16: Anima inquieta

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Terre di Alaron

DARFEL

Darfel avanzò di qualche passo, sul sentiero sassoso dell'Accampamento. Gli facevano male i piedi, le gambe e la testa, ma in quel momento non gli importava: gli bastava che l'oscurità della notte gli celasse ogni cosa.

In momenti come quello non voleva restare steso sul letto, a guardare le pareti della sua stanza, i loro colori vivaci e insopportabili. Solo avvertire quella sorta di vuoto vischioso intorno a sé riusciva a farlo sentire in pace, quasi lasciarsi inghiottire dal buio per qualche minuto potesse placare il caos disperato che aveva in testa.

Camminò ancora e ancora, le mani che di tanto in tanto sfioravano gli alberi circostanti, prima di fermarsi ai piedi di uno di essi.

Prese un ampio respiro, e, come sempre, si trattenne.

Le lacrime gli solcavano spesso le guance, tra le due e le quattro di notte, ma aveva imparato a essere silenzioso: non singhiozzava mai, non prendeva a pugni niente, e cercava di dare il meno fastidio possibile.

Aveva già constatato fin troppo bene cosa poteva succedere, quando qualcuno diventava un peso.

-Penso che dovresti urlare un po', ogni tanto.-

Darfel non sobbalzò nemmeno, quando sentì il suono di quella voce familiare. Era abituato a trovarlo lì, almeno un paio di volte a settimana, ogni volta che si faceva un incubo e passava qualche minuto all'aria aperta.

A quanto pareva, non era l'unico che non riusciva a dormire.

Faolan gli rivolse un cenno di saluto e si sedette di fianco a lui, senza guardarlo in faccia. Tenne gli occhi fissi verso il cielo per qualche istante, senza aggiungere altro. Respirava con leggerezza, come se avesse temuto di svegliare qualche creatura notturna.

-Urlare?- ripeté Darfel, a bassa voce, seguendo il suo sguardo. –Che intendi?-

Le stelle che riuscì a scorgere quella notte assomigliavano a delle pagliuzze dorate: in un momento più allegro, qualche giorno prima, Darfel le aveva paragonate a una manciata di formaggio grattugiato, facendo storcere il naso a Faolan. In quel momento, però, attraverso il velo appannato delle lacrime, gli sembravano più un miraggio lontano e irraggiungibile, una beffa al suo stato d'animo infelice.

-Intendo "urlare", nel vero senso della parola.- ribatté Faolan, con quel suo solito tono piatto, che ormai non preoccupava più Darfel da parecchi mesi. –Forse potrà suonarti stupido, ma..se ti tieni tutto dentro ancora per un po', finirai per esplodere, ecco cosa intendo.-

Darfel fu tentato di rispondergli che anche lui avrebbe dovuto seguire quel consiglio: era più che convinto che Faolan gli nascondesse qualcosa, a giudicare da come saltava su ogni volta che accennava al suo passato.

Ma Faolan, al contrario suo, non sembrava avere mai espresso il desiderio di sfogarsi, né aveva mai pianto, così Darfel aveva preferito sopprimere ogni curiosità, pur di non turbarlo ulteriormente. Faolan era una persona amante dei propri spazi: lo aveva compreso da tempo, e cercava di rispettarlo.

-Mi manca mia sorella.- ammise Darfel, dopo qualche istante. Quello non era difficile da dire: era vero, e non era certo una novità. Avevano passato fin troppe notti a ridosso di quegli alberi, e, di tanto in tanto, tra un discorso e l'altro, gli era capitato di parlare della sua gemella, quasi sperando che il peso del cosmo sopra di loro potesse schiacciare per sempre quei ricordi malinconici. –Tutto qui.-

A volte gli bastava chiudere gli occhi e posare la testa sul cuscino, per sentirsi come trafitto da un coltello. Per ricordare il suo volto sorridente, improvvisamente rimpiazzato dal suo ultimo sguardo di puro terrore. Per sentirsi in colpa per ogni singola cosa che quel giorno aveva visto e non avevrebbe mai potuto mostrarle.

SILVER SOUL 1 (Gli incantatori)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora