21° Capitolo: Lasciarsi andare

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Decisi di perlustrare un po' quella che era la nave ancora con il mio libro sottobraccio. Attraverso le scale si poteva arrivare a due piani differenti, il primo più vicino alla superfice era quello che conoscevo maggiormente, presentava uno stretto corridoio che portava, a destra e a sinistra, alle stanze dove dormivano, la mia, quella isolata, era l'unica che aveva la porta chiusa a chiave, non mi fidavo di nessuno lì dentro. Con gli anni avevo imparato che fidarsi era sempre la scelta sbagliata, soprattutto nelle ultime settimane, quando ho scoperto che era la mia stessa famiglia a voltarmi le spalle. Oltre a quelle stanze nel corridoio c'era anche il magazzino, tentata rubai una mela, me la misi in tasca e feci finta di nulla, era una cosa futile alla fine, stavo rubando a dei ladri quindi non poteva passare per crimine. Risi da sola allo stupido pensiero. Alla fine di quel corridoio c'era una stanza che non avevo mai aperto dal mio arrivo lì, mi avvicinai e notai come questa fosse chiusa a chiave. Pensai subito che probabilmente lì c'era l'oro che veniva rubato nel corso del tempo, una specie di magazzino dei ladri. Tornai vicino alle scale e scesi al piano inferiore, accessi subito le candele per evitare di stare al buio, quello spazio in realtà era immenso e insolitamente illuminato. C'erano dei remi disposti ai lati che fuoriuscivano dai buchi nel legno, erano quelli utilizzati in caso la barca si dovesse muovere per spinta, capii. Oltre a quelli però c'erano anche altri fori nel muro, al cui interno erano posti i cannoni, rabbrividii, non ne avevo mai visto uno da così vicino. Decisi di voler andare anche all'ultimo piano, dove si trovavano le celle e non so cos'altro, quindi scesi dalle piccole scale a chiocciola che si scorgevano dall'altra parte della stanza, facendomi coraggio, visto tutto il buio che era presente in quella stanza. Vidi che solo alcune delle candele erano accese il che rendeva tutto terribilmente inquietante e lugubre, quando finii di scendere notai che intorno a me era pieno di botti, Alcool. Se ne poteva sentire l'odore. Iniziai a camminare lungo lo stretto corridoio ai quali lati c'erano delle sbarre in ferro che dividevano le celle. Frank si doveva trovare qui, pensai. Iniziai a guardare incuriosita dentro ogni singola cella cercando di fare il meno rumore possibile fino a quando non mi scontrai con qualcuno.

"Scusa" sentii dire poi, riconobbi la voce e quando alzai gli occhi ebbi la conferma che davanti a me si presentavano dagli occhi blu scuro. Mi calmai quando riuscii a vederlo bene in faccia, per poco prima non stavo cadendo per lo spavento.

"Mi hai fatto prendere un colpo" dissi sussurrando con il fiato mozzato portandomi una mano sul petto. "Scusa" ripeté lui. Si abbassò per prendere il libro che mi era caduto di mano dallo spavento e me lo porse, lo guardava stralunato e aveva uno sguardo indecifrabile "Mi chiedo cosa tu ci possa fare qui" disse poi alzando lo sguardo verso di me.

"Mi stavo annoiando e pensavo che curiosare in giro potesse essere una buona idea" dissi io innocentemente. "Beh non c'è molto da vedere in questo posto" disse poi guardandosi intorno. Non chiesi cosa ci facesse lui in quel posto, non mi sembrava appropriato, ero già stata beccata in un posto in cui non sarei dovuta stare, fare troppe domande avrebbe significato peggiorare la situazione. Sentii come un improvviso mancamento in quella stanza, forse era dovuto all'assenza di finestrelle e al fatto che potevo sentire la potenza del mare infrangersi sulle mura.

"Vedo che ti piace leggere" disse poi lui sorridendomi e indicandomi il libro. "L'ho trovato nella libreria dell'ufficio" dissi io prontamente stingendomelo al petto come se fosse stata la cosa più preziosa che possedevo.

"è un bel libro, il finale ti lascerà stupita" disse poi abbassando lo sguardo giocherellando con l'anello. "L'hai letto" dissi io cercando il suo sguardo con un sorriso sul volto. Quel ragazzo mi sembrava molto differente rispetto a ciò che si presentava nei suoi occhi. "Si, me lo leggevano prima di andare a dormire quando ero piccolino" disse lui guardandomi negli occhi, e per un attimo mi sembrò che quegli occhi così scuri si fossero illuminati, tornando però poi di quel blu tendente al nero, se non più scuri. Gli sorrisi, mi sembrava l'unica cosa da fare in quel momento.

Dopo essere tornata al piano superiore mi chiusi in camera e mi sedetti sul letto, incominciai a sfogliare il libro che avevo trovato e aprii distrattamente la prima pagina. C'era il titolo scritto elegantemente e intorno una serie di disegnini e frase scritte a mano probabilmente da Jhon. Mi soffermai su una data scritta nell'angolino e mi mancò il fiato per un attimo quando mi accorsi che quella annotata era la mia data di nascita, affianco ce ne erano altre due che non riuscivo a riconoscere. Lui sapeva. Sapeva che giorno ero nata. Un'altra bugia. Mi scese una lacrima solitaria dalla guancia e un sorriso triste mi stampò sul viso, forse una piccola speranza c'era, forse mi avrebbe accettata con sé se l'avessimo ritrovato. Mi chiesi perché c'era solo la mia data e cosa significassero le altre due annotate quando qualcuno che bussò alla porta interruppe i miei pensieri. Tirai su col naso e mi sciugai le lacrime con il bordo della camicia.

"Avanti" mi affrettai a dire e mi alzai in piedi, quando notai però un viso famigliare dai capelli scompigliati gli occhi cerbiatto affacciarsi dallo stipite subito mi risedetti. Ero stata beccata in un momento debole, proprio quello che non volevo succedesse.

"Lucy sono venuto qua per chiederti se ti va di cena..." iniziò lui, quando poi incrociò il mio sguardo e fece uno sguardo stupito, venne a sedersi accanto a me accostando la porta alle sue spalle "che è successo? Come mai hai gli occhi arrossati? Sembra che tu abbia pianto" disse prendendomi il viso da sotto il mento con una mano. Mi liberai dalla presa e continuai a guardare il libro che tenevo tra le mani, non avevo voglia di parlargli, mi aveva trattato come una debole e in quel momento, in cui mi sentivo spaesata e abbandonata mi continuavano a venire in mente i ricordi più dolorosi.

"Non è successo niente" dissi io. "Senti Lucy so che mi sono comportato...male" iniziò lui. "direi che da idiota mi sembra più appropriato" risposi io girandomi e accennando un sorriso. "Se ti fa stare meglio puoi anche definirmi così" disse lui ridendo e asciugandomi una lacrima che scendeva lenta sulla mia guancia.

"Quindi, so che avrei dovuto crederti e sostenerti ma in quel momento ero preoccupato per te, non sapevo avessi queste capacità nascoste e non volevo neanche immaginare come sarebbe finita con quel Frank se tu non avessi vinto. Volevo fare qualcosa ma sarei stato uno contro tutta la ciurma. Forse anche il ragazzo nuovo sarebbe stato dalla mia parte sai, ha chiesto di te" disse poi smettendo leggermente di sorridere. "però voglio solo dirti che tutti abbiamo certi momenti, devi solo imparare a condividerli"

"Beh non ho più fiducia nelle persone da molto tempo. Non posso permettermi di mostrarmi debole" confessai

"Piangere non significa mostrarsi debole, tu sei una delle persone con il carattere più forte che io conosca, però non puoi nasconderti dietro un muro di solitudine e finzione, non puoi farlo con tutti. Di me ti puoi fidare, ma finché non vorrai parlare aspetterò. Però perdonami di non averti creduto perlomeno, non sopporto stare senza la tua voce isterica tutto il tempo, mi sento solo." disse poi accennando un sorriso

Lo guardai negli occhi e mi iniziarono a scendere lacrime veloci e sfuggenti, anche se un sorriso per ciò che aveva appena detto mi era nato sul volto. Lasciai il libro sul cuscino e mi buttai di scatto tra le sue braccia. Lui rimase rigido all'inizio ma poi iniziò a stringermi, come io stavo facendo con lui. Non si stava preoccupando del fatto che gli stavo bagnando con le lacrime la camicia che indossava ma mi cullava tra le sue braccia, lasciandomi baci sulla nuca e alternando carezze tra la schiena e i capelli.

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