57: Una grande ambizione

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Capitolo diciottesimo

Contea di Istmil- Monti di Nispen

Zeliha restò a guardare la finestra per qualche minuto, crogiolandosi nel tepore delle coperte e delle carezze di Grevor. Il conte le scostò una ciocca di capelli dalla fronte, posandovi poi le labbra con un sorriso.

-Vuoi stare qui tutto il giorno?- lo apostrofò Zeliha. Grevor non le rispose: le accarezzò la schiena scoperta, chiudendo gli occhi e rubandole un bacio.
Zeliha avrebbe dovuto sentirsi innamorata, o quantomeno felice. Ma quell'amore, che si consumava in angoli nascosti e palazzi solitari, di romantico aveva ben poco. La sua mente non era granché coinvolta. Non era Grevor che amava, quanto più la sua ambizione, che brillava come un faro in mezzo alla tempesta di una vita insulsa.
Lui era diverso dagli altri, e tanto le bastava. Non stava a pensare se una cosa fosse buona o cattiva: se lo rendeva felice, era giusta e basta. E avrebbe fatto qualunque cosa per ottenerla.
Era immune dall'odioso buonismo degli Alaronesi.

-E quindi?- chiese lui dopo qualche istante. La sua mano si posò sulla guancia di Zeliha, creando un netto contrasto tra carnagione di luna, leggermente sfumata d'azzurro, e caramello dorato.
Lei tornò a guardarlo, avvolgendogli le braccia al collo.

-Il tuo castello è pieno di prigionieri.- gli fece notare Zeliha, sollevando un sopracciglio. –Stai cercando quel ragazzo, Brian, eppure non mi pare che ti interessi alle indagini. Dovresti andare a vedere i sospettati di persona, provare a scoprire se qualcuno di loro è davvero lui. Già è complicata la questione, col fatto che lui ha un'altra identità, qui sull'isola, e Evan è riuscito a darti poche informazioni.-

-Hai ragione. Ma qualcuno- disse Grevor, stendendosi sul materasso e tirando Zeliha sopra di sé –mi aveva indotto a rivedere i miei piani.-

Zeliha l'osservò. Era indubbiamente bello e seducente, con quegli occhi di brace che spiccavano sul volto pallido, i capelli verdi come un campo in primavera e i lineamenti regolari. Posò il capo sulla sua spalla, lasciandosi accarezzare i capelli castani, mentre cercava di allontanare la mente fredda e calcolatrice dal desiderio d'azione, almeno per un istante.
Ma non ci riuscì, così riprese a parlargli.

-Vuoi davvero la Terra, Grevor?-

Lui sorrise. –Con tutto me stesso. Le terre di Alaron non mi bastano più, mia adorata. Tu che ne dici?-

-Non è un'isola così piccola.- ribatté Zeliha. –Un tempo ti bastava.-

-Il tempo in cui pensavo che possedere la metà di un'isoletta mi rendesse felice. Ho fatto tanto per ottenerla, d'altronde, lo sai.-
Zeliha lo sapeva. Non aveva avuto alcuna pietà, Grevor, e per salire sul tanto aspirato trono aveva causato tanta sofferenza. Ma a lei non importava. Le importava soltanto che sul trono ci fosse arrivato.
Grevor si liberò da quell'abbraccio, scostandosi le coperte di dosso e alzandosi in piedi, non curandosi di essere totalmente scoperto. Soltanto dopo qualche passo si decise a rimettersi i pantaloni. Non provava mai vergogna, lui, ma la sua bellezza non era esuberante come quella di Shalenya, la giovane cavaliera che Zeliha aveva conosciuto qualche giorno prima, che la sfoderava come un'arma alla prima occasione.
Grevor era più calmo e rilassato, e progettava morti e conquiste con un gentile sorriso sulle labbra.

-Il tempo in cui non pensavo che la Terra esistesse ancora.- aggiunse lui. Si avvicinò poi alla finestra, guardando il paesaggio della contea di Istmil attraverso il vetro appannato.
Erano in una delle sue tante tenute di vacanza, piccole ville disseminate sulle montagne, che offrivano una panoramica meravigliosa sulla zona. Le rocce rilucevano sotto ai raggi del sole, maestose e scoscese, ricoperte da fitta vegetazione. Zeliha amava quelle rocce, ed amava il freddo della contea. Peccato che non nevicasse. Non ancora, almeno.

SILVER SOUL 1 (Gli incantatori)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora