - io vedo solo il tramonto -
- ed è proprio ciò che devi vedere - rispose Jace - un tramonto bellissimo -
Reyla aveva un tono noncurante - è solo un tramonto, Jace -
Jace scosse la testa - forse perché non lo vedi come lo vedo io -
- cosa vedi tu? - chiese Reyla ironica.
- io vedo un momento da godersi a pieno, uno spettacolo della natura impressionante - rispose Jace. Poi di voltò a guardare l'elfa - e tu? -
Lei lo guardò un momento, poi il suo sguardo tornò al cielo - vedo solo il sole che tramonta, la fine di un altro giorno -
- ed è proprio qui che volevo arrivare - disse Jace - tu non sai goderti i piccoli momenti, non trovi nulla di interessante -
Reyla provò a difendersi - non è vero, io... -
Jace la interruppe - invece è vero. L'ho notato fin da subito, ti importa solo della tua missione e nient'altro. Non di me o May, non di ciò che ti circonda -
Lei si strinse nelle spalle - le emozioni sono una distrazione in battaglia e sul campo bisogna essere sempre concentrati -
- no, questo è quello che ti racconti per giustificare ciò che non riesci a provare - la accusò Jace forse un po' troppo diretto - il fatto è che tu hai paura di provare quelle emozioni che nascondi -
- E va bene, forse è così! - sbottò Reyla alzandosi di scatto - ma cosa vuoi da me, Jace? -
Jace si alzò a sua volta - non voglio discutere -
- a me pare proprio di sì invece -
- no, voglio solo parlare, nient'altro - Jace alzò le mani in segno di resa.
Reyla, con gli occhi fiammeggianti, gli fece segno di continuare.
Jace prese un bel respiro - il fatto è che non riesci a provare quelle emozioni perché non sai cosa vuol dire provarle, secondo me - Reyla cercò di interromperlo ma lui continuò - non so perché o come sia successo ma non riesci a liberarti dall'idea che ci sei solo tu contro il mondo intero. Si vede da come parli, cammini e ti guardi intorno. Hai sempre gli occhi spenti -
Reyla lo fissò furente - parli così perché non sai cosa vuol dire vivere in questo mondo -
- ti sbagli, sei tu che non sai cosa vuol dire -
- come fai a dirlo tu che hai vissuto tutta la vita in mezzo a delle montagne? -
- il particolare è che io ho vissuto, appunto - Reyla lo guardò confusa - tu, Reyla sei viva, ma non vivi veramente -
- questo non ha senso -
- invece sì. La vita è fatta di immaginazione e realtà, non solo una delle due. Tu vivi solo nella realtà, e questo ti impedisce di vedere tutto ciò che c'è di bello nel mondo - Jace era molto convinto in ciò che diceva.
- e questo chi l'ha detto? - chiese Reyla incrociando le braccia.
- è stata Yur, un giorno, quando le ho chiesto cosa voleva dire diventare adulti. Lei mi rispose che un vero adulto, per essere tale, deve pensare e agire con un adulto, ma guardare il mondo con gli occhi di un bambino e vivere a metà tra le due cose -
- di nuovo un errore. L'immaginazione non serve a nulla se non per avere false speranze - Reyla era sempre più arrabbiata - fammi un esempio di ciò che dici -
Jace allungò entrambi i palmi in avanti, rivolti in su.
- tu mi hai detto di trovare il mio Lyn, vero? - chiese. Reyla annuì - ma non è possibile che... -
Il palmo destro di Jace venne avvolto da un fumo bianco e quasi luminoso - invece sì. Non me n'ero accorto, ma sapevo da sempre dove fosse, solo dovevo esserne consapevole -
Reyla guardò ammaliata - questo non prova nulla -
Jace alzò un dito della mano sinistra - vero. Ma mentre lo scoprivo mi sono trovato davanti a una scelta, che puoi immaginare -
- Se'lyn o Lu'lyn - disse Reyla.
Jace annuì - esatto. Ma poi mi sono chiesto perché avrei dovuto scegliere, se entrambi facevano parte di me e così... - il suo palmo destro venne avvolto da un denso fluido nero che evaporava in volute di fumo.
Reyla fece un passo indietro - non è possibile, non si può... - si fermò e guardò Jace negli occhi. Il ragazzo sapeva di avere un'espressione quasi folle - come hai fatto? -
Jace sorrise - l'ho immaginato -
Reyla era senza parole.
- tu mi insegnerai la magia, Reyla, io ti insegnerò a vedere il mondo con i miei occhi -

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