Capitolo 3

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Avete presente quando un pensiero rimane fisso nella vostra testa per ore e ore, ma siete talmente concentrati a pensare che non vi accorgete del mondo che va avanti? Non vi accorgete che il cielo splendente è diventato di una tonalità più scura, che gli uccelli hanno smesso di cantare e che i lampioni delle strade hanno iniziato ad acendersi?
«Louis ha completamente abbandonato questo pianeta».
Il mio, di pensiero fisso, era uno. Uno soltanto. Un pensiero che innescava una bomba all'interno del mio corpo. Faceva contorcere il mio stomaco in una morsa dolorosa, per poi rilasciare tante piccole farfalle che svolazzavano nel mio apparato. Le mie gambe diventavano molli, di gelatina, mentre le mie mani iniziavano a sudare, freddissime.
«Louis?».
Il mio pensiero fisso erano dei capelli ricci e delle labbra carnose alla ciliegia. Erano delle mani enormi, calde e soffici. Erano delle fossette adorabili che incorniciavano un sorriso mozzafiato. Il mio pensiero fisso erano delle gambe magre e chilometriche, da mordere ovunque.
«Louis stiamo parlando con te, ci sei?».
Il mio pensiero fisso era Harry Styles. Quel maledetto uomo d'un pezzo, con la sua giacca costosa e il suo Hugo Boss sul collo.
«Louis! Adesso basta».
Fu l'ultima cosa che sentii, di quella voce ovattata che raggiunse le mie orecchie, quando un bicchiere d'acqua gelida venne rovinosamente rovesciato sopra la mia testa.
Cacciai un urlo, alzandomi con velocità.
«Ma sei pazza?».
Niall rise portando una mano a coprirsi la bocca, mentre l'altra era impegnata a battere rumorosamente sopra il tavola della cucina.
Passai una mano tra i capelli bagnati, rabbrividendo.
«Sei pazza, cazzo, pazza».
«Non ci stavi ascoltando, pirla, così impari».
Eleanor Calder, una pazza squilibrata che mi ostinavo a chiamare amica. Con i sui capelli color cioccolato, il corpo snello e in forma, le dita lunghe e fini, le labbra gonfie al punto giusto e gli occhi nocciola che potevano abbindolare chiunque, era entrata nella mia vita da ormai quattro anni. Era la figlia del capo di mio padre, "grandi amici" diceva sempre mia madre, se sgobbare per qualcuno e tremare ogni qualvolta lo si vedeva possa essere chiamata amicizia.
«Ero soprappensiero. Questo non ti permette di rovesciarmi dell'acqua gelata sulla testa. Cazzo, siamo a dicembre! Fa un tale freddo».
Incrociai le braccia al petto, guardandola con cipiglio alzato.
«Stronza».
Rise toccandosi il naso con l'indice, in un gesto automatico.
«Scommetto che pensavi a quel frocetto pieno di soldi e il muso sporco di polvere bianca».
Niall alzò un sopracciglio guardandomi. Il suo sguardo accusatore mi mise in soggezione per un attimo. Sì cazzo, pensavo a lui, cosa c'era di male? Erano passati solo tre giorni, avevo o non avevo il diritto di tenere al segreto il ricordo di me ed Harry intrecciati in mezzo a delle coperte?
«Sei un malato del cazzo, Louis! Sono passati tre fottuti giorni, vai avanti. Lo sai che dopo essere andato a letto con Nick, l'amico del riccio, me lo sono fatto succhiare da un altro? E probabilmente anche Nick e anche Harry!».
Scossi la testa a quelle parole. Evidentemente no, non ne avevo il diritto.
«Te lo dico da amico, vai avanti».
Era tanto facile per lui. Come potevo se ogni fottuta volta che chiudevo gli occhi risentivo le sue mani sul mio corpo? Le sue labbra ovunque e la sua lingua in posti del mio corpo che neanche io conoscevo. Quegli occhi che mi guardavo come se fossi il diamante più bello fra tutti, il tesoro più lucente. E quando avevo ragiunto l'orgasmo (il primo di una lunga serie, quella sera) era come se avessi bevuto due litri di acqua dopo una corsa nel deserto. Un turbine di emozioni avevano raso al suolo la mia ragione e il mio controllo. Avevo urlato il suo nome, come lui mi aveva chiesto di fare, ansimante. Avevo spalancato le mie gambe per fargli succhiare con dedizione il mio cazzo che non aspettava altro che le sue labbra gonfie. Mi ero aperto a lui come mai prima e avevo lasciato che uno sconosciuto conoscesse il mio corpo e scoprisse ciò che mi faceva impazzire.
Come potevo, quindi, dopo tutto ciò semplicemente dimenticarlo?
No, non potevo. E non lo avrei fatto.
«Stanne fuori Niall, non siamo tutti delle puttane come te».
Forse ero stato troppo duro nei suoi confronti, perché abbassando lo sguardo sul tavolo aveva afferrato la sua bottiglia di Cola e aveva tracannato il liquido, fino all'ultima goccia restante. Sapevo di aver esagerato, sapevo del passato e del presente e probabilmente, del suo futuro, ma in quel momento sembrò non importarmi. Ero ancora troppo impegnato a pensare ad Harry Styles.

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