VI

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Edmund si sveglió per il turno di guardia e si mise seduto cercando di non ricadere tra le braccia di Morfeo, lí, si mise a guardare una figura dolcemente illuminata dalla luce del fuoco morente.
Gli occhi puntati verso il basso con le lunghe ciglia che parevano sfiorare delicatamente il viso, le sopracciglia leggermente agrottate mentre le mani erano intente a pulire con un canovaccio una spada. Aveva spalle larghe e braccia forti, da cosí distante somigliava al corpo di un uomo, il volto di un uomo. Fece qualche passo a gattoni verso quella strana immagine che aveva dinanzi, sentiva di aver bisogno di conoscere cosa si celava lí dinanzi al fuoco. Lunghi capelli neri incorniciavano quel viso che aveva smesso d'esser accigliato, una folata di vento estinse la flebile fiamma del fuoco permettendo alle lune di illuminare quella figura che riconobbe come: la Luna.
In quell'attimo due occhi di liquido argento lo guardarono, lui si perse in essi mentre il suo corpo ribolliva e il cuore scalpitava contro il petto; ogni fibra del suo corpo desiderava avvicinarsi sempre di più, come se la Luna lo stesse chiamando a sé. Quel volto cosí etereo, quello sguardo dolce e gentile avvolto dai capelli che venivano mossi dal vento lo persuadevano come l'oppio ai malati. Non riusciva a toglierle gli occhi di dosso; era meravigliosa... era la luna discesa tra i mortali in forma umana. Sentiva il viso caldo mentre l'argento di quegli occhi incrociavano i suoi. Fece per avvicinarsi ancora, perché bramava quella luce, aveva bisogno di lei... ma tutto svaní in un batter di ciglio.
Edmund alzó il capo da terra estremamente confuso, ancora immerso nel buio della notte e nella luce del fuoco, si guardó e cercó di capire cosa fosse appena accaduto, ricordó di essersi svegliato e ne era certo, ma non di essersi mosso, eppure era in ginocchio rivolto verso il fuoco.
Poi capì, alzó lo sguardo verso il fuoco e lí la vide; intenta a pulire la spada con un lembo del vestito, illuminata dalla flebile luce del fuoco e da quella delle due lune che iniziavano a far capolino dalle fronde degli alberi. Guardandola provó tutto ció che il sé del sogno aveva percepito e la vergogna l'assalí, speró che lei non avesse visto nulla e che quello sguardo fosse stato solo frutto delle sue fantasie, provò a riaddormentarsi ma la sua voce lo raggiunse.
<<Edmund>> suonó premurosa e delicata, si voltó di nuovo verso di lei cercando di nascondere le palesi gote rosse: <<tutto bene?>> annuí e si stese di nuovo per evitare di guardarla ancora, non perché non volesse, anzi, ma l'orgoglio lo frenava, l'imbarazzo... qualcosa che non sapeva descrivere. La stessa cosa che l'aveva fermato quel mattino, forse era paura ma a stento comprendeva cosa temesse.
<<é il tuo turno di guardia, che fai?>> Continuó Leysa congelando Edmund con quelle parole. Si alzó lentamente e la raggiunse dopo aver preso una quantità di coraggio immonda.
<<sicuro di star bene? Sei crollato con il viso sull'erba>> lui cercó di non incrociare lo sguardo e si sedette come richiesto da lei. <<Si. Avevo solo bisogno di qualche minuto in più di sonno>>
<<puoi riposare ancora se ne hai bisogno, io posso stare impiedi un altro po>> <<non preoccuparti, riposa, ne hai più bisogno tu>> la conversazione si congeló per qualche attimo e Leysa notó di nuovo il rossore sul delicato viso di Edmund ma continuò a non capire il perché e anche il motivo di quello sguardo dolce di poco prima.
<<Di che parlavate tu e Peter? Prima che mangiassimo>> Domandó Leysa curiosa, sembrava un discorso particolarmente animato <<nulla di particolare, ricordavamo alcune parole del Signor Castoro, o almeno parole che sono state dette ai miei fratelli... al tempo ero troppo impegnato>> <<ovvero?>> <<raccontava sempre come non ci fosse da fidarsi di chi sembra umano ma non lo é>> Leysa annuì stringendosi le ginocchia al petto <<non l'avevo mai sentita prima d'ora comunque>> continuó Edmund e Leysa capì l'argomento principale della conversazione tra i due e chiuse gli occhi per qualche attimo per respingere le lacrime e riprese a guardare il fuoco.
Poco dopo Edmund riuscí a guardarla e gli si scaldó il cuore vedendola così rannicchiata con gli occhi luccicanti, sorrise lievemente vedendola cosí genuina e vicina. Inizió a capire come qualcosa tra di loro stesse iniziando a cambiare, lentamente non facevano che conoscersi più a fondo, una nuova porta si stava aprendo e lui la vedeva, ma ne ignorava il significato per lo stesso motivo che lo frenava per tutti quegli anni.
Leysa prese un respiro profondo e si stese sull'erba, Edmund invece sfoderó la spada e inizió a pulirla con non troppa cura, era ancora assonnato e stordito.
<<ho qualche dubbio su questo Caspian>> inizió Leysa portandosi una mano al petto <<che genere di dubbio>> <<stiamo andando a dare sostegno alla sua causa, lui vuole il suo trono...>> <<Trumpkin dice che ha suonato lui il corno, se conosce la magia non credo sia come chi l'ha preceduto>> <<é un uomo di Telmar, hanno ucciso questa terra senza ritegno, ho perso fin troppi compagni per la loro sete di conquista... non mi fido Edmund>> <<ma lui non ha messo mano in ció che è stato fatto milletrecento anni fa, non ha colpe, sará lui a redimere il suo popolo da questi secoli oscuri>> <<non credo sará abbastanza per compensare i soprusi>> concluse Leysa con quasi un filo di voce. Lui si voltó a guardarla e improvvisamente nella sua mente tornó il ricordo di quel mattino in cui la trovarono in una pozza di sangue, ricordava ancora bene quanto vederla in quello stato lo fece soffrire. Non l'aveva mai vista in quelle condizioni e quel giorno nel suo cuore si aprí una voragine: la possibilità che la Comandante potesse vacillare.
<<Come ti senti?>> Domandó senza toglierle lo sguardo di dosso; <<riguardo cosa?>> <<Quella ferita..>> <<Mi ferisce più aver perso tutto che il dolore fisico, proteggere questa terra é il mio dovere. Avrei preferito morire che continuare a vivere nel rimorso e nella sofferenza di non aver portato a compimento il mio dovere. Almeno nella morte non mi avrebbe seguita>>
Edmund non proferí parola, sentì un peso sul cuore talmente forte da non poter aprir bocca... non poteva, non voleva pensare a uno scenario simile. Non avrebbe mai accettato la morte di qualcuno della sua famiglia, non avrebbe potuto sopportarlo.
<<mh>> fu l'unico suono che uscí dalla bocca di Edmund, si volse di nuovo verso il fuoco e si rannicchió su se stesso continuando a fissare la fiamma ormai morente, smise di curare la sua spada per abbandonarsi allo scorrere dei pensieri e farsi sopprimere dalla preoccupazione.
<<L'ora si fa tarda per me, riposerò>>

Qualche ora dopo Peter si destò dal sonno stranamente dolce e si mise seduto sul suo giaciglio, si guardò intorno e notò la mancanza di qualcuno, sfregò gli occhi e si gettò sul fratello, lo scosse freneticamente, lo chiamò svariate volte finchè non svegliò lui e Leysa.
<<Che succede Peter..?>> farfugliò il corvino con gli occhi ancora chiusi <<Peter, sembra tu abbia visto un fantasma...>> <<Lucy non c'è>> Edmund scattò impiedi e guardò verso il giaciglio della sorellina e si rivolse verso la Comandante che sembrò intenta ad udir qualcosa. Il suo corpo si mosse come un felino a caccia. Mosse il capo con un lieve scatto verso il cuore della foresta e sfoderò la spada.
<<Che diamine succede...>> mugugnò Susan svegliandosi lentamente <<Lucy non fa rumori di minotauro... Non ho idea di chi siano ma vale la pena scoprirlo>> Avanzò verso la foresta e venne seguita a ruota dagli altri.
Si infilarono in un sentiero poco battuto e proseguirono finchè in videro Lucy di spalle pronta ad avvicinarsi ma Peter passò avanti e fermò la piccola sorella. Le mise una mano sulla bocca e le mimò di aspettare in silenzio e sfoderò la spada.
Susan lo guardò e si portò una mano sulla fronte decisamente stanca di questo comportamento del fratello. Peter si gettò verso l'unico umano che aveva dinanzi e iniziarono un breve scontro e Lucy si guardò intorno notando gli sguardi sconcertati degli abitanti di Narnia e allora capì: quello era Caspian.
La spada di Peter si conficcò nella corteccia di un albero, la lasciò per prendere un masso da terra, l'altro ragazzo riusci a scardinarla ma si dovettero fermare.
<<Smettetela!>> Esclamò Lucy infastidita e allora si intromise anche la Comandante: <<Sire, non è così che Oreius ti ha insegnato a batterti! per rispetto e onore della sua anima posa quel masso e combatti come il figlo di Adamo che sei>>

Il nome di Oreius scosse i centauri che si misero tutt'orecchi e la squadrarono.

Il ragazzo deglutì sonoramente e guardò la spada che teneva tra le mani, poi alzò il capo verso la compagnia: <<Voi siete i Re e Regine d'un tempo...>> <<E tu devi essere Caspian vero?>> Rispose Peter <<Vi immaginavo... più vecchi>> farfugliò Caspian provocando un'occhiataccia di Peter <<E' che vi credevo... diversi>> continuò guardando Susan con uno sguardo più dolce. <<Anche tu, ti immaginavamo più vecchio>> ribattè Edmund con la sua solita lingua tagliente.
<<Se è possibile sapere... voi chi siete? Giuravo foste quattr->> i centauri si intromisero fermando Caspian, a prender parola fu Glenstorm: <<Noi, coloro che hanno il dovere di osservare il cielo, abbiamo visto brillare sulla volta notturna la funesta stella Titania, vicina ad Halabill, Regina della Guerra. Il firmamento e le sue stelle non mentono mai, Titania, Regina delle Fate è giunta in soccorso di questa terra come la sua stella di cattiva sorte ci ha detto>> Quelle parole sembrarono soddisfare i dubbi di alcuni, ma il tono sicuro e saggio della creatura non resse a lungo incrociando gli occhi della Comandante.
<<Non ci avevi mai detto di essere una regina!>> Esclamò Lucy entusiasta.
La voce di Leysa tuonò per tutta la foresta raggelando il sangue nelle vene di tutti. Puntó la spada contro il centauro che fece un passo indietro, gli occhi di lei erano iniettati di rabbia e allo stesso modo di confusione, non capiva come potessero aver ricollegato quel nome a lei.
Non poteva udire quel nome ancora, l'odiava.
Non poteva permettere che quel nome si diffondesse anche tra i narniani.
<<Osa utilizzare ancora quell'appellativo nei miei confronti e i tuoi occhi non vedranno più il tuo amato cielo>> decretó con una voce che nessuno prima d'ora tra i fratelli Pevensie aveva udito, cupa e minacciosa, simile al gorgoglio tetro di un drago.
Aveva i muscoli tesi e gli occhi ancora fissi e intimidatori, il silenzio si stese intorno a loro mentre una flebile brezza smuoveva i suoi lunghi capelli intorno al viso.
Glenstorm fu sinceramente impaurito, benché non avesse la sua arma tra le mani quegli occhi del colore della sua stella inquietavano il più forte dei cuori. Vacilló dinanzi a lei.
Caspian dubitó qualche attimo ma la curiosità superó la paura e con gli occhi sognanti le chiese ancora: <<Chi siete... qual è il vostro nome?>>  <<Leysa – Ripose la spada nel fodero e sembró calmarsi ma non distolse lo sguardo un solo secondo dal centauro – Comandante dell'Esercito di Narnia>>

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𝑺𝒐𝒍𝒖𝒎 𝒊𝒏 𝑴𝒐𝒓𝒕𝒆𝒎 𝑭𝒊𝒏𝒊𝒂𝒕 𝑶𝒇𝒇𝒊𝒄𝒊𝒖𝒎 ● abt Edmund PevensieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora