Capitolo 46

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9 mesi dopo

New York nel periodo natalizio non avrebbe mai smesso di affascinarmi. Le luci, gli addobbi, gli alberi giganti, le persone che correvano da una parte all'altra alla ricerca del regalo perfetto. Non ero romantica ma evidentemente le decine di commedie romantiche a tema natalizio e non che io e Katie avevamo visto in quei giorno un po' mi ci avevano resa.
Perché, dai, bisognava essere fatti di ghiaccio per non desiderare una di quelle storie d'amore da favola che venivano sempre rappresentate nei film. E poi chi lo sa, magari se ci speravo tanto anche io mi sarei trovata Jude Law davanti la porta di casa a dichiararmi il suo amore.

Sì, decisamente le commedie romantiche che avevo visto avevano contribuito a far entrare un po' di romanticismo nelle mie vene. Perché io e Katie avevamo iniziato la nostra maratona di film romantici ben prima di Natale. Avevamo iniziato un venerdì sera di qualche mese fa quando eravamo entrambe chiuse in casa con la febbre e da lì avevamo iniziato con Notting Hill, passando per 10 cose che odio di te per poi arrivare ad ogni film tratto da un libro di Nicolas Sparks. Potevo dire di essermi fatta una cultura.

C'era da dire che in quei mesi avevo lavorato un po' su me stessa e risolvere il mio disprezzo nei confronti dell'amore era stato il primo passo. Avevo poi anche smesso di ubriacarmi ogni venerdì sera per cercare di colmare la mia solitudine con l'alcol. Di bere bevevo perché bere mi piaceva e non ci avrei rinunciato, solo che avevo imparato a controllarmi e fermarmi quando era il momento. Poi mi ero sforzata di non tenermi tutte le emozioni dentro e avevo capito che se ero arrabbiata lo dovevo dire, se ero triste anche e se ero felice pure, perché non dovevo pretendere che fossero sempre gli altri ad intuire il mio umore senza che dicessi niente.

E poi il cambiamento radicale. Avevo cominciato a fare esercizio fisico. Almeno una volta a settimana mi svegliavo la mattina alle sette per andare a correre e due volte a settimana andavo in palestra. E avevo anche imparato a cucinare e, contro tutte le aspettative, ero diventata un'ottima cuoca.

Quindi si poteva dire che, finalmente, a ventidue anni suonati avessi imparato a prendermi cura di me stessa. Meglio tardi che mai.

Ora, che sia chiaro, detto così sembra più drastico di quello che è stato sul serio.
Perché va bene che non mi venivano più i conati di vomito quando qualcuno nominava la parola amore ma di certo una romanticona non ero. Continuavo a detestare i gesti romantici eclatanti e preferire una cena al mc donald's ad una cena a lume di candela e di certo la pigrizia non mi aveva abbandonata completamente. Continuavo a svegliarmi alle undici nel fine settimana e quando proprio non avevo voglia di cucinare ordinavo ancora cibo spazzatura. Ma diciamo che era tutto più ridimensionato rispetto a prima.
Un grande passo avanti per me.

«Per mamma è meglio il maglione rosso o quello blu?» mi chiese Chantal tenendo tra le mani i due capi di abbigliamento che osservai attentamente prima di indicare quello rosso.

Un altro passo avanti verso una versione migliore di me stessa ce l'avevo proprio davanti agli occhi. Mia sorella.

Per mesi non ci eravamo parlate e tutto quel tempo lontane mi avevano fatto provare un senso di vuoto, come se mancasse una parte di me. Ed in effetti era così, perché mia sorella era sempre stata parte di me, nonostante mi fossi sforzata di odiarla con tutte le mie forze.

Quindi tre mesi prima avevo raccimolato tanto coraggio e tanta forza di volontà e mi ero presentata a casa sua. Perché fare il primo passo per me non era mai stato facile ma avevo capito che, a volte, era necessario.

"Non mi dispiace" le avevo detto non appena mi aveva aperto la porta.

E poteva sembrare un controsenso dato che ero andata da lei per rimettere le cose a posto, ma per me aveva molto senso e sapevo che lo avrebbe avuto anche per lei.

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