Venticinque.

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Sono sulle scale dell’ingresso, davanti alla porta.

Il cuore batte forte, così forte da poterne sentire il rumore; l’ansia pulsa nel mio stomaco, nella cosiddetta ‘bocca dell’anima’; il respiro è pesante, mentre mi decido a suonare il campanello, un suono che mi toglierà ogni pensiero, peggiorando la fitta nel mio stomaco.

Dopo qualche minuto di ripetere più volte nella mia mente la stessa frase – devi farlo, ora o mai più –, finalmente mi do ascolto.

Aspetto che la porta si apra, dubitando sul fatto che succeda. Alcune domande iniziano a circolare nella mia testa.

Se è uscita? Se si è trasferita? Se guarda dalla finestra – qualcosa che faceva molto tempo fa – e non aprirà perché non vuole ricevermi?

Sto per suonare di nuovo, quando lei è davanti a me, con un’espressione sorpresa sul volto.

Il mio fiato è stato strappato, rubato da lei: lei respira affannosamente, facendolo vedere anche dal petto che si alza e abbassa velocemente, mentre io non respiro più.

Faccio scontrare i miei occhi con i suoi per concentrarmi su di essi: quattro pezzi di ghiaccio che si scagliano, ma i suoi sono di un azzurro sciogliente, i miei sono più chiari e più deboli, capaci di diventare nulla davanti ai suoi.

Il suo aspetto è sempre giovanile, nonostante la sua età di cinquantatré anni.

“Felicity,” chiama il mio nome duramente. “Entra.”

Accetto il suo invito e, appena entro nel salotto, dei ricordi toccano la mia mente. Ricordi delle cene di famiglia, la casa piena di ospiti, tutte le bellissime e felici vacanze di Natale trascorse lì e, infine, vedo immagini degli stessi bambini del parco, seduti sul divano, che si trasformano in un’adolescente con carnagione chiara, occhi azzurri e capelli lisci e biondi e in un adolescente moro e riccio che ad ogni sorriso mostrava delle meravigliose fossette.

Sono così immersa nei miei pensieri mentre osservo la stanza, che non mi accorgo delle lacrime che scorrono sulle mie guance e di mia madre che mi guarda, tenendo le mani sui fianchi.

“Perché non mi hai ascoltata, Felicity?” chiede, ancora con lo stesso tono duro. Ogni volta che mi chiama per nome è un brutto segno.

Preferirei un abbraccio, piuttosto che una predica.

“Perché avevo bisogno di venire qui,” le rispondo e si stupisce perché non riesce a capire. “Ho bisogno di sapere della mia vita, di chi sono. Ho bisogno di conoscere la vecchia e vera me.”

“Che… che vuoi dire?” balbetta. Colpita.

Mi asciugo le lacrime, “Voglio dire che voglio tornare ad essere Diana.” Sussulta. “Voglio essere quella ragazza di una volta che si lascia andare ai sentimenti, alle emozioni, alle persone. Voglio tornare a lasciarmi coinvolgere nelle cose.”

Dopo qualche secondo di silenzio in cui mi fissa profondamente, risponde: “Se vuoi esserlo, puoi esserlo, ma sai a cosa vai incontro, ci sei già passata una volta. I sentimenti fanno soffrire,” risponde, stranamente non nascondendo ciò che è successo anni fa.

“Non è colpa dei sentimenti, mamma. Stavo per essere violentata,” rendo esplicito io, facendola sussultare un’altra volta.

“Felicity-”

“Fammi abituare a Diana, per favore. Voglio tornare ad essere lei.”

Chiude le palpebre, pressandole sulle orbite. Sembra starsi sforzando, “Diana…” pronuncia e sento molte voci chiamarmi con quel nome una dopo l’altra. “Come lo sai?”

“Ha importanza?” chiedo, insolente.

“Molta!” esclama, quasi arrabbiandosi.

“Ho incontrato un ragazzo,” confesso.

“Harry, non è vero? Sapevo che non avrebbe dovuto trasferirsi lì. Sono sicura che lo abbia fatto di proposito.”

“Parlamene dal principio,” le richiedo.

Mi invita a sederci sul divano e acconsento.

Sospira, “Io ed Anne siamo ancora amiche, ovviamente. Mi diceva di suo figlio che non riceveva bei voti, quindi stavano pensando di farlo trasferire. Ho cercato di convincerli a non farlo andare alla NJU, ma non potevo fare nulla.”

Questo è un dettaglio che Harry ha omesso, ma me l’ha detto lei. Parlando con diverse persone, potrei completare il puzzle.

“Oh. Posso dirti che non è venuto apposta alla NJU. Beh, forse sì, ma non era sua intenzione rivelarmi tutto-”

“Tutto cosa?” mi interrompe, spalancando gli occhi.

“Tutto quello che successe alla festa. Mi ha detto che era il mio migliore amico, anche se provava altri sentimenti per me. C’è altro che dovrei sapere?” le chiedo, alzando un sopracciglio.

Scuote la testa. “Anche tu provavi dei sentimenti per lui.” Sorride. “Beh, immagino ce li abbia ancora. Non si potrebbe smettere di amare un ragazzo così e, soprattutto, sei stata lontana da tutti per la mancanza del suo amore.”

Un pugnale nel petto spinge l’aria dai miei polmoni, facendola passare dalla mia bocca adesso spalancata.

Tossisco per riprendermi, “Stavo dicendo che lui è venuto per trovarmi, non per raccontarmi del mio trauma. Ma è successo…”

“Come è successo, Diana?”

“I suoi occhi mi davano segnali, i suoi gesti mi davano segnali. Ero sotto stress per tutto questo, quindi un giorno mi ha fatto quei massaggi, quelli che mi facevi sempre tu. Sapeva cose di me che nessuno sa, quindi dovevo andare a fondo con questa storia. Sicuramente non avrebbe dovuto lasciarsi scappare certe frasi mentre parlava.”

“Chi lo sa… Com’è stato il viaggio, tesoro?” oh, siamo tornati al ‘tesoro’? Wow.

“Un inferno. Se dovessi dargli un nome, lo chiamerei ‘Il viaggio dei ricordi’.” Sogghigna. “Sono svenuta quando siamo passate da Carter’s.” Spalanca la bocca, preoccupata.

Non dice nulla, ma mi fa cenno di seguirla in cucina per prepararmi un tè e farmi parlare di tutto. Spero faccia lo stesso.

*****

Hey theeeere!

Nel capitolo precedente non ho ricevuto commenti, anche se li avevo richiesti... ma okay.

A me la mamma di Fel/Diana non piace. lol

Da qui in avanti, immagino che possiamo chiamare la protagonista Diana, non più Felicity. *congaaa*
Che poi non so perché la conga, ma è una cosa che mi rende leggermente felice. :D

Oggi pomeriggio ho conosciuto una delle mie lettrici, con cui messaggio da un po' di giorni iniziando su Wattpad e finendo su WhatsApp, @irenespampinato56 :3
La maggior parte delle volte è strona, ma le voglio comunque bene ahahahahah

Pensavo fosse più bassa di me, e invece quando l'ho vista era più alta. Ci sono rimasta male. D:
Ci siamo subito abbracciate, come se ci conoscessimo da sempre. Penso sia il legame che si ha grazie a quei cinque (e magari nel nostro caso non solo), ne sono sicura.
Abbiamo passeggiato un po' e quando ci siamo abbracciate per l'ultima volta per salutarci, sentivo le lacrime formarsi nei miei occhi, ma mi dicevo "Non piangere, non ora", e sono riuscita a trattenerle.

Dopo aver raccontato qualcosa di cui non vi interessa assolutamente niente, vi invito a commentare e votare. AHAHAHAH
Irene, se non lo fai, la prossima volta che ti vedo ti tiro i capelli. lol

No davvero, cosa ne pensate? :c

Baci,

powerfulinpeace. xx

End Up Again - DIANA || H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora