XIV. Sogni più selvaggi

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Uno dei miei capitoli preferiti.
Buona lettura <3

Ogni secondo che si separavano, il petto del maggiore si stringeva.

È per il meglio. Ripeteva come un mantra, cercando di convincere se stesso. Da un momento all'altro se ne sarebbe andato e il principe se ne sarebbe dimenticato. Tuttavia, Taehyung sapeva che non l'avrebbe fatto.

Era una delle cose più difficili che avesse mai dovuto fare. La vicinanza di Jeongguk, le sue labbra morbide così vicine...troppo vicine... quanto avrebbe voluto poter tornare insieme a lui nel deserto e perdersi tra le dune a mille miglia di distanza da lì, in un posto dove poteva dire tutto ciò che desiderava chiaro e ad alta voce.

Non si parlavano da giorni, si incrociavano a malapena nei corridoi del palazzo anche se nessuno dei due era collegato alle loro stanze. Attirandosi sempre l'un l'altro nella stessa orbita, di tanto in tanto non potevano fare a meno di intravedere l'altro. Jeongguk si irrigidiva ogni volta che incontrava lo sguardo del più grande, le guance rosse come un ibisco, le labbra chiuse come uno scrigno.

Quel giorno il principe era andato a caccia con suo padre e i suoi fratelli e, anche se Taehyung avrebbe tanto voluto unirsi a loro sotto mentite spoglie, si sentiva troppo in colpa per seguire Jeongguk nelle circostanze che stavano affrontando. Sentì l'interno della tasca bruciare ad ogni passo che faceva, più pesante delle rocce; sarebbe anche potuto andare via senza dire una parola.

Quella era la notte del solstizio e Taehyung stava tornando a casa. Il suo cuore doleva ogni secondo che il sole tramontava un po' di più. Jeongguk non era tornato al tramonto e se non voleva dirgli addio, il maggiore non avrebbe potuto biasimarlo.

Abbracciò la Signora Go quando entrambi si incontrarono nei corridoi; la dama in qualche modo sapeva che se ne sarebbe andato di nuovo ma come al solito, non fece domande, sapendo che avrebbe dovuto trascinarsi dietro il peso di quelle risposte. Gli pizzicò la guancia come quando era un bambino, il che riportò alla mente i ricordi dal cuore pesante dei loro tempi più facili.

La sua strada per lo stagno non era mai stata così solitaria; non aveva mai notato quanto fossero bui i corridoi quando la luce era svanita. Il giardino interno dove c'era il laghetto, era tranquillo come sempre. Era una parte del palazzo che veniva visitata raramente, solo un altro giardino, solo un altro stagno.

La candela che portava in mano si sciolse ancora un po' prima che decidesse che fosse ora di andare. Almeno la notte era limpida e le stelle brillavano nello stesso cielo sopra le loro teste; quella era la sua unica consolazione, anche se faceva fatica a convincersi.

"Arrivederci." Sussurrò alle stelle prima di fare il primo passo nello stagno, il secondo seguì la sequenza.

I passi erano sonori quasi quanto il suo respiro, come se ogni falcata stesse per frantumare le deboli assi di legno del pavimento. La porta scorrevole fu spalancata violentemente con un movimento. E due paia di occhi si incontrarono a metà strada.

La visione di quella presenza che faceva male e anche guariva, quel viso che si ricopriva di rughe ogni volta che rideva, quegli occhi più profondi dello stagno e quelle labbra che avrebbe voluto fossero sue. Quell'espressione preoccupata che portava sempre quando qualcosa non andava, oscurava tutti i lineamenti che amava.

"Taehyung!" Gridò il principe. Gocce di pioggia caddero dal suo cielo stellato.

Corse verso il mutaforma, camminando distrattamente nell'acqua. I suoi polsini erano bagnati come le sue guance; stava tremando, anche se il tempo non era così freddo come quando ricompariva ogni anno. Il fiore di ciliegio dietro di loro fu scosso da una leggera brezza, rilasciando un turbinio di petali rosa sul loro giardino.

"Sei venuto." Il maggiore sorrise.

"Sono qui...non avevo intenzione di...mi dispiace. Avrei voluto essere tornato prima, ma... non importa ora. Sono qui." La voce di Jeongguk era instabile e un po' roca.

"Dispiace anche a me. Io..." Si aggiustò la tasca ma il principe lo abbracciò prima che potesse trovare l'oggetto.

"Io... non voglio che tu vada." Taehyung poté sentire la forza delle sue braccia avvolte sulla sua schiena, gli stringevano i polmoni.

"Lo so... ma devo. Tornerò, sì? Tornerò in inverno."

Jeongguk singhiozzava.

L'acqua reclamava il suo passeggero prima che potesse dire altro, nella superficie poco profonda dello stagno i suoi piedi erano profondi dall'altra parte. E prima di svanire del tutto, prese l'oggetto in tasca e lo strinse con la mano sulla mano del principe. Era fredda al tatto.

"Non sono riuscito a trovare il pezzo mancante, mi dispiace." Fu l'ultima cosa che disse.

Jeongguk lo guardò mentre il mutaforma scompariva tra le acque del portale sconosciuto che doveva attraversare, e condivise un'altra lacrima. Lo ammirò a lungo, con l'acqua alle ginocchia mentre se ne stava in piedi da solo nello stagno. Quello stagno era divenuto meno profondo o erano loro ad essere cresciuti troppo in fretta?

Poi ruppe il silenzio con un unico grido pieno di collera. Maledisse la luna sopra la sua testa per aver portato via il suo miracolo ancora una volta, quella luna avida che correva insieme al padre dei cieli facendo muovere il tempo, facendo muovere le loro vite, invece di stare zitti per una volta. Imprecò finché i suoi polmoni non furono privi di fumo e i suoi occhi arrossati furono completamente asciutti.

Non sapeva che madre Luna fosse triste quanto lui, che vegliava su di loro in ogni occasione in cui si scambiavano i loro brevi saluti dolorosi. Il suo braccialetto di perline di onice brillava sotto la sua luce, un'unica perla di giada bianca al centro del gioiello. Jeongguk ricordò di essere tornato alle stalle pochi giorni dopo che Taehyung era svenuto, il posto era vuoto e tutte le perline erano sparite.

A parte quello che gli era scivolato in tasca quel giorno, lo stesso che portava proprio adesso. Il pezzo arrotondato nero abbinato. Una luce bianca completava il punto mentre Taehyung completava lui. Adesso aveva un pezzo di lui, la presenza dell'alabastro che macchiava la sua ombrosa caverna di roccia, quella che risaltava sulla sua esistenza monocromatica.

Fu allora che seppe che una parte del suo cuore era cucita a quella di Taehyung con fili d'oro.

Il viso della Signora Go fu illuminato dagli stessi raggi bianchi quando si incamminò verso la sua direzione. La parola conforto era scritta sulle sue mani e nei suoi occhi mentre si avvicinava. Il principe fece un passo fuori dall'acqua.

"Se n'è andato." Le parole della dama di corte lo resero vero.

"Signora Go..." Singhiozzò. "Non voglio più nascondermi. Fa molto male." La sua voce era rotta quasi quanto il suo cuore.

La dama annuì. Occhi acquosi come quelli del principe. "Conosco mio figlio." Abbandonò le formalità come se stesse abbattendo un muro. "Lo so. Non devi dire niente."

Appoggiò la testa sulla sua spalla, cercando uno dei suoi abbracci - nido.

"Ma voglio farlo. Voglio dirlo." Il principe deglutì prima di guardare le stelle. "Non mi dispiace amarlo. Non mi dispiace di essermi innamorato di lui, Signora Go. Lo amo e fa male e lo amo, e sono felice e...lo amo. Io lo amo così tanto."

E nei suoi occhi la luna e nella luna i suoi occhi. Lacrime di una verità mai pronunciata ad alta voce fino a quel momento, defluirono dal suo corpo attraverso ferite che non gli sfregarono la pelle. Sanguinò finché il suo io corroso, costruito sulla negazione e sull'angoscia, non fu distrutto.

La Signora Go si limitò ad abbracciare quell'anima dolorante. Non menzionò il clamore a palazzo. Non menzionò la notizia del re che cadeva da cavallo nel bel mezzo della caccia. Non menzionò il fatto che suo padre moriva nell'altra stanza non molto lontano da loro. Lo abbracciò come se la sua vita dipendesse da quello.

Il principe Jeongsuk divenne re quell'estate.

𝑪𝑨𝑵𝑫𝑬𝑵𝑻 𝑺𝑲𝑰𝑵 | Taekook (Traduzione Italiana)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora