VI. Un nome tutto suo

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E proprio come un vento fuggiasco, un mese era passato. Il ragazzo più grande continuava a strisciare verso il letto del principe ogni notte, alla ricerca di una ninna nanna e di un caldo abbraccio che lo aiutassero a dormire. Non parlava come un nativo ma ci sarebbe riuscito molto presto; ogni giorno che passava usava meno termini della sua lingua madre e molti più di quella comune. Jeongguk aveva scoperto che lo straniero - che ora era sempre meno un estraneo - era davvero un chiacchierone in qualsiasi lingua.

Aveva raccontato al principe le storie più magnifiche che sembravano sempre più fantasie. Racconti di dune in movimento fatte di sabbia, animali e piante diversi e colorati, gli aveva raccontato di come aveva volato in uno stormo e di com'era nuotare in laghi che nessun uomo poteva misurare per sapere quanto fossero profondi. Le sue storie erano persino più divertenti dei rotoli che i maestri gli avevano portato; spesso le canzoni ora venivano pagate con le storie poiché il ragazzo, era in grado di espatriare con le parole.

Jeongguk era più che curioso della sua vita dall'altra parte del portale, sognava il calore del deserto dove le giornate erano più lunghe durante le stagioni estive, dove si mangiava con le mani, dove i genitori erano affettuosi con i propri figli e dove non c'erano titoli che governassero gli uomini oltre i loro sensi.

"Non ti manca... la vita nel deserto?" Gli chiese il minore, in una particolare notte insonne, quando dopo tre storie il principe non riuscì a celare il sonno.

L'erede fronteggiava il mutaforma che interruppe la sua storia dopo che il giovane gli fece la domanda. Il ragazzo dalla pelle candida si prese del tempo prima di rispondere. Entrambi erano sdraiati sul letto gigante del principe che era più che sufficiente per due piccoli corpi magri.

Il ragazzo ci pensò su per un minuto.

"Mi mancano mia madre e... altre cose. La luce del sole sulla pelle, l'acqua... la mia casa."

Non ne parlò molto quella sera ma anche se gli mancavano tutte quelle cose non era sicuro di poter tornare indietro; l'idea di non tornare mai più a casa spaventava sicuramente un ragazzino di dodici anni, tuttavia la sua vita su quel lato del portale lo rendeva felice. Anche durante quelle lunghe mattine in cui il principe doveva occuparsi dei suoi doveri, aspettava il suo ritorno come se fossero stati separati da secoli e non da ore.

Anche se c'era una questione che Jeongguk non poteva comprendere completamente, come poteva non avere un nome tutto suo? Per il maggiore non sembrava una cosa importante, cercò di spiegarlo più volte al giovane erede ma quest'ultimo continuò a insistere, affermando che fosse qualcosa che tutti avrebbero dovuto avere, almeno mentre era nel suo mondo.

"Dammi tu un nome." Sentenziò il ragazzo.

Avrebbe accettato volentieri qualsiasi nome gli avesse dato il più piccolo.

"Non è così semplice. Deve essere qualcosa di speciale. Uh...fammi pensare." Si lamentò l'erede.

Ci pensò parecchio. Il principe fece delle ricerche e si consultò con gli antichi maestri sull'etimologia dei nomi, trascorse molte notti insonni guardando l'altro ragazzo che dormiva, pensando a un nome che si potesse adattare meglio, ma non riuscì a trovare qualcosa che gli andasse bene.

Il suo amico aveva bisogno di un nome migliore di "mutaforma", qualcosa di risplendente, di brillante com'era lui; facile da portare e, allo stesso tempo, abbastanza notevole come la sua stessa natura.

Col passare dei giorni pensò di aver trovato qualcosa.

Kim.

Il suo nome doveva essere Kim.

𝑪𝑨𝑵𝑫𝑬𝑵𝑻 𝑺𝑲𝑰𝑵 | Taekook (Traduzione Italiana)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora