VII. Questioni reali

978 130 20
                                    



"Capisci la gravità di ciò che hai fatto, Jeongguk?"

Il principe deglutì e annuì in risposta. "Sì, padre. Capisco."

Jeongguk era in piedi, al centro della sala del trono dove non aveva un posto dove nascondersi, proprio sotto i riflettori. Davanti a lui, la sedia di legno tanto dettagliata ma incredibilmente scomoda dove suo padre sedeva e si occupava di questioni importanti, questioni reali. Il luogo era ricoperto dei migliori arazzi e delle lampade erano appese al tetto con bordi dorati e tessuti elaborati impreziositi da simboli di potere ricamati, tigri e draghi.

"Saresti potuto morire, nel bosco da solo. È stato un atto imprudente."

Il re aveva richiesto un incontro privato solo per loro due. Niente consiglieri, niente regine, niente domestiche che servono il tè, niente principi o principesse che chiedono cosa sia successo, solo lui e suo padre. Ciò non rendeva le cose più facili e anche se lui non aveva lo sguardo gelido della regina, aveva un'estensione vocale che avrebbe fatto rabbrividire chiunque e ogni parola dettata era un altro terribile passo avanti verso una condanna.

L'uomo incaricato di governare il regno doveva affrontare ogni giorno guai di ogni genere; invasioni, carestie, alleanze politiche e altri affari di attualità legati al benessere del suo popolo, e aveva comunque la curiosità di indagare su cosa mormorasse il palazzo di nascosto.

Il sovrano era noto per la sua pazienza e saggezza, entrambe qualità che inculcò anche ai suoi discendenti. Gli anni erano stati generosi con la sua salute e dunque ci si aspettava che il suo regno fosse duraturo. Si intravedevano alcuni capelli bianchi e le rughe dei suoi occhi stavano iniziando a diventare più pronunciate con il passare degli anni. Padre e figlio condividevano il naso come tratto distintivo, insieme ad un neo identico proprio sotto il labbro inferiore, sebbene le sue fazioni fossero ruvide e la sua pelle fosse indurita dal sole, a differenza dei lineamenti morbidi e ancora paffuti del bambino.

"Non riesco a capire per quale ragione hai fatto qualcosa di così pericoloso solo per salvare un normale ladro."

"Padre, posso assicurarvi che Taehyung non è affatto normale e non è niente di simile ad un ladro. Sì, ha superato le mura del palazzo ma non stava cercando di rubare nulla. Dal posto in cui proviene, le persone non hanno bisogno di prendere beni dagli altri in questo modo."

"E da dove viene?"

Il principe si morse il labbro inferiore carnoso, riflettendo sulla sua risposta.

"Padre, vi ho mai mentito?"

Il re non si aspettava che la sua domanda venisse evitata e perciò rimase sorpreso.

Il terzo principe era noto per la sua sincerità; anche in questioni futili, non avrebbe mai mentito a nessuno, nemmeno una volta. Perché per quanto l'azione di non mentire da parte di un bambino di dieci anni potesse non sembrare il traguardo di una vita, lui era riuscito dove altri avevano fallito. I suoi fratelli avevano mentito su cose semplici, incolpandosi a vicenda per aver rotto vasi o scatenato risse, e nel momento della verità, Jeongguk aveva sempre l'ultima parola, in qualità di principe del candore.

"No." Diede ragione a suo figlio.

"Se vi dicessi che..." Prese un respiro profondo prima di tagliare la distanza tra quella sedia intimidatoria e lui.

Sussurrò all'orecchio del re mentre il monarca ascoltava attentamente ogni parola del suo fantastico racconto. L'uomo non poté fare a meno di ridere, era troppo incredibile per essere vero, qualcosa che poteva benissimo uscire dall'immaginazione di un bambino e che sicuramente avrebbe potuto essere inventata, dopo aver ascoltato i racconti di alcune serve.

"È vero?" Chiese il re.

"Giuro sul mio cuore che è la verità. Non vi mentirei mai, padre."

Il re gli accarezzò i capelli e ovviamente, non ci aveva creduto e il principe lo sapeva.

"Mi ha salvato la vita. Permettetegli di restare a palazzo, vi prego. Non chiederò nient'altro finché vivo." Il ragazzo si inginocchiò sul pavimento davanti a lui, abbassando completamente la testa senza esitazione.

"Alzati, figlio mio. Nessun principe o re dovrebbe mai inginocchiarsi."

"Non lo farò finché non lo lascerete rimanere a palazzo, se lo manderete di nuovo fuori lo inseguirò, ancora e ancora, non importa quante volte dovrò congelare nella neve."

Lo sguardo sul volto del re bruciava quasi quanto la piccola ferita non cicatrizzata sulla sua guancia, al momento inevitabile.

Il re rimase raccolto in un lungo silenzio che sembrò quasi un'eternità.

E proprio nel momento in cui l'uomo sul trono avrebbe parlato e spezzato il cuore del ragazzino, il principe alzò ancora una volta la testa, con la sua ultima speranza riflessa negli occhi carichi di lacrime.

"Ho già preso una decisione." Pronunciò il re.

Il principe trattenne il respiro.

"Finché tu rimani fuori dai guai, lui può restare." Concesse a suo figlio l'unica cosa che avesse mai desiderato con tutto il cuore, e il monarca ne era consapevole. "Come ha suggerito la Signora Go, uno dei maestri potrebbe prenderlo sotto la sua ala protettrice e farne il suo apprendista."

Gli occhi acquosi del principe erano pieni di luce che non riusciva a nascondere e le sue labbra arricciate in un sorriso mentre ringraziava suo padre non una, ma un milione di volte. Non appena il ragazzo abbandonò la stanza facendo del suo meglio per non correre per i corridoi, sua maestà ridacchiò e scosse la testa.

Il principe era pieno di gioia.

Tuttavia, quella era stata la prima e unica volta che aveva mentito a suo padre.

La Signora Go stava aspettando fuori dalla stanza con le mani ancora infiammate, la parte del corpo dove aveva ricevuto le frustate senza lamentarsi o piangere. Peggio era il dolore nel suo cuore, consapevole che non avrebbe potuto fare nulla per salvare quel ragazzo che sorrideva così candidamente, peggio era la punizione che le guardie erano state costrette ad affrontare a causa della sua menzogna e quelle morti sarebbero rimaste impresse nella sua memoria per il resto della vita.

Il giovane erede si chiuse la porta alle spalle. Aveva qualche lacrima che gli rigava le guance, ma il suo viso era raggiante di gioia. E proprio in quel momento la Signora Go poté tirare un sospiro di sollievo mentre un macigno incredibilmente pesante le fu tolto velocemente dalle spalle.

"Come sta?" chiese Jeongguk mentre camminavano per i corridoi tenendosi per mano.

"Ha solo una leggera febbre dovuta allo sforzo. Gli ho applicato un impacco di neve sulla fronte e si è contorto un po', ma è passata. Siete voi quello che mi preoccupa, vostra altezza, non avete ancora dormito."

Alla menzione del sonno, il principe sbadigliò inconsciamente.

"Mi assicurerò che Taehyung stia bene e poi andrò a dormire, te lo prometto."

"Taehyung?" chiese con curiosità la domestica.

"E' questo il suo nome. Kim Taehyung."

"Kim Taehyung." Ripeté "Finalmente sei riuscito a scoprirlo."

Il giovane annuì con un sorriso sul volto. Aprì la porta familiare e vide l'amico che riposava, ancora coperto da qualche graffio della notte precedente e con il panno bianco sulla fronte che placava la febbre, lo stesso ragazzo dalla pelle abbronzata radiosa e i lunghi capelli castano scuro.

Un paio di occhi esplorarono la stanza fino a quando non trovarono lo sguardo del principe.

Due paia di occhi che scintillavano come stelle cadenti.

𝑪𝑨𝑵𝑫𝑬𝑵𝑻 𝑺𝑲𝑰𝑵 | Taekook (Traduzione Italiana)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora