18•Sola•

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Questa volta, a svegliarmi non è il rumore fastidioso della sveglia, né la presenza ossessiva di Lucifer ma il rumore di varie porte che sbattono con forza seguite a ruota da diverse imprecazioni che ad ogni secondo diventano più forti.

Appena spalanco gli occhi col cuore che svalvola a mille, punto direttamente a Linda - che è concentrata a svuotare la sua valigia per poter riempire l'armadio ancora vuoto, se non fosse per il mio cappotto, un paio di scarpe, il completo che avevo addosso il giorno della rapina e giusto un altro che ho comprato ieri -.

«Ehi! Perché non mi hai chiamata? Eravamo rimaste che ti avrei aspettata all'aeroporto» le ricordo dolcemente mentre con un pugno mi strofino l'occhio: ieri ero da sola nel bel mezzo del nulla, mi sentivo strozzare, come se due mani grandi mi stessero stringendo il collo, dovevo parlarle, sentivo la necessità, quella urgente, di aprire il mio baule. Lo stesso che da anni è chiuso a chiave in una zona tanto buia da poter non esistere. Le ho raccontato della rapina, dei mobili rotti, delle sedie spaccate, le pareti imbrattate...cercavo comprensione, volevo che mi ricordasse quanto tutto si sarebbe messo al proprio posto... ma l'unica cosa che è riuscita a dire, è stata: "domani torno."

Tuttavia, anche adesso che è qui sembra sfuggente e quando si gira mettendo direttamente le mani in vita, non di certo migliora le cose.

«Hai davvero il coraggio di farmi questa domanda? Tu? Tu che neanche mi hai detto che qualcuno è entrato in casa?» porto i piedi sul pavimento pensando che decisamente no, non è questo l'argomento più adatto da poter affrontare appena svegli, tra l'altro sono appena le sei e ancora una volta ho dormito troppo poco.

«Okay...avrei dovuto avvertirti prima, m-ma non volevo farti preoccupare. Tutto qui!» le dico con tono calmo ricevendo con violenza i miei vestiti dritti in faccia tanto da non sembrare neanche lei.

«Ti avevo detto di non parlarne con Lucifer! E tu lo hai fatto.» ringhia trasformandosi in una bestia sotto il mio sguardo attento.

«Io non ho fatto proprio un bel niente.» mi metto in piedi sbattendo un piede sul pavimento «non so neanche cosa c'era lì dentro.» sentenzio con tono duro mentre i suoi occhi si fanno lucidi appena porta lo sguardo sul letto, ormai dietro di me.

«Ah no?» mi sposta con forza e dopo un attimo, ecco che si sporge a me puntandomi un pugnale argentato contro. «E questo cos'è?» la guardo sbarrando gli occhi, lo stomaco mi si stringe e l'aria comincia a mancare.

«Non...questo era nella cassaforte?»

«Hai ancora voglia di giocare, Jo? Per colpa tua Lucifer non si fida più di me. Un dannato ladro è entrato in casa mia rubando e rompendo tutto.» la guardo stringendo i vestiti più forte al petto, quasi come se volessi un po' di forza. Ancora un po'.

«Ti preoccupi della casa?» domando quasi sussurrando facendole abbassare lo sguardo, sbuffa strofinandosi la fronte e voltandosi di  spalle allunga un braccio verso l'uscita:

«Ascolta...mh-va via.» bisbiglia stanca, come se avesse percorso tutta Los Angeles a piedi.

«Linda...» provo a fare un passo verso di lei, ma blocca tutto quando riprende a posizionare istericamente i suoi vestiti al proprio posto.

«Non ho voglia di litigare. Per cui va via.» ripete ancora. La fisso instancabilmente e non ricevendo più nulla mi arrendo al suo muro.
***
Chiudendo con forza la portiera di un taxi, gli dono le indicazioni giuste e velocemente butto la testa al finestrino.

Non riesco a fare a meno di pensare:
i suoi occhi, gli occhi di Lucifer, la forza che ha scaraventato contro la parete, la sua rabbia. Il suo dolore. Tutto di lui sembrava ingestibile, tutto sembrava grande, forte...troppo...forte...

Stava nascondendo un pugnale! E quel pugnale era poco sotto il mio cuscino...arrivata a questo punto, le risposte sono due:
O soffro di sonnambulismo avanzato, così tanto avanzato da non riuscire a ricordare di aver fatto tutto questo;
O sono semplicemente vittima di un qualcuno che riesce ad attraversare le mura per poter distruggere la mia vita.
...
Cammino lentamente verso l'entrata bianca, mai percepita così spenta come oggi: si, perché in genere sono tutti qui fuori a gioire come pazzi e scambiarsi il caffè, in genere c'è Lucifer...

In genere mi arrabbierei così tanto con lui che boh! Lo farei a fettine.

Ed ora...
non posso.

Non posso perché sono sola.
Sola come un cane.
...
Un briciolo di speranza riaffiora in me solo quando riesco ad intravedere Dan in lontananza. Lo raggiungo velocemente ma senza neanche guardarmi in faccia si gira di spalle obbligandomi a tirargli il braccio per avere attenzioni.
«Ma che avete tutti?» domando arrivando al limite. Cavolo! Esisto anch'io in questo mondo.

«Ne sai qualcosa?» chiede a sua volta facendomi svolazzare dei fogli sotto al naso. Li prendo velocemente e ricollegando i punti mi rendo conto che:

«Federico Kampala.»

«Esatto! Questo caso ti è stato sottratto. E sai cosa significa? Che non puoi ricevere informazioni. Né...puoi rubarle.» precisa spingendo il suo viso verso il mio

«COSA?» urlo lanciandoglieli dall'altro lato della stanza «Non sono una ladra.» vomito amara trafilandogli uno sguardo assassino

«Detective Jo.» mi richiama duramente per mettermi all'ordine «Non siete qui per fare scenate.»

«Né TU per darmi della ladra!» rispondo a tono spingendolo dalle spalle, infischiandomene palesemente delle buone maniere. Che la mia femminilità vada a fottersi!

«Ti ho solo detto ciò che ho visto.» mi dice senza mai abbassare la guardia.

«Mi hai vista uscire da qualche parte con questi fascicoli in mano? Mi hai davvero vista fare ciò?» il suo silenzio improvviso è come un pugno dritto in faccia e di certo non viene apprezzato: «Vaffanculo Dan.» ringhio a voce bassa prima di lasciarlo dietro le mie spalle.

Di Lucifer non c'è neanche l'ombra e arrivare qui, percorrere i corridoi, e restare da sola...non era nei miei piani. Sentirmi una ladra e non esserlo, neanche. Per quanto io possa davvero provare a pensare di aver fatto tutto questo, ci sono ancora cose che non tornano:

Io non posso aver rubato, non posso aver messo la casa sottosopra e non esserme neanche accorta. E se stessi impazzendo?

Passando davanti all'ufficio del capo, mi rendo conto che è vuoto e pur chiedendo al mio cervello di non fare cose stupide, entro. Entro mandando al diavolo anche la razionalità, soprattutto quando aprendo un cassetto mi ritrovo a contemplare foto infinite, alcune delle quali in bianco e nero, altre consumate, come se fossero state conservate qui dentro da anni.

Tra tutte queste, riesco però a riconoscere un solo soggetto: "Bob Franklin", l'uomo che qualche mese fa ho sparato uccidendolo.

Non faccio in tempo a rimetterla dentro, che un duro colpo alla testa mi stordisce mandandomi direttamente al tappeto...

Lucifer ×Oltre il mondo, oltre l'inferno×Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora