Capitolo 13

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"L'amore è un bellissimo fiore, ma bisogna avere il coraggio di coglierlo sull'orlo di un precipizio."

Chiusi quasi con ferocia il libro di filosofia che tenevo appoggiato sulle gambe, ed incrociai le braccia al petto come un bimbo a cui avevano rubato le caramelle. I miei occhi si posarono - come da due lunghi giorni ormai - sul mio telefono, come una farfalla si posava sopra un fiore. Mi morsi il labbro inferiore, sbuffando, quando notai con triste consapevolezza che nessuno mi aveva cercato. Erano passati due giorni da quando avevo saputo di essere "nessuno" per Harry e durante questi due lunghi giorni, avevo aspettato una sua chiamata. Non che mi aspettavo che si scusasse con me, perché non lo avrebbe mai fatto, ma almeno inventarsi qualche scusa giusto per far placare i miei pensieri soffocanti, quello sì. Mi accorsi anche di quanto fosse nocivo per me, quell'uomo. Non riuscivo più a studiare, perché non appena finivo di leggere - di solito mi fermavo a due righe, tre se ero fortunato - i miei pensieri ritornavano su di lui. E mi odiavo, mi odiavo con tutto il cuore, perché nonostante tutto io ero lì ad aspettarlo. Anche se ero nessuno. Anche se non gli importava neanche un po' di me.
La tentazione di chiamarlo era tanta, troppa, tanto che per impedire a me stesso di rendermi ancora più penoso, mi ero costretto a spegnere il telefono per ore. Avrei voluto tanto spegnere il mio cervello o i miei sentimenti; sarebbe tutto più facile se ci fosse una specie di manopola emotiva e sentimentale in ogni uomo.
Chi era quella donna. Dalla voce sembra una donna giovane, e bella. Ero sicuro che Harry si fosse portato a casa una modella, con delle gambe lunghe e snelle, due tette e un culo da paura. Come potevo anche solo pensare di competere con una così? Io ero basso, avevo il culo grosso e la pancetta. I capelli disordinati, la barba sulle guance e le mani piccole. Perdevo in partenza, era evidente.
Sicuramente si era stancato di me, mi aveva scopato già troppe volte secondo i suoi gusti. Mi avrebbe gettato via, di nuovo. E si sarebbe dimenticato di me, di nuovo.
Sentii un dolore alla bocca dello stomaco che mi mozzò il fiato. Incrociai le gambe e posai la testa tra le mani, mentre i gomiti puntellavano sulle mie cosce.
«Esci dalla mia testa, cristo» sussurrai.
Non sapevo bene a chi, forse ad Harry o forse alla vocetta nella mia testa che mi gridava "ti ha buttato via".
Da quando ero diventato così debole? Da quando mi facevo sottomettere in questo modo?

Da quando hai conosciuto Harry.

Sbuffai, ancora, perché quella era l'unica cosa che potevo fare. Perché non riuscivo a trovare una ragione per poter zittire la vocetta nel mio cervello.
Magnifico, ero anche schizofrenico!

«Lou».
Sentii mia madre bussare una seconda volta ed una terza, sussurrando il mio nome.
Non aveva fatto domande quando, ritornato a casa con gli occhi rossi e le guance umide, avevo sbattuto la porta e mi ero rifugiato in camera mia. Non ero sceso neanche per mangiare, perché le lacrime scendevano in modo troppo veloce e furioso, che non mi lasciavano neanche il tempo di prendere fiato e respirare.
Il giorno dopo mi aveva sorriso e al mio solito posto c'era un piatto con delle uova ed il pane tostato, la mia colazione preferita, ma pur non avendo fame avevo buttato giù qualcosa. Solo per ringraziarla.
«Lou, io sto andando ad accompagnare le gemelline a danza. Poi vado da tua nonna. Ti serve qualcosa in particolare?» chiese.
La voce dolce e comprensiva. Sapevo che si stava mangiucchiando l'unghia dell'indice anche se c'era una porta a dividerci.
Mugugnai un semplice "no", chiudendo gli occhi. E non riuscii a sentire cosa disse o se rispose, ma quando mi risvegliai trovai una coperta calda a coprirmi il corpo rannicchiato.

Il quinto giorno di silenzio fu quello decisivo. Capii che Harry si era dimenticato di me e cercai di vederla come una cosa positiva. Potevo chiarire con Dan e parlare con Niall, usando la scusa del "mi ha spezzato il cuore" per convincerlo della mia innocenza. E potevo vivere serenamente senza farmi i fottuti complessi del cazzo.
«Questo maledetto armadietto mi sta facendo dannare» grugnì Liam.
Posai i miei libri nel mio armadietto, un po' più in là del suo, per poi chiudere l'anta di metallo e sorridere.
«Devo andare in segreteria e chiedere di cambiarmelo».
Gli tirò un pugno e magicamente - forse - questo si aprì.
Sorrise soddisfatto, per poi posare i suoi libri e prenderne altri.
«Allora, mio caro Payne, devi raccontarmi un po' di cose» alzai un sopracciglio, guardandolo.
Lui corrugò la fronte, ma poi sembrò che avesse capito a cosa mi stessi riferendo, perché le sue guance si colorarono di rosa.
«C'è stato un ritorno di fiamma tra te e il tenebroso?» ridacchiai.
Lui si guardò intorno per controllare che nessuno avesse sentito, poi riportò gli occhi su di me.
«È difficile resistergli okay?» si mordicchiò il labbro «sopratutto quando usa quella sua sensualità che mi fa girare la testa. Non puoi capire come ti scava a fondo con quegli occhi così scuri e... e poi le sue mani» gesticolò.
Ero felice per lui, in un certo senso. Anche se Zayn doveva sposarsi, ed era un grande stronzo sia nei riguardi della sua futura moglie e sia nei riguardi di Liam, lo faceva stare bene. Lo avvertivo dalla sua voce, dal suo sorriso e dal suo buffissimo modo di gesticolare. Era adorabile.
«So che è sbagliato, ma io voglio godermelo fin quando ne avrò la possibilità».
Annuii, abbassando lo sguardo sulle mie scarpe.
Quanto volevo che Harry tenesse a me quanto Zayn teneva a Liam. Perché Zayn di sentimenti per Liam ne provava, ne ero certo. Non avrebbe messo mai a rischio il suo matrimonio per un diciottenne conosciuto una sera in un pub, mai.
«E tu? Hai detto a Niall di quello che hai fatto?» chiese.
Chiuse il suo armadietto con gesto solenne, prima di appoggiarsi sopra con una spalla. Mi guardava con quegli occhioni marroni e limpidi, curioso.
Sospirai «no ma ho intenzione di farlo. A quanto pare Dan non ha aperto bocca».
Posai la schiena agli armadietti, cercando di - come facevo ormai da una settimana - reprimere i sentimenti che mi stava logorando l'anima.
Perché devo stare sempre male?
«Meglio, almeno potrai dirglielo tu e non si incazzerà troppo».
Annuii, abbassando lo sguardo sulle mie mani, quando «chi dovrebbe incazzarsi con chi?» la voce irlandese del biondo proruppe tra noi.
«Nulla, nulla» mi sbrigai a dire e lo convinsi, forse perché leggevo nei suoi occhi un'eccitazione strana. Stava per dirci qualcosa, ne ero certo.
«Va bene Lou, ma indovinate chi è stato invitato alla festa dei beta?» allargò le braccia e sorrise trionfante.
Grugnii. L'idea di una festa mi dava il volta stomaco. Non ero proprio in vena. Volevo solo deprimermi sul mio lettone e magari mangiare cioccolata, tanta cioccolata. E magari finirmi un pacchetto di sigarette e fumarmi qualche canna. Sì, decisamente molto meglio.
«Quando?» chiese Liam.
«Questa sera, è venerdì» rispose il biondo «invita anche il moro, mi ha chiesto di invitare gente».
Liam annuì ed io sbuffai «non so se mi va tanto» guardandomi le mani.
Niall si accigliò, scrutandomi con quegli occhi blu come il cielo. Mi intimorì, a dir la verità, mi stava leggendo.
«Non mi interessa musone, tu verrai con noi» incrociò le braccia al petto ed era così buffo che sorrisi, veramente.
«E ti farai una scopata, non ti vedo uscire più con nessuno. Non è che mi sei diventato etero?».
Scoppiai a ridere, seguito da Liam. Adoravo Niall. Riusciva a farmi ridere anche quando era l'ultima cosa al mondo che volevo fare.
Alzai gli occhi al cielo, notando il suo labbro inferiore buttato all'infuori e le sue palpebre battere ritmicamente.
«E va bene».
Guardai il lato positivo, mi sarei ubriacato.

La musica batteva assordante nel mio cervello, mentre in una mano tenevo ben stretta la mia quarta birra e nell'altra tenevo tra le dita una canna quasi finita. Avevo passato le prime due ore stando seduto sul divanetto in pelle di quella casa davvero troppo grande per sole tre persone. Guardavo la gente divertirsi ed ubriacarsi, fumare e distruggere cose, ridere senza un motivo ben preciso, magari per un amico appena inciampato sui suoi piedi troppo ubriaco anche per camminare, ma quando notai chi varcò quella maledetta porta, quando notai la sua mano stretta intorno ad un'altra più piccola e femminile, allora mi uniformai. Saltai dal divano come se questo avesse preso fuoco improvvisamente e rimasi immobile per quelli che furono due minuti buoni. Cercai invano di stropicciarmi gli occhi, girando lo sguardo per cancellare quell'immagine che si era ormai memorizzata nel cervello, ma peggiorai la situazione. Quindi corsi in cucina, come se mi mancasse il fiato e le pareti mi stessero schiacciando pian piano sempre di più. Sospirai, perché lui era lì, Harry era lì ed aveva compagnia.
Buttai giù uno, due, tre, quattro, cinque e forse sei bicchierini di qualche merda che mi stavano rifilando, urlandomi "giù in un soffio Lou". Bevvi la mia prima birra felicemente, perché la presenza di Harry non era più così fastidiosa come prima. Fumai la prima canna molto più a mio agio, sentendo la tristezza abbandonare il mio corpo lentamente. E poi si presentarono la seconda e la terza birra, ma ero talmente fuori di me e completamente ubriaco che neanche mi accorgevo quando arrivavo all'ultimo goccio e ne afferravo un'altra. Notai Liam e Zayn ballare in mezzo alla folla, attaccati l'uno all'altro, che si baciavano e si accarezzavano. Come se ci fossero solo loro sulla pista e tutto il resto era irrilevante. E fu proprio quando la nostalgia, seguita dalla rabbia e dalla tristezza, minacciarono di ritornare a galla sotto quei litri di alcool, afferrai la quarta birra e la terza canna per buttarmi in pista. Ballavo perché i miei freni inibitori erano andati a farsi fottere allegramente, perché non mi interessava se occhi di sconosciuti si posavano sulle mie forme e se qualcuno provava a ballarmi vicino. Non mi interessava, perché solo in quel momento percepii il suo sguardo sulla mia pelle. Volontariamente non mi girai, non volevo vederlo e fargli sapere quanto fossi ridicolo, no. Chiusi gli occhi e mi lasciai andare alle note di quella musica assordante, muovendo i fianchi a tempo, ma quando sentii due mani afferrarmi i fianchi e un corpo appoggiarsi alla mia schiena, spalancai gli occhi. Mi voltai, forse speranzoso, forse con un po' di timore, ma quando riconobbi la figura di Dan, sorridente, tirai un sospiro di sollievo.
Mi sfilò la bottiglia dalla mano, ridacchiando, e se la finì in due lunghi sorsi. Poi la buttò su un tavolino non troppo lontano e questa, inevitabilmente, si frantumò in mille pezzi. Nessuno ci fece caso, erano tutti troppo impegnati ad ubriacarsi per dimenticare.
Decisamente non sapeva cosa stava facendo.
Mi afferrò di nuovo dai fianchi e mi spinse sul suo corpo. Allacciai le braccia intorno al suo collo, iniziando a muovermi, mentre lui accompagnava i miei movimenti con le mani, palpandomi i fianchi paffuti in modo poco casto.
«Perché scappi da me Lou?» ansimò al mio orecchio.
Rilassai le spalle, facendomi trasportare dai brividi lungo la mia schiena e le sue mani gentili che mi toccavano.
«Non lo so. So solo che mi dispiace davvero tanto Dan».
Morsi il mio labbro inferiore, non sapendo più cosa dire. Ero ubriaco marcio e triste, era il momento meno indicato per pensare a delle scuse.
«Sh, non importa» strinse i miei capelli con una mano e li tirò indietro con delicatezza «però lasciati baciare Louis, perché sogno le tue labbra tutti i giorni».
E così fece. Attaccò le sue labbra alle mie, umide e fredde. Leccò le mie labbra come per chiedermi il permesso ed io dal canto mio le spalancai, permettendo alle nostre lingue di conoscersi per la prima volta. Fu un bacio lento, ma forse per tutto l'alcool che avevo bevuto o forse perché sentivo ancora lo sguardo di Harry sulla mia pelle, mi sentii terribilmente sbagliato. Quando le nostre labbra si divisero, le sue si tirarono in un sorriso, mentre io abbassa lo sguardo tossicchiando.
«Vado a prendere da bere» passai una mano trai capelli «aspettami qui».
Lo vidi annuire, prima di correre in cucina. Mi appoggiai al bancone e respirai profondamente chiudendo gli occhi. Buttai giù un altro bicchierino, quando una mano si posò alla base della mia schiena e «possiamo parlare?».
Ansimai sentendo la sua voce dopo una settimana.

Teddy's corner:
Sono tornata yeeeeeeeees!
Allora, superata questa settimana soffocante sono riuscita a dedicarmi al capitolo e pubblicare. Sono soddisfatta, sì. Che dire? Vi ringrazio tantissimo per le 28 stelline, grazie tantissimo! Siete state l'unica cosa positiva di questa settimana, davvero.
Mmmh, io penso di aver finito. Spero vi piaccia il capitolo e bo, alla prossima?
Se volete potete trovarmi su ask (devilouis) e su EFP (teddysphotos_).
All the love,
teddysphotos_ 🌸

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