39. Una tempesta in arrivo

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Cherry stava ad occhi chiusi sul divano, mezza scivolata in avanti. Aveva i capelli raccolti in una treccia semplice e le mani intrecciate sulla pancia, mentre cercava di concentrarsi sugli odori ed i suoni che permeavano la stanza.

Detersivo per pavimenti al profumo di zagara, debole. Qualcosa di polveroso che non riusciva ad identificare, un misto di tessuto e mobili nuovi che le risultava stranamente freddo. Il profumo del sapone che le era rimasto attaccato alle dita tenacemente, risaltando sulla neutra indifferenza di tutti gli altri aromi: rosa e patchouli.

E poi udiva due respiri, il proprio e un altro, ed uno sporadico fruscìo bisbigliante, segnale che finalmente la persona seduta accanto a lei si era decisa a voltare pagina.

Al suo fianco c'era Sam Bedstone, che stringeva tra le mani squadrate un libricino con un brutto insetto nero sulla copertina, di cui Cherry non si era data la pena di scoprire il titolo. L'uomo indossava una leggera camicia oxford più informale del solito, rossa, stropicciata e con le maniche tirate su a lasciare scoperti gli avambracci spessi. Sul naso aveva appollaiati un paio di occhiali da lettura e stringeva gli occhi nel tentativo di non distrarsi e finire la pagina.

Dopo aver riletto lo stesso paragrafo una decina di volte, Sam abbassò il libro e si voltò verso di lei, annuendo tra sé. La fissò finché Cherry non si rese conto dello sguardo di lui, così la ragazza ipnotica aprì gli occhi a malincuore e gli chiese: «Allora. Come va al lavoro?».

«Bene» Disse il padre adottivo, troppo in fretta «E a te? Come va a scuola?»

«Bene». Non era proprio una menzogna.

Per fortuna era sempre stata un'ottima studentessa e, con una certa dose d'impegno, era riuscita a rimettersi in pari con i compagni sulle lezioni teoriche, complice anche l'aiuto di Adrian che le aveva offerto degli appunti per studiare senza che lei glieli chiedesse. Era certa di avere ancora diverse lacune, ma non aveva avuto tempo di soffermarsi per riempirle dato che doveva concentrarsi sulle nuove lezioni, in cui si stava impegnando per assorbire il più possibile. Scoprì con piacere che era molto facile: quelle nozioni l'appassionavano davvero.

Il professor Amaurobius continuava ad essere franco ed amichevole con gli studenti, tutto sorrisi, battute e consigli utili, ma Cherry non era stupida: si era resa immediatamente conto che tra loro due era ormai partita una silenziosa guerra aperta. Lui era deciso a mostrarle che non c'era altra via che non con il lavoro di squadra, lei non aveva alcuna intenzione di cedere terreno e più passava il tempo più si convinceva che i suoi compagni non fossero altro che pesi morti. Non aveva bisogno di loro. Il potere di Adrian era inutile a meno che non si volessero far fuori civili, sospetti e super in un drammatico incendio (l'unica cosa che poteva considerare utile era il fatto che fosse dannatamente grosso, un bel vantaggio in uno scontro fisico) e le due "gemelle" avevano un potere che chiunque poteva replicare con dei walkie talkie.

Ipnotizzare la gente, quello che era insostituibile.

Gli schemi delle esercitazioni si erano fatti sempre più complessi, ideati dal professore chiaramente con l'intento di metterla in difficoltà: sospetti ciechi (faceva chiudere gli occhi ai ragazzi che li interpretavano, perché lei non potesse ipnotizzarli), poliziotti corrotti che la puntavano con le pistole, finti criminali armati fino ai denti il cui potere era privarla della voce o della vista, in un crescendo paradossale. Dal canto suo, gli sforzi dell'insegnante di dimostrarle che aveva torto non risultavano che nel far intestardire ancora di più Cherry sulle proprie idee e renderla diffidente nei suoi confronti.

Il comportamento misantropo di Cherry stava raffreddando i rapporti con gli altri compagni di classe, che continuavano a vedersi respinti durante tutte le esercitazioni. Non solo, ma, se Adrian era il migliore in aula, era Cherry ad eccellere sul campo; era in grado di risolvere in fretta buona parte dei casi che le venivano presentati nonostante le difficoltà, lasciando gli altri senza la possibilità di contribuire.

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