56. Nel sotterraneo

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Cherry era così tesa e dolorante, nella mente e nel fisico, che la sensazione si era trasformata in un torpore diffuso. Si sentiva vuota, stanca, non aveva alcuna voglia né di parlare né di ascoltare le ciance continue del super cattivo. Lo seguiva e basta, meccanicamente.

Le sembrava che le fiamme di Adrian le avessero bruciato le retine, imprimendole le immagini del capanno che saltava in aria sulle pupille... un battito di palpebre e le riempivano la testa, come se la scena le fosse apparsa davanti ancora una volta, senza suono, senza odore.

La scena della morte di Hawk.

«Devo ammettere che sono riusciti a fare un po' di danni in più di quel che avevo previsto» Ammise Werhunter, allegro «Glielo riconoscerei come un merito, se solo non fosse successo perché si sono auto-sabotati così malamente da trascinare anche uno dei miei covi con sé. La prossima volta, se ce ne sarà una, saprò che è meglio non sottovalutare la loro idiozia».

Era vero, forse erano stati stupidi. Erano stati incoscienti e l'avevano pagata. Cherry aveva poca pazienza per chi mostrava debolezza, eppure sentire Werhunter parlare così di quei tre la fece arrabbiare.

«A dire la verità, mia splendida ragazza ipnotica, dovrei dire che hanno quasi trascinato uno dei miei covi con sé» Proseguì Werhunter «Per fortuna, hanno considerato solo la parte superiore»

«C'è una parte inferiore?» gracchiò lei, senza emozione

«Sì. La parte aerea era piuttosto voluminosa, è vero, ma ho scelto di usare questo covo negli ultimi mesi proprio per la presenza di un sotterraneo modesto ma piuttosto robusto, che avrebbe potuto ospitare le persone che abbiamo portato dal Drago Bianco in maniera discreta. Non avevo certo voglia di avere delle persone in riabilitazione libere in un laboratorio in cui costruisco armi ed armature, sì?»

«Un sotterraneo. Come ha fatto a non prendere fuoco?»

«I posti chiusi sono quelli più rischiosi. Tenendo conto di questo mi premuro sempre che i covi in cui opero siano sicuri, soprattutto in un mondo in cui esistono maldestri, nemici e pirocinetici; per questo la nostra sala sotterranea non si trova esattamente sotto il covo, ma vi è collegata attraverso un tunnel resistente e, ovviamente, ignifugo. Sai, molti materiali di uso comune nell'edilizia sono già ignifughi, ma con degli accorgimenti...»

Cherry smise di ascoltare la sua spiegazione. Hawk aveva dato la vita per questo. Una vittoria così minuscola contro il nemico che non era neppure possibile considerarla tale: Death Rider aveva cavalcato la morte di chissà quante altre vittime e dato la propria vita solo per distruggere una parte di uno dei tanti covi di Werhunter.

"Ha salvato Valder però" Considerò Cherry, e subito dopo aggiunse, cupamente "Avrebbe dovuto lasciarlo morire. Valder avrebbe dovuto morire".

Dopo averlo seguito per chissà quanto tempo ed aver attraversato, come in sogno, un lungo corridoio spoglio e metallico, squadrato, i due si erano ricongiunti a Bloodhound e gli altri.

La stanza in cui erano arrivati era quasi del tutto buia ma molto ampia, illuminata da poche luci calde che disegnavano ombre forti sulle pareti, sui volti, gli oggetti. Scendendo i gradini per cui Werhunter l'aveva condotta, Cherry Gale aveva avuto l'impressione di calarsi lentamente dentro un quadro.

La stanza era arredata con pochi mobili, comodi e semplici, ma sembrava ingombra per via di tutta la gente che la occupava. C'era Bloodhound, che si stava ripulendo il volto dal sudore e la cenere con un panno (che una volta era stato bianco), e diverse facce conosciute dall'ospedale: già con un'occhiata riconobbe l'uomo che aveva la capacità di potenziare le abilità degli altri, due delle ragazze che avevano fatto terapia di gruppo con lei e Ariana, in sedia a rotelle, che s'illuminò come un piccolo sole nel vederla entrare insieme a Werhunter. Della dottoressa Cosmos, per il momento, non vide traccia, come pure di diversi altri ospiti del Drago Bianco.

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