Capitolo 15

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Inutile dire che il giorno dopo mi svegliai con un terribile mal di testa. Gemetti e farfugliai cose poco chiare anche per me stesso, cercando in tutti i modi di coprire il mio viso con il piumone caldo. Il sole illuminava ormai l'intera stanza, causando dolore fisico ai miei occhi stanchi, e riuscii a sentire i primi canti mattutini di uccellini deliziosamente fastidiosi.
Controllai l'orologio scostando la coperta e mi accorsi che erano già le dieci di mattina passate. Sbuffai come un bimbo imbronciato, stropicciandomi gli occhi con gesti stanchi e stirando poi le gambe. Sentii freddo non appena posai il piede destro sul pavimento, così mi strinsi nella felpa che avevo rubato ad Harry la sera prima - forse avevo dormito così bene grazie al suo profumo - e uscii dalla stanza. Sentii suoni di scodelle e cucchiaini che risuonavano al piano terra, mentre scendevo le lunghe scale bianche tenendo le braccia legate al petto, e quando entrai in cucina, capii di aver fatto una terribile enorme gigantesca cazzata. Sei paia di occhi si posarono sulla mia figura; Nick appoggiato al bancone, le braccia legate al petto, vestiti informali e occhiali da sole tra i capelli spettinati, mi guardava con la sua solita faccia da stronzo e l'espressione di chi ti sta per spiaccicare come una formica. Harry seduto a capotavola, maglietta a maniche corte bianca, cappellino di lana blu e occhi ancora assonnati, ed in fine seduta sulle sue gambe, Megan. Quest'ultima portava dei pantaloni neri aderenti, una maglietta bianca ed una felpa di circa dieci taglie in più.

La felpa di Harry.

Deglutii a disagio, sentendomi terribilmente stupido per aver preso la felpa di Harry senza permesso, sopratutto quando «quella è la mia felpa» disse lui.
La differenza tra me e quella spilungona dalle unghie gellate, era che lei sembrava carina e tenera dentro quell'indumento enorme, io sembravo una busta.
«Sì io, avevo freddo e non volevo disturbarti».
Vidi gli occhi di Harry posarsi pensierosi su Megan, come se si sentisse improvvisamente incerto se fare o non fare qualcosa, come se la mia presenza lo mettesse in difficoltà. Ma molto probabilmente era solo un'impressione, perché in meno di un minuto le parole di Harry si ripresentarono nella mia testa.
"Lei è molto di più".
Sentii Nick ghignare per poi «mi sono perso una festa a luci rosse ieri? Non mi chiami più per queste cose brutto stronzo?».
Il sangue mi si gelò nelle vene, sentendo di nuovo quella sensazione di panico mista a tristezza.
Ero stanco di sentirmi sempre inadeguato quando c'erano gli amici di Harry. Morsi il mio labbro inferiore per impedirmi di urlare, perché avevo un terribile mal di testa e volevo andarmene da lì, da lui. Non mi andava più di essere preso in giro, non ero la seconda scelta di nessuno e non volevo esserla, tantomeno quella di Harry. Ripensai alle sue parole e mi sembrò tutto così stupido e senza senso - se pensava di poter giocare con me in questo modo, beh, si sbagliava di grosso.
«Ti sei perso quello mio e di Harry, il bambino dormiva» ghignò Megan, toccando con due dita la guancia morbida di Harry, dove poco dopo comparve una fossetta. Non mi guardò, non ci provò nemmeno, e questo mi fece innervosire ancora di più. Tutto ad un tratto sentii caldo, la felpa a pesarmi addosso come una pelliccia, la fronte corrugata.

Avevano fatto sesso. Mentre io ero in casa. Mentre dormivo.

«Bambino a chi scusa?» azzardai, guardandola furioso.
Lei alzò un sopracciglio, sorpresa, mentre finalmente Harry si degnò di guardarmi. Sulla faccia di Nick si fece spazio un'espressione sorpresa, poi ridacchiò mormorando un «uuh».
Vidi Megan alzarsi graziosamente dalle gambe di Harry e avvicinarsi al mio corpo, mentre tamburellava fastidiosamente le sue unghie sul tavolo di legno.
Gonfiai il petto - non avevo nessuna intenzione di farmi intimorire da una donna - e alzai il mento per fronteggiarla.
«Tu, dicevo a te, bambino».
Deglutii a vuoto mentre cercavo di regolare il respiro. Non avevo mai litigato con una donna, né tantomeno con una donna adulta che aveva tutte le carte in regola per mandarmi al tappeto.
Lei avevo il cuore di Harry, io ero solo un corpo da usare. Lei era importante, io ero solo un nome.
Avevo perso già dall'inizio e desiderai di poter ritornare indietro di qualche minuto per impedirmi di risponderle.
Sentii Harry tossicchiare e notai il sorriso di Nick farsi sempre più largo.
«Non sono un bambino, sono maggiorenne. E invece tu? È una ruga quella?».
Fece una faccia sconvolta portando due dita a toccarsi gli zigomi.
Ovviamente non c'era nessuna ruga, la sua pelle era perfetta e anche se non l'avevo mai toccata sapevo che era perfettamente liscia.
Nick scoppiò a ridere, mentre Harry si coprì la bocca scioccato.
«Ma parla con me questa balena?».
Il mio cuore si fece ad un tratto più pesante ed i miei occhi si riempirono di lacrime. Non volevo essere messo a confronto con lei davanti agli occhi di Harry, perché si sarebbe accorto di quanto il mio culo fosse grande rispetto al suo. I miei fianchi pronunciati e la piccola pancetta alcolica.
«Va bene, ora basta» parlò Harry «vi state comportando entrambi da bambini».
Si alzò portando il suo corpo tra i nostri e per evitare che mi toccasse - dato che ero arrabbiato e ferito e avevo voglia solo di scappare - indietreggiai fino alla porta della cucina. Uscii velocemente, calpestando nuovamente le scale pesantemente, gli occhi a bruciarmi insieme alla pelle.
Entrai nella stanza in cui avevo dormito, sfilandomi la felpa piena del suo profumo per poi sbatterla a terra. Tolsi i pantaloni e indossai i vestiti della sera precedente. Puzzavano di fumo ed alcool, cosa che fece crescere la nausea che provavo già da un po'.
Presi il telefono e lo infilai nella tasca, poi uscii di nuovo.
Non salutai, non lo guardai e né avevo intenzione di farlo. Avevo bisogno di aria ed avevo bisogno di staccare da tutto quanto. Fuggivo da Harry, ancora una volta.
La porta della casa si chiuse in un tonfo rumoroso ed i miei piedi si affrettarono a camminare.
Non riuscii ad impedire l'uscita di lacrime salate dai miei occhi, perché ne avevo bisogno. Probabilmente la gente che mi guardava stava pensando che un pazzo messo male stava camminando su di un marciapiede londinese, ma non mi importava.
Odiavo essere così debole e fragile, sopratutto quando si trattava di Harry. Già, Harry. Anche se mi aveva dato l'ennesimo esempio di quanto poco gliene fregasse di me, scopando con Megan quando io stavo dormendo, fregandosene di me e dei miei sentimenti, fondamentalmente non aveva colpe. La colpa era la mia, del mio cuore, della mia debolezza. Ero io quello che era scappato come un bambino, un codardo, sotto i suoi occhi verdi che brillavano di dispiacere. O anche quella era stata un'impressione? L'ennesima speranza a cui aggrapparsi, per poi scivolare a terra e cercare di rialzarsi.
Asciugai le guance bagnate singhiozzando, quando il suono di un clacson mi fece girare.
«Vuoi un passaggio?».
Alzai entrambe le sopracciglia tirando su con il naso, gli occhi a bruciarmi per le lacrime ed il cuore dolorante nella cassa toracica. Era Nick, che con la sua Jeep completamente nera dai vetri oscurati, fiancheggiava il marciapiede. Gli occhiali da sole posati sul naso a coprirgli gli occhi, le braccia tese con le mani ancorate al volante.
«Vaffanculo Nick» sbuffai, riportando l'attenzione sul marciapiede.
«Andiamo Louis, lo so che vuoi un passaggio».
Lo guardai, «giuro che non farò le mie battutine da vecchio stronzo» disse, con tanto di sorrisetto privo di qualsiasi malizia o cattiveria.
Decisi di fidarmi e porre fede nella sua strana e insolita gentilezza. Sospirai, leggermente imbarazzato dal silenzio che si creò tra i nostri corpi, triste per tutto quello che era successo dal primo giorno in cui un uomo di ventinove anni decise di giocare con me una sera. Abbassai lo sguardo ma sentii i miei occhi riempirsi di nuovo di lacrime tristi, peggiorando la situazione. Non avevo intenzione di piangere davanti a Nick, non avrei aggiunto altri motivi per cui prendermi per il culo nella sua lunga lista.
«Va a finire sempre così» parlò strappandomi dai miei pensieri «arriva lei e scappano tutti» sospirò.
Capii subito a chi si riferiva. Megan. A quel punto l'idea di chiedergli spiegazioni sul suo conto, informazioni utili e dettagliate, balenò nel mio cervello.
«Chi è? Cosa è lei per lui?» mugugnai, la voce impastata da lacrime trattenute.
Nick abbassò le spalle, tenendo lo sguardo fattosi stranamente severo sulla strada.
«Si sono conosciuti il primo anno al college. Erano innamoratissimi, non ho mai conosciuto una coppia più affiatata di loro. Stavano sempre insieme, sono stati la loro prima volta per tutto. Il quarto anno di college però, Megan traslocò con la sua famiglia in Italia, per lavoro» sospirò. Deglutii.
«Non si sono mai lasciati veramente, si appartengono. È proprio per questo che quando Megan viene qui per qualche ferie o solo per venire a trovarlo, Harry dimentica tutto il resto».
Chiusi gli occhi istintivamente, mentre sentivo una pugnalata al petto squarciarmi la pelle, l'anima.
Sentii il bisogno di scappare, allontanarmi da tutta quella montagna di merda e andare a nascondermi. Mi sentivo così piccolo e fragile, avevo bisogno di respirare perché la conoscenza di Harry mi aveva portato in una profonda apnea.
«Ma, una cosa mi ha colpito» parlò, spezzando il silenzio, spezzando il mio cuore ancora di più. Non avevo più voglia di sentire la voce di Nick che mi parlava di quanto quei due si amassero e mi sentii masochista, quando girai lo sguardo per guardarlo.
Per ascoltarlo. Perché infondo volevo sapere, farmi ancora più del male, come se non bastasse. Come se non ne avessi mai abbastanza.

Magari così ti svegli e riprendi in mano la tua vita, razza di idiota.

«Cosa?»
«Lui ti ha portato a casa, ieri, perché eri ubriaco marcio e si è preoccupato per te» ragionò. Aggrottai la fronte «quindi?» domandai.
«Quando ti ho detto che in presenza di Megan, Harry si dimentica di tutto, non scherzavo. Si prende settimane di ferie dal lavoro per stare con lei, si dimentica di noi, dei suoi amici».
Frenò, notando il semaforo rosso.
Girò lo sguardo verso di me.
«Ma di te, di te lui non si è dimenticato».

Teddy's corner:
Vi prego, non uccidetemi.
Sinceramente non so neanche da dove iniziare, mmmh, probabilmente uno "scusatemi tantissimo per questo ritardo" non basterà mai e lo comprendo benissimo quindi insultatemi pure. No davvero, mi dispiace tantissimo per questo estremo ritardo ma non ho avuto proprio tempo. In più a pasqua sono partita e niente wifi quindi avevo le mani legate. Io volevo ringraziarvi tantissimo per tutte le stelline (67 WHAT) al capitolo 14, siete le mie gioie più grandi 🌸
Che dire? Questo capitolo è relativamente corto ed è come al solito mezzo angst, but spero vi piaccia? A me non piace ma io sono io e quindi sì ah.
Come al solito vi ringrazio tanto e mi scuso ancora.
All the love,
teddysphotos_ 💦

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