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Mentre riabbassava la manica udirono un urlo poco distante, entrambe corsero nella direzione da cui proveniva, Clara arrancava nei suoi zoccoli di gomma e Lucia faticava a causa del respiro irregolare. Si nascosero dietro a un cespuglio e Blu vide per la prima volta dei personaggi. Due giovani ragazze, un orso e un nano al quale appartenevano le urla che avevano sentito. Entrambe guardarono la scena rapite, in una bellissima primavera Lucia stava realmente guardando una storia che prima di quel momento aveva solo ascoltato. Si sporsero un po' troppo e si resero visibili, i personaggi voltarono lo sguardo verso di loro e il nano cominciò a urlare nella loro direzione mentre gli altri tornarono a parlare fra loro. Le due ragazze e l'orso sembravano non essersi accorsi di nulla ma il nano cominciò a correre verso di loro con passi svelti e veloci nonostante le sue gambe corte. < Venite qui! > Clara e Lucia cominciarono a scappare più veloci che potevano per allontanarsi da quell'essere urlante. La ragazza già stringeva nella mano il suo inalatore, in pochi minuti i suoi polmoni cominciarono a bruciare e il sudore ricopriva ogni strato della sua pelle, il nano le avrebbe presto raggiunte ma improvvisamente tutto si fermò. I suoni, il movimento delle foglie al vento, gli animali e lo stesso nano, tutto immobile come se qualcuno avesse messo in pausa quella scena. Tutto fermo, tranne le due ragazze. < Che succede? > Chiese Lucia col fiatone e la paura che tornava in lei. Clara invece, in tono calmo, rispose. < Non preoccuparti, sta cambiando. Una nuova fiaba inizia. > Anche lei tentava di controllare il fiato, poi un suono lacerò le orecchie della ragazza. Era come un martello che colpiva l'incudine, ma amplificato e più acuto. La foresta scompari, Lucia e Clara si ritrovarono in un'enorme stanza di cui non si vedeva la fine, completamente nera illuminata da una fioca luce invisibile. < Che cos'è? > La donna si guardò intorno come se cercasse qualcosa. < Io la chiamo la camera, è qui che stiamo finché la fiaba non cambia. Non preoccuparti non ci rimarremo più di un minuto. > Fu così, un minuto dopo la camera scomparve e una nuova fiaba cominciò.

La luce le abbagliò, la neve rifletteva i raggi solari illuminando tutto il paesaggio. Quando Lucia si guardò in torno capì che si trovavano su una montagna innevata, il freddo stava già penetrando nelle loro ossa e Clara, con solo le sue calzature di gomma ai piedi, stava congelando. < Dobbiamo trovare un riparo, in montagna il tempo cambia velocemente. > Disse la donna iniziando a incamminarsi nella neve, la ragazza la seguì senza discutere e con la neve alle ginocchia cominciarono ad allontanarsi. Entrambe tremavano e le loro labbra si stavano tingendo di blu, rimasero a lungo nella neve finché Clara vide un caverna in lontananza. Quando la raggiunsero erano congelate, Lucia cadde a terra raggomitolandosi su se stessa, una bufera le aveva accompagnato nell'ultimo tratto e la ragazza era esausta non essendo abituata a un tale sforzo fisico. Mentre rimaneva ferma a occhi chiusi sentiva Clara camminare qua e la per la caverna, a fatica si raddrizzò e osservò cosa stesse facendo la donna. Al centro poco distante da lei, Clara stava preparando una capanna fatta di legnetti e vecchi scontrini pescati dalle tasche del camice, la donna era vicino una catasta di legna che la ragazza non aveva notato. La donna continuava a preparare la capannetta poi prese un accendino da una tasca e diede fuoco al tutto, vi soffiò dolcemente sopra per qualche secondo e la legna cominciò ad ardere senza problemi. < Avvicinati e togli le scarpe e calzini. > Lucia strisciò verso e a fatica cominciò a slacciarsi le scarpe, le dita erano rigide a causa del freddo ma con il calore del fuoco i suoi movimenti stavano tornando a essere più fluidi. Clara mise a stendere i loro calzini e le scarpe di Lucia vicino al fuoco, poi entrambe si avvicinarono alla fonte di calore e cominciarono a scaldarsi. < Va meglio? > Chiese dopo un po' la donna. < Si grazie, ma come hai fatto? Io sarei morta di freddo essendo incapace in qualsiasi attività di sopravvivenza. > Clara le sorrise mentre alimentava un altro po' il fuoco. < Sono una capo scout, sono brava in queste cose. > Entrambe fecero una leggera risata. < Sai non credo che tornerò a farlo se dovessi uscire. > Disse Clara guardando le fiamme, prese un pacchetto di sigarette e ne accese una, poi ne offrì un'altra a Lucia che però rifiutò con un gesto della testa. < Perché? > Chiese la ragazza mentre metteva altra legna sul fuoco, delle scintille salirono in alto mentre in bastone cadeva nella brace. < Per i bambini, io faccio il capo ai lupetti e le coccinelle che sono i più giovani. Non credo riuscirei più a guardarli negli occhi senza pensare che se ne avessero l'occasione ucciderebbero qualcuno. > Lucia si perse a osservare la neve che cadeva fuori, in fondo lei era d'accordo, non avrebbe più sopportato anche solo la presenza di un bambino. < Chi ti ha mandato qui? > Le chiese Clara mentre buttava fuori il fumo dai suoi polmoni, la ragazza rabbrividì per il freddo e cominciò a raccontarle di Ornella, di quanto le volesse bene e di come si sentiva tradita ora. Omise solo un dettaglio, di come il Canta Storie le avesse riservato molte più attenzioni rispetto alla sua compagna. < Qual è la tua storia. > Chiese a sua volta Lucia continuando a stringere le gambe al petto. La neve all'esterno cominciò a cadere furiosamente di nuovo. Clara prese fra le mani un rosario che portava al collo passando i polpastrelli su ogni perlina. < Ho quarantadue anni e sono di Brescia, qualche giorno fa è arrivato un bambino in ospedale con suo padre, il piccolo riportava molte ferite tipiche di chi viene spesso picchiato. Ovviamente il padre negava di esserne l'artefice ma nessuno ci credeva. Finché è stato in ospedale il bambino non ha mai parlato, so solo quello che mi ha detto il padre, si chiamava Gabriele e aveva nove anni. Dopo tutti gli accertamenti un dottore aveva prescritto una terapia di guarigione che comprendeva alcuni farmaci molto costosi e diverse visite mediche per via delle ferite riportate sul piccolo Gabriele, da subito si capiva che il padre non aveva né soldi né voglia così per aiutare almeno un po' il bambino io e alcuni dottori siamo riusciti a fare in modo che rimanesse in ospedale almeno per tre giorni. Per i primi due giorni tutto è andato benissimo, il bambino stava meglio e pensa che sorrideva a noi infermiere, il padre non si era fatto più rivedere ed era meglio così, noi stavamo già contattando gli assistenti sociale per salvare il bambino. Ma la terza notte. > Le si mozzò il fiato a causa di alcuni singhiozzi. < In ospedale abbiamo da quasi venticinque anni la tradizione di mettere delle favole nel reparto bambini a chi è solo la notte in modo da non aver paura e per sentirsi meno solo. Mentre quasi tutti eravamo in pausa sigaretta il padre di Gabriele, ubriaco, è entrato e nessuno se né accorto. > Singhiozzò più rumorosamente, si portò la sigaretta alla bocca e inspirò. < Quel figlio di puttana ha soffocato il bambino con un cuscino, e perché? Perché preferiva sprecare il denaro in alcolici piuttosto che nel benessere del suo stesso figlio. > Si asciugò le lacrime e il naso con un angolo dell'uniforme, guardò di nuovo in alto e questa volta dai suoi occhi traspariva senso di colpa e odio. Buttò il mozzicone tra le fiamme. < Era troppo tardi era morto, immagino che avrai capito che quando riuscimmo a salvarlo sembrò un miracolo, anche se entrambe sappiamo che non è così. La notte seguente mi convinse a rimanere con lui perché aveva paura che tornasse il padre, invece mi ha spedita dritto al macello. > Quest'ultima affermazione la sputò fuori dalla bocca in un tono di puro odio e disprezzo. Lucia capì che Clara provava un profondo dolore, tradita da qualcuno che aveva tentato di salvare, mentre Blu era stata tradita da qualcuno che amava. La ragazza le lasciò qualche minuto per riprendersi e smettere di piangere poi si mise i calzini e le scarpe ormai asciutti poi misero altra legna e il fuoco aumentò. < Dobbiamo pensare a una strategia per la prossima fiaba. > Disse Lucia. < Sì, pensavo che dovremmo raggiungere un centro abitato se ce né uno tipo un villaggio o simili. > La ragazza annuì. < Così troveremo dei personaggi e sarà più facile capire in che storia siamo. > La donna si rimise i calzini e gli zoccoli. < Magari qualche personaggio sa cosa sta succedendo e potrebbe rivelarci la soluzione per l'indizio. > La ragazza alzò le spalle. < Speriamo. > Il calore del fuoco cessò improvvisamente, le fiamme si bloccarono e così fece anche la neve fuori dalla caverna. Si alzarono e si presero per mano rimanendo vicino al fuoco di bivacco poi il suono assordante riempì le loro orecchie e si ritrovarono nella camera. La temperatura lì era più piacevole così smisero di tremare, in lontananza entrambe videro qualcosa muoversi ma essendo troppo distante non ci fecero troppo caso. Si lasciarono le mai e la nuova storia apparve. 

Un racconto per un'animaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora