2° Capitolo: La collana tricolore

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Eravamo ancora in salotto a parlare, era oramai passata più di un'ora e la speranza di veder entrare mio padre dalla porta di casa, era svanita. In parte, mi stavo anche annoiando. Mia sorella stava raccontando ai miei zii dei preparativi sul suo matrimonio, che sarebbe stato a breve. Si doveva sposare con una guardia reale, nonché nipote alla lontana del re di quelle parti, avevano già 22 anni e secondo i miei nonni era l'età giusta per sposarsi, anzi forse era troppo tardi. Sposarsi con lui avrebbe significato che lei sarebbe andata a vivere a palazzo e forse di conseguenza anche io e mia madre. La cosa non mi entusiasmava quasi per niente, differentemente da mia sorella e mia madre che non vedevano l'ora di cambiare casa, ma mi stavano tentando con l'idea che là ci fosse un enorme libreria e un giardino immenso in cui poter camminare liberamente, con un laghetto per i pesci, sapevano che non mi sarebbe interessato minimamente avere migliaia di vestiti a mia disposizione, gioielli sfarzosi da poter cambiare ogni giorno e poter partecipare ai balli reali. Quelle cose facevano andare matta mia sorella invece, lei era diversa da me, caratterialmente e esteticamente. Assomigliava in tutto e per tutto a mia madre, gli occhi castani scuro, i capelli neri, lisci e lucenti, il corpo minuto e il viso imbronciato come quello di una bambina.

Decisi di andare un attimo in bagno, mi stavo stancando di quelle conversazioni. Stavo salendo le scale tranquillamente ma mi sentii prendere per una mano, mi girai e trovai mia nonna. Mi fece segno con una mano di stare zitta e con una presa salda al polso mi trascinò con fretta fino a camera sua. "Che succede?" dissi io spaventata e sorpresa, dai suoi occhi potevo percepire la sua agitazione. Non sapevo come interpretare quel suo gesto. Lei era sempre stata una donna garbata e gentile, il che si abbinava perfettamente al suo aspetto, il suo essere più bassa di noi era il motivo per cui tutte le volte che si andava sul discorso "altezza" lei veniva presa in giro scherzosamente da me e mia sorella. Con quest'ultima era leggermente più legata che con me, gli insegnava come cucinare, come cucire e come suonare il piano. Se c'era una cosa che mia sorella sapeva fare meglio delle altre era suonare il piano, quando si sedeva e iniziava qualche melodia, per casa, si espandeva un senso di pace e tranquillità incredibile. Io, invece, preferivo starmene all'aperto anche da sola, leggere i libri di avventura, pensare oppure passare il tempo con Emilie a inventare storie fantastiche, a volte ci capitava di avere qualche commissione da fare come andare a prendere il pane o l'acqua e  ci divertivamo come matte correndo in giro per la città tornando molto più tardi rispetto a quando avevano previsto le nostre madri.

"Ho una cosa da darti, il mio regalo" disse e mi mise tra le mani una collana posta in un fazzoletto di seta. Era simile ad un medaglione sul quale vi erano raffigurati un calice colorato di un rosso scuro, una stella colorata di giallo e una spada verde. I colori erano sbiaditi e tendevano tutti al grigio, probabilmente un tempo era stata usata molto frequentemente, sembrava un reperto antico e lei la teneva in mano con una cura immensa.

Mi ricordai di averla vista da qualche altra parte, in qualche altra raffigurazione e poi mi venne in mente, apparteneva a John Jackson. Avendo letto molti libri a riguardo sapevo perfettamente chi fosse. Il pirata tricolore, uno dei più temibili di tutti i tempi. Giravano voci di una volta in cui una barca aveva ritrovato un marinaio in mare, che diceva di essersi salvato, dopo che lui aveva saccheggiato la nave in cui si trovava. Aveva raccontato l'avvenuto e a sentirlo sembrava una di quelle storielle che si raccontano ai bambini per non fargli combinare guai, ma in realtà non era così. C'era una cosa che non capii però, cosa centravo io con quell'uomo e cosa ci faceva mia nonna in possesso di quella collana.

"Nonna, questa è la collana di John Jackson, come fai ad averla?" la mia voce tremò un poco. Probabilmente mi sbagliavo ed era solo un doppione, ma chi avrebbe voluto copiare una collana con tale significato.

"Beh, mia cara, in realtà questa collana, non è mia, è di tua madre e prima ancora era di tuo padre, lui gliela ha lasciata in possesso quando hanno dovuto dividersi, e lei la conserva ancora dopo tutti questi anni" disse lei guardandola nelle mie mani e parlando con voce tremante.
"Ma perché mio padre aveva in possesso questa collana, insomma, lui era una guardia reale, come mai aveva un gioiello di Jackson? Non capisco" dissi io ancora più confusa. Magari c'è stato un tempo in cui lui l'aveva quasi catturato.

"Apri gli occhi, Lucy, tuo padre non è chi ti hanno raccontato, non era una guardia reale. È John il tuo vero padre" disse lei poi accarezzandomi con una mano la guancia in segno di compatimento. Sbarrai gli occhi. "C-cosa? No. Insomma è impossibile" dissi io ridendo e pensando che lei si stesse prendendo gioco di me. "No mia cara, ciò che ti hanno raccontato erano tutte buie, tua madre lo faceva pensando di proteggerti ma sapevo che si sbagliava" disse fermandosi e tirando un lungo sospiro "Il tuo nome è Lucy Jackson, sei figlia del pirata Jhon Jackson e io ne sono la madre" il mio sorriso svanì e lei abbassò il suo sguardo.

" I-io....è impossibile" continuavo a ripetere "Mamma non mente mai, non a me"
"Ma questa volta invece, ti ha mentito. Io e tuo nonno volevamo da anni dirti la vera identità di tuo padre ma lei non voleva, ci ha proibito di parlare di lui" disse lei e sentii quel pizzico di rabbia nei suoi confronti. Le lacrime iniziano a nascere dai miei occhi, così scappai. Corsi in camera, mi buttai sul letto cercando di calmarmi, giocai con le Rossellini del vestito perdi trovare una via di sfogo, finchè non mi addormentai. Mezz'ora dopo da sveglia cercai di riaccendere il cervello, mi asciugai le guance e pensai al da farsi. Dovevo andarmene, dovevo allontanarmi da quella casa e da quelle bugie, mi era stata nascosta una parte di me, il mio cognome, le mie origini, mio padre e io dovevo conoscere tutto questo. Volevo delle risposte, ma nessuno in questa casa me le avrebbe date, mi avevano mentito fino a quel momento, potevano farlo di nuovo. Scesi le scale, nessuno si era accorto della mia assenza, diedi un bacio a mia nonna e cercai di uscire, ma proprio quando ero sullo stipite lei si mise davanti e disse "Che vuoi fare Lucy?" "Andare a cercarlo, voglio trovarlo e conoscerlo, devo avere le mie risposte" dissi ancora con la voce rotta dal pianto.

"Bhe, di certo non sono io colei che ti fermerà, vai tesoro, e stai attenta" disse e poi avvicinandosi ancor di più a me in un abbraccio, per non farsi sentire dagli altri, disse "barca El Mundo" 
Mi avvicinai al porta e senza dire niente a nessuno ma soprattutto, senza farmi vedere, presi il mantellino con il cappuccio grigio che era attaccato all'ingresso e, con ancora indosso il mio vestito rosa pesca, uscii di casa sbattendo la porta e facendo rumore, nessuno se ne accorse, tutti erano intenti a sentire mio zio che canticchiava canzoni marinaresche.

Appena uscita alzai il cappuccio e iniziai a correre a testa bassa, non volevo essere riconosciuta, cosa difficile con quel vestito appariscente. Correvo come una matta continuando a guardarmi indietro quando distratta urtai qualcosa, o meglio qualcuno, non ricordai bene come accadde ma caddi perdendo l'equilibrio e così pestai la testa. Sdraiata sulla ghiaia, iniziai a perdere i sensi per il colpo ricevuto, iniziai a vedere tutto offuscato. Una persona con una faccia conosciuta si presentava davanti a me, era un ragazzo, che conosceva il mio nome e mi continuava a chiamare, ma non lo riconobbi poiché subito dopo divenne tutto buio.

- spazio autrice -

Chi sarà il ragazzo che incontra Lucy? Sono curiosa di sapere chi indovina, non barate però andando a vedere nei prossimi capitoli eh haha

Come ve lo immaginate questo temuto pirata, ma soprattutto, dove si troverà ora? Avreste fatto come Lucy, e quindi sareste scappati oppure avreste chiesto spiegazioni? Siete più impulsivi oppure ragionevoli?

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