Capitolo 10

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Quella di Harry divenne un'abitudine. Ogni giorno, dopo scuola, lo trovavo appoggiato al cofano della sua auto ad aspettarmi. Tra i miei amici c'era chi mi guardava storto e chi mi guardava con invidia, ovviamente non mancavano gli sguardi maliziosi di Eleanor. Da quando aveva visto Harry per la prima volta non la smetteva di assillarmi, chiedendomi come ci eravamo conosciuti e dicendomi quanto mi invidiasse. E probabilmente anch'io al posto loro lo farei, perché Harry era bello da morire ed era affascinante, con i suoi anelli alle dita e il suo libricino che custodiva gelosamente nel cassetto del suo comodino. Lo avevo notato quando con eccitazione avevo aperto il cassetto in cerca di un preservativo e alla fine, quando entrambi sfiniti e nascosti sotto le coperte calde del suo letto, gli avevo chiesto cos'era. Mi aspettavo una risposta evasiva, come al solito, perché da quello che avevo capito non amava parlare di sé, ma con mia grande sorpresa me ne parlò, come se fossi un suo vecchio amico, come se sentisse che poteva fidarsi di me. La consapevolezza che lui iniziasse ad aprirsi a me mi aveva investito come un treno in corsa e non mi sforzai nemmeno di nascondere il sorriso che nasceva ogni volta che ci pensavo. Perché tutto quello che facevamo Harry ed io era sesso, una montagna di sesso, mi ero reso conto da solo che di lui conoscevo poco e niente e lui conosceva poco e niente di me. Ma quella sera si era aperto, aveva parlato e sopratutto, si era fidato. Mi disse che quel libricino era una sorta di diario segreto per lui e che anche quando l'ultima pagina bianca sarebbe stata macchiata dall'inchiostro della sua penna elegante, lo avrebbe bruciato. Mi aveva raccontato che scriveva diari segreti da quando aveva sedici anni, quando sua mamma morì. Non si soffermò più di tanto su quell'argomento, né volli io infierire e rendere la situazione scomoda ad entrambi, ma qualcosa dentro di me si era piegato su se stesso. Mi dispiaceva per lui perché sapevo bene che la prima cosa di cui aveva bisogno nella propria vita un ragazzo adolescente era proprio la mamma. Quel giorno lo toccai per la prima volta, ma non nel modo in cui facevo sempre quando facevamo sesso, ma in modo più profondo. Cercavo di trasmettergli qualcosa, forse sicurezza, accarezzandogli la pelle del braccio con la mano.
E alla fine, quando avevamo spento le luci e ci eravamo dati la buonanotte, lo sentii più sollevato ed il tremolio che si era impossessato del suo corpo era sparito. Forse anche Harry Styles aveva un cuore.

«Louis smettila di toccare le mie cose» mi rimproverò, sbuffando e passandosi una mano tra i ricci selvaggi.
Sbuffai e mi buttai su una delle due poltroncine in pelle bianca dell'ufficio.
«Ma io mi annoio».
Posai una gamba sul bracciolo, facendola dondolare, mentre Harry continuava a guardare fogli e annotare cose su altri fogli.
Lo avevo accompagnato a lavoro, perché ero convinto che sarebbe stato eccitante, ma tutto quello che mi ero ritrovato a fare era girovagare per l'enorme ufficio e toccare cose, libri, foto e a starnutire per l'incredibile quantità di polvere che riposava sugli scaffali beatamente. Dico, ma la gente non dovrebbe pulire?
«Dovresti pulirlo ogni tanto questo ufficio, il mio naso sta per staccarsi» starnutii di nuovo.
Lui ridacchiò per poi ricominciare ad ignorarmi. Buttai la testa indietro gonfiando le guance e proprio quando iniziai a sentire la testa pulsare per la posizione scomoda, Harry si alzò dalla sua poltrona.
«Forza rompipalle, alzati, andiamo a fare la merenda» mi schernì.
Decisi di ignorare la sua frecciatina, seguendolo come un cane fedele. Almeno non avrei più respirato quell'aria piena di polvere.
«Te lo hanno mai detto che sei una spina nel fianco?» chiese, inserendo delle monetine in una macchinetta.
«No, tu sei il primo» sorrisi «ma in mia difesa dico che sono le circostanze a richiederlo» posai le mani sui fianchi.
Harry si piegò sulle ginocchia ed estrasse dalla macchinetta un pacchetto di patatine, che non tardò a lanciarmi addosso. Per fortuna riuscii ad afferrarlo prima che cadesse a terra.
«Certo, ed immagino che sono io la circostanza».
Inserì altre monetine nella macchinetta a fianco, per poi guardarmi e ridere del mio disperato tentativo di aprire quel maledetto pacchetto di plastica.
«Sei adorabile».
Arrossii violentemente, fermando le mani e lasciando cadere a terra il pacchetto. Lui si avvicinò, lentamente, guardandomi negli occhi. Deglutii a vuoto quando il suo naso toccò il mio e le sue dita riportarono all'ordine la mia frangetta.
«Amo quando arrossisci» mormorò sulle mie labbra.
E c'eravamo quasi, mancava un soffio e avrei sentito il peso diventato ormai familiare delle sue labbra sulle mie, quando sentimmo qualcuno tossicchiare.
Mi allontanai di scatto, imbarazzato, quando la stessa voce di prima scoppiò in una sonora e sentita risata.
Nick.
«Ma bene, il piccolo scout è venuto a farti visita?» sorrise ad Harry che ridacchiò a sua volta.
Il modo in cui si comportava quando c'era Nick non mi piaceva, perché mi trattava male e si prendeva gioco di me. Quando eravamo soli era diverso, lui era un'altra persona.
«Quindi ora non sono più io il tuo preferito» mi squadrò da capo a piedi e cercai in tutti i modi di non farmi intimidire da un tale stronzo, ma mi sentii così giudicato e sotto i riflettori, che abbassai lo sguardo sul pavimento.
«Lascialo stare, dai» ghignò ritirando il suo caffè macchiato dalla macchinetta.
«Sembra così innocente, deve essere bello sbatterselo. Me lo presti qualche volta?» e a quel punto sentii le sue dita pizzicarmi una guancia. Mi scostai come scottato, indietreggiando e mentre mi voltavo per tornare nell'ufficio di Harry, li sentii ridere alle mie spalle.
Che grande testa di cazzo. Ma cosa pensava? Io non sono una puttana. Afferrai la mia giacca, sistemandola come meglio potevo, mentre sentii la porta dell'ufficio sbattere nuovamente.
«Cosa stai facendo?» mi chiese Harry.
Il pezzo di merda era tranquillo, come se non fosse successo nulla, come se non mi avesse appena deriso con il suo amichetto.
«Portami a casa».
«Scordatelo».
Deglutii ed impedii ai miei occhi di lasciar cadere le lacrime di frustrazione sulle mie guance. Non gli avrei mai dato questa soddisfazione. Mai.
«Non posso uscire dall'agenzia Louis, sto lavorando e non ho intenzione di accontentare un tuo stupido capriccio da ragazzino» si sedette sulla poltrona dietro la grande scrivania in legno liscio «ed ora siediti e smettila di disturbarmi».
Boccheggiai, stringendo i pugni. Ero sicuro che sarei scoppiato da un momento all'altro. Mi sentivo così piccolo e stupido. Harry era in grado di schiacciarmi come un moscerino sul cofano di una macchina e la cosa che più mi faceva incazzare, era che io mi facevo schiacciare da lui, sempre.
Serrai la mascella e a passo svelto uscii dall'ufficio, premurandomi di sbattere la porta. Uscii da quell'edificio enorme e pieno di piante e muri bianchi, stavo soffocando.
Una volta uscito decisi di seguire la strada verso la casa di Harry, da lì sapevo come raggiungere casa mia.
Ignorai il vibrare del mio telefono dentro la tasca per tutto il tragitto.

Teddy's corner:
Hey there, per vostra sfortuna sono ancora qui. Allora prima di tutto grazie mille a tutte coloro che leggono la storia e lasciano la stellina, davvero mi riempite il cuore di gioia.
Poi, che dire del capitolo? Spero vi sia piaciuto, perché a me come al solito fa cagare ahahahah ma va bene, basta blaterare. Continuo sempre a 16 stelline bimbe, almeno ho più tempo per scrivere.
Un bacio,
teddysphotos_ 🌸

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