24° Capitolo: Un'isola particolare

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La terra sembrava strana. Non riuscivo a capire dove ci trovassimo e mi sentivo frastornata, il primo passo sulla sabbia fu il peggiore, sembrava che la terra ballasse sotto i miei piedi e non riuscivo a stare dritta ma dopo qualche minuto mi sentii meglio e riuscii a riprendermi, non potei dire lo stesso di Jake che cercai di sostenere con tutta la forza possibile. Si era da poco abituato al mare, avrebbe dovuto riabituarsi a stare con i piedi per terra. Cercavo di tenerlo con un braccio sotto le sue spalle, avevo faticato nel convincerlo a farsi aiutare davanti a tutti gli altri che invece sembravano a proprio agio, una cosa da tutti i giorni.

Ci trovavamo sulle rive di un'isola non molto grande, sulla quale si trovava solo un villaggio, povero probabilmente. Non c'erano guardie reali, non c'era un minimo rumore, niente strade, niente traffico, niente carri, solo una lunga spiaggia deserta che si trasformava poi in foresta. Potevo riconoscere dove si trovasse il centro del villaggio, si vedeva del fuoco comparire nel cielo, quell'isola era veramente minuscola. Mi guardai introno per capire meglio il luogo ma una cosa mi distrasse, mi sbagliavo, non era deserto in torno noi. C'era questa donna di pelle scura, che al sole risplendeva quanto l'acqua ai nostri piedi, e con i capelli corti e vestiti poveri, sulle spalle indossava come un velo che le ricadeva addosso fino ai piedi e andava a bagnarsi con le onde che si infrangevano ai suoi piedi. Era immersa nell'acqua fino alle caviglie ed era piegata intenta a lavare qualcosa che si trovava alle sue mani, altri vestiti probabilmente.

Quando ci vide arrivare ed uscire dall'acqua sul suo viso passarono molte espressioni. Stupore, nostalgia, rabbia, inquietudine. Smise di lavare i panni e li appoggiò delicatamente e con una lentezza estenuante su una roccia lì accanto in modo tale che si asciugassero. Sembrava sapere cosa sarebbe successo di lì a poco. 

"Walter" disse lei poi camminando nella nostra direzione con passo spedito, sul suo viso era sparito ogni accenno di emozione, era serio e sorridente, un sorriso però tutt'altro che incoraggiante. La guardai in faccia per la prima volta, aveva dei lineamenti marcati, un naso grosso e un sorriso abbagliante, gli occhi erano scuri, quasi neri, incorniciati da folte ciglia. 

"Sai quali sono i patti, non dovreste essere qui" disse lei. Walter abbassò per un attimo il capo e poi fece qualche passo nella sua direzione. "Abbiamo bisogno di rifornire la nave, pagheremo quel che possiamo e poi ce ne andremo, stiamo cercando Jhon" disse lui semplicemente. "Dicesti così anche l'ultima volta, e poi sei scappato con tutto ciò che avevamo, con tutti i nostri sacrifici. Ci hai illuso. Non saresti dovuto venire qui." disse lei poi spostandosi lentamente verso l'ombra della foresta. Qualcosa mi diceva che c'era stato un passato tra quei due, un passato burrascoso, questo era sicuro. Ma lui non riusciva a comportarsi da rozzo, continuava a guardarla come se lei fosse una sirena e lui ne fosse ammaliato.

"Senti donna, non abbiamo tempo da perdere, portaci dai tuoi amici" disse poi il pirata dai lunghi capelli bianchi puntando una pistola nella sua direzione. "Osi minacciarmi?" disse lei poi voltandosi a mento alto, quella donna aveva coraggio da vendere, sul suo volto nemmeno una ruga che dimostrasse la paura o l'inquietudine.

"Come vi ho detto, non sareste nemmeno dovuti venire qui" disse guardando tutti uno a uno con quello sguardo privo di emozioni. Poi puntò i suoi occhi neri come l'inchiostro su me e Jack, sembrò stupita "e poi da quando arruolate delle povere ragazze?" disse con un filo di pietà nei miei confronti. 

"É stata lei a cercare noi, è la figlia di Jhon, è la sua erede. Senti Jhenna abbiamo bisogno del tuo aiuto" disse lui. Il suo volto cambiò radicalmente, se prima perfettamente serio e pacifico, in quel momento sembrò tormentato. Jhenna, così si chiamava.

"Non sono io a decidere lo sai bene" disse lei facendo passare lo sguardo da me a Walter, sembrava non far caso alle pistole puntate su di lei. In molti avevano deciso di tirare fuori le armi. 

"Okay Jhenna" disse l'uomo con la pistola enfatizzando il nome come per prendersi gioco di Walter "che ne dici allora di portarci dalla tuo amichetto?"

"è una donna, ma in ogni caso non posso, e non saranno quelle armi a farmi cambiare idea" disse lei poi serenamente. "Bene allora no. Sarai preoccupata se ti vengo vicino" disse lui di rimando.

"Aday fermo, non fare l'imbecille" disse poi Walter.
Ma lui non lo ascoltava, si avvicinava sempre di più alla donna che non mostrava paura, era ad un passo dal premere il grilletto quando qualcosa lo ferma. "Jhenna" si sentirono le urla di un bambino echeggiare dalla foresta. "Mamma dove sei finita?" disse poi un bambino spuntando fuori dalle palme. Avrà avuto sui 6 anni, aveva i capelli neri corvino e gli occhi uguali a quelli di sua mamma, la pelle era scura ma non come quella di lei e degli abiti spogli rattoppati insieme evidentemente numerose volte. Quando la vide corse verso di lei, ma si fermò a qualche passo di distanza quando scorse che un uomo le stava puntando una pistola alla testa.

"Piccolo sono occupata, torna al campo" disse lei guardandolo in modo amorevole. "No, perché mai dovrebbe andarsene, tratteniamolo ancora un po' sembra un bambino così carino" disse, quello che avevo capito chiamarsi Aday, ruotando la pistola nella sua direzione "forse questo riuscirà a farti prendere le decisioni più lucidamente" continuò poi.

 
"Aday. Fermati! Non provare a toccare quel bambino" sentii Walter urlare, non l'avevo mai visto così arrabbiato. Jhenna ebbe un fremito e si spostò di fronte al bambino velocemente, non voleva che toccasse suo figlio, piuttosto preferiva sacrificare se stessa. Lasciai la presa di Jack che riusciva a stare in piedi da solo e mi spostai cautelarmente verso loro tre. "Aday non fare qualcosa di stupido o insensato ti supplico" dissi cercando di abbassare il braccio che impugnava saldamente l'arma. 

"Adesso hai paura eh Jhenna" disse lui senza ascoltarmi "hai cambiato idea?" continuò poi, lei fece cenno di no con la testa. Non voleva arrendersi, si sarebbe sacrificata per le leggi del suo superiore, per le leggi di qualcun altro, era una donna forte. Sentii Aday, premere il grilletto e cercai di spingerlo per fargli sbagliare mira, ma l' unica conclusione fu che non si sentì alcuno sparo, solo il tonfo di un uomo caduto sulla sabbia. Le pistole erano bagnate, non avrebbero funzionato. Sospirai sollevata e mi voltai verso Jhenna. 

"So che questi sono ordini, perciò vorrei chiederti cortesemente, da donna a donna, da mamma a figlia, di portarmi dalla tua superiore e per parlare, patteggiare" dissi io guardandola negli occhi, vidi il su sguardo vagare su Aday che cercava di rialzarsi. "Loro non verranno, solo io, Walter e pochi altri scelti da me, non porteremo armi. Ti supplico, aiutami." dissi cercando di avvicinarmi, lei accettò, con un leggero cenno della testa. 

Guardai meglio il suo volto, adesso da vicino con la luce del sole che le puntava sul viso riuscii a vede una piccola cicatrice che passava sopra l'occhio e attraversare il sopracciglio. Le sue braccia erano percorse da numerosi tatuaggi di tutti i tipi, ma non solo, uno si vedeva spuntare dal collo del vestito che indossava, i raggi di un sole. Il bambino dietro di lui però sembrava ancora spaventato, quindi decisi di accucciarmi alla sua altezza. "Ciao piccolo, vorrei tanto sapere il tuo nome" dissi con voce pacata. Lui si strinse alla gonna della donna. "Palì" disse Jhenna sopra di me con un sorriso a sguardo chino, guardava suo figlio con gli occhio dell'amore "si chiama Palì" ripeté poi. Mi girai verso Walter, sul suo viso c'era confusione e per un attimo sembrava fosse sul punto di piangere, ma non lo fece. Gli uomini come lui non hanno il coraggio di piangere. 




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