Il tragitto dalla scuola a casa mia è breve, di solito ci impiego 10 minuti, ma ormai sono già trascorsi venti minuti e inizio a stranirmi quando noto Colin svoltare verso il centro.
"Dove stiamo andando?" Domando voltando appena il capo continuando a starmene attaccata al sediolino
"In un posto" scrolla le spalle non propenso a dirmi altro
Dopo qualche minuto Colin parcheggia lungo la strada accanto al negozio di sua madre e spegne il motore.
"Torno subito, aspetta qua" esclama uscendo senza aggiungere altro
Aspetto in macchina il suo ritorno e mi scappa un sorriso quando torna, dopo vari minuti, con in mano una scatola dello Sweet Blue.
Entra nella vettura e poggia la scatola sui sedili posteriori per poi rimettere in moto.
Proseguiamo il viaggio in silenzio e io non gli domando più dove siamo diretti, nonostante non riconosco la strada davanti a noi.
L'unico rumore che si sente è la musica a basso volume che risuona dalla radio, una vecchia canzone rock forse degli anni 80, tipico di Colin.Ormai mi sono calmata, ancora non mi capacito di come sia potuta scoppiare così davanti a tutti. Non è da me.
Mi guardai attraverso lo specchietto e noto gli occhi leggermente arrossati e il viso stanco, ero un disastro su tutta la linea. Sciolgo i capelli e li sistemo per cercare di non sembrare una pazza scappata da un manicomio. Perché fidatevi, è proprio quello che sembro in questo momento.
"Smettila di sistemarti" mormora Colin portando una mano alle labbra e tenendo l'altra ben salda sul volante "sei bellissima, come sempre" mi mostra un sorriso e io sento il cuore fermarsi per un secondo, e non è a causa della mia malattia questa volta, ma a causa delle parole che ha pronunciato il biondo accanto a meIngoio pesantemente e nascondo un sorriso. Possibile che Colin mi facesse questo effetto? Era dannatamente bello il modo in cui mi sentivo quando ero con lui.
Dopo un po' parcheggia lungo un parcheggio in mezzo al verde, conosco questo posto, ci sono venuta varie volte da piccola con mia madre, ma non ricordo il nome.
"Bevenuti al Piedmont Park" una signora sorridente ci lascia un volantino all'ingresso
Lo afferro ringraziandola per poi fissare la mappa del posto disegnata sopra.
"Questo posto è immenso, da piccolo mi ci persi anche" sbuffa Colin guardandosi intorno
"Non ci credo" rido appena e lui annuisce
"Ero con i miei genitori. Mia madre andò al bagno e mio padre si dimenticò completamente che doveva badare a me, si allontanò per andare a comprare delle cavolo di caramelle al negozio del parco e mi lasciò vicino al lago. Quando mi voltai non vidi nessuno, ero piccolo così andai nel panico. Vidi un signore di spalle identico a mio padre e corsi al suo fianco seguendolo fino alla fine del parco, quando poi si voltò scoppiai a piangere perché non era mio padre" scrolla le spalle accennando un ghigno
"Come ti hanno trovato poi" domando curiosa e trattenendomi dal ridere
"Per fortuna il signore era gentile, mi accompagnò alla biglietteria dove fecero un'annuncio a tutto il parco. Mio padre era al negozio e appena sentí la notizia corse fuori senza pagare, non ci fece neanche caso a dire il vero. Arrivarono entrambi trafelati all'ingresso dove li stavo aspettando con una guardia" spiega facendomi scoppiare a ridere
"O mio Dio, quanti anni avevi?"
"Circa 4" ci pensa suIl Piedmont Park è il parco più bello di Atlanta, non per altro c'è sempre molta gente. È enorme e oltre a negozi di sovenir, bar e ristornati, al suo interno c'è una distesa d'erba immensa dove poter volare in mongolfiera, un lago dove poter fare cannotaggio tra le anatre e vari monumenti come qualche scultura di pietra lungo il percorso e persino sculture fatte con le siepi che ritraevano animali o bambini.
Ci sediamo sulla distesa d'erba accanto al lago e Colin finalmente apre la scatola mostrandomi la mega torta al cioccolato che aveva preso, piena di nutella, senza panna e con piccoli pezzi di Finder sparsi sopra, proprio come piace a me.
"Non ci credo" mi brillano gli occhi
"Mio Dio, non avevo idea fosse così grande" fa una smorfia lui contrariato
Scoppio a ridere e afferro la mia forchetta per poi iniziare a mangiarla, era buonissima, come ogni cosa preparata dalla madre di Colin.
"Ho una domanda" annuncio e lui mi guarda con le labbra sporche di nutella facendomi segno di continuare
Sorrido e mi sporgo verso di lui pulendogli lo sporco con le dita che passo sulle sue labbra facendolo bloccare
"Ok, se rifai una cosa del genere avvisami che mi sposto per evitarlo" esclama serio
"Perché" sorrido confusa
"Perché potrebbe venirmi duro se mi tocchi così piccola, e siamo in un luogo pubblico" mi fa notare e io scoppio a ridere divertita "dai, fa la tua domanda" mi incinta poi
"Che tipo è tuo padre"
"Mio padre?" Posa la forchetta e ci pensa qualche secondo "sarò sincero, vorrei dipingertelo come un mostro per essersene andato e aver ricostruito una vita altrove con un'altra donna, ma a dire il vero non era cattivo" ammette e io rimango leggermente sorpresa "era il tipico padre che quando toccava a lui accompagnarmi a scuola arrivavamo sempre in ritardo perché si dimenticava di mettere la sveglia. Spesso a dire il vero si dimenticava anche di venirmi a prendere, oppure ti posso raccontare di come per il mio compleanno mi comprò una torta di Barbie perché si era confuso. Era distratto, inaffidabile, combinava un guaio dietro l'altro e io mi divertivo un mondo nel vedere mamma sgridarlo. Ma era anche il classico padre che se qualcuno mi dava fastidio a scuola correva a difendermi senza problemi, all'epoca mamma non aveva ancora il negozio di dolci ed era disoccupata, papà lavorava in un cantiere e faceva turni assurdi per farmi passare ogni genere di capriccio e per mantenerci"
Noto come uno strano scintillio nei suoi occhi quando parla di suo padre. È ammirazione, come se stesse parlando del suo eroe personale, ma c'è anche un pizzico di amarezza e delusione.
"Ma c'è un però... giusto?" Domando cauta
"Non so a dire il vero" ammette sorseggiando la sua coca e distendendo i piedi sull'erba rivolgendo lo sguardo verso il lago davanti a noi "non mi è mai andato giù il fatto che ci ha abbandonato all'improvviso. Lui e mia madre sono in buoni rapporti, certo, è sempre stato presente nella mia vita, eppure non capisco l'esigenza di andare via da Atlanta"
"Magari si sentiva soffocare" ipotizzo "anche se capisco che la situazione è diversa... quando morì mia madre, mio padre non riusciva più a restare qui ad Atlanta, così facemmo un viaggio dietro l'altro. Era come se si sentisse soffocare qui, come se tutto d'un tratto questa città gli stesse troppo stretta. Magari è stato così anche per tuo padre, ha sentito improvvisamente tutto il peso addosso e ha scelto la via più facile" ipotizzo scrollando le spalle
"Non lo odio per essersene andato" ammette "lo odio perché non mi ha abbandonato. Sarebbe stato più facile odiarlo sul serio, perché era scappato magari e ci aveva lasciati in rovina, ma lui anche quando lasciò Atlanta fu un padre presente. Ormai non ho più 10 anni, non mi importa se hanno divorziato e se hanno altre vite adesso, mi va bene anche che abbiano nuove famiglie, ma il ricordo di quello che eravamo una volta non è sempre piacevole" mi guarda con un espressione tranquilla, come se queste parole fossero uno sfogo per lui
"Se loro hanno deciso di seguire strade diverse non possiamo fare altro che accettarlo. Non possiamo controllare la felicità delle persone." Mormoro incrociando le braccia
"Beh..." inizia con un sorriso tra l'amaro e il sarcastico "questo vale anche per te" alza lo sguardo e incrocia i miei occhi
"Che vuoi dire" mi acciglio
"Sembra che tu non voglia far pesare agli altri i tuoi problemi" ammette improvvisamente tornando a guadare davanti a se
"Beh, renderebbero le persone tristi" mormorai guardando l'erba sotto di me e stringendo tra le mani alcuni fili
"Non possiamo controllare la felicità delle persone" ridacchia alzandosi "lo hai appena detto tu" scrolla le spalle e si sistema la giacca "andiamo" esclama poi porgendomi la mano
"Dove?" Mi acciglio afferrandola per poi alzarmi, mi tira su e finisco appiccicata con il petto contro il suo e il viso a pochi millimetri dal suo
"Quel tuo sguardo di prima, mentre mi ascoltavi attentamente come se stessi parlando di qualcosa di importante" sussurra in modo lento e maledettamente sensuale "mi ha fatto venire voglia di fare sesso, con te" ghigna attorcigliandomi le braccia in vita abbracciandomi
"Oh, allora dobbiamo rimediare" rido divertita poggiando i gomiti sulle sue spalle e portando le mani tra i suoi capelli
Guardo quei suoi occhi color cioccolato e ci perdo completamente la testa. Porto il viso in avanti e lo bacio in modo esigente ma calmo. Come se lo desiderassi più di ogni altra cosa al mondo, ma che volevo andarci piano per godermi di più il momento. Ed era così
Lui ricambia e lo sento sorridere sulle mie labbra, decisamente la sensazione più bella del mondo."Grazie" sussurro leccandomi le labbra
"Per cosa?" Alza un sopracciglio
"Per non avermi fatto domande" ammetto ovvia
Lui mi guarda per poi accennare un sorriso e lasciarmi un veloce bacio a stampo.
"Piccola Kay, se non andiamo subito via da qui temo che potrei scoparti qui" minaccia trattenendo una risata
"Oddio" scoppio a ridere e nascondo la testa nel suo collo
"Cosa" ride
"Sto immaginando la scena" faccio una smorfia
"Non puoi immaginarla davvero" scoppia a ridere e io mi beo di quella risata tanto cristallina e che fa bene al cuore "sei proprio una piccola pervertita, immagini noi fare sesso in un parco pubblico davanti a mezza Atlanta" mi rimprovera fintamente
"È colpa tua" gli do una spallata per poi staccarmi "l'ultimo che arriva alla macchina paga la cena" dico a gran voce recuperando la mia felpa e iniziando a correre verso l'auto
"Cosa? Non vale" mi grida dietro recuperando velocemente le sue cose per poi inseguirmi
Corro fino alla fine del parco per poi raggiungere il parcheggio, ma sono costretta a fermarmi prima di raggiungere l'auto quando sento una morsa improvvisa al petto che mi fa mancare l'aria e mi fa piegare in due dal dolore.
"Cazzo" mormoro portando una mano sul cuore e strizzando gli occhi
Il cuore batteva furioso, l'aria era come se non arrivasse neanche ai polmoni, mi faceva male il petto e sentivo come se qualcuno stesse stringendo il mio cuore tra le mani talmente forte da fare male.
"Kaylee" Colin mi raggiunge ridendo credendo che fosse solo affanno, ma quando vede la mia smorfia si china al mio fianco preoccupato "piccola, che hai?" Domanda allarmato
"Diciamo che non sono per niente una tipa atletica" mento ridendo per poi tossire
"Mi hai fatto prendere un colpo" sbuffa per poi aiutarmi a rialzarmi
Per fortuna era durato poco, di solito durava molto di più.
"Andiamo, mio Johnny" rido entrando in auto per prima