Lunedì diciassette ottobre
< NO! La Lupa è la migliore! > Mario salì in piedi sul divano con passo deciso. <Non è vero! Il Leocorno è la contrada più bella!> Rispose l'altro bambino con la faccia paonazza mentre anche lui scalava il vecchio divano verde. < BUGIA! > Urlò Mario saltando contro l'amico per assestargli un attacco, i due indossavano delle coperte come fossero mantelli, impugnavano spade di cartone ricoperte di stagnola e nastro adesivo. Spesso giocavano immaginando di essere dei cavalieri che combattevano draghi e perfidi stregoni, amavano viaggiare con l'immaginazione vivendo grandi avventure, stavano duellando da venti minuti senza mai fermarsi ma il gioco si era trasformato in litigio. < Ragazzi smettetela! > Disse Federico separando i bambini, era il fratello maggiore di Mario e ormai si considerava un esperto nel separare i due amici. Si somigliavano molto, avevano stessi tratti spigolosi ereditati dal padre, capelli marroni e occhi del medesimo colore. < Non c'è bisogno di picchiarsi per decide quel è la miglior contrada. > Teneva fermo il fratello minore con la mano destra poggiata sulla testa, mentre con la sinistra bloccava il piccolo Tobia. Spesso i due bambini litigavano sulle contrade della città di Siena, gli piaceva classificarle dalla migliore alla peggiore, il problema nasceva sempre quando bisognava decidere quale fosse al primo posto, ovviamente i due volevano che la loro contrada fosse nominata vincitrice e di conseguenza cominciavano a discutere. < Mario, devi calmarti. Lo so che ami la tua contrada, ma non puoi aggredire tutti quelli che la pensano diversamente. > Federico guardò il fratellino dritto negli occhi, il bambino abbassò la testa con fare pentito e guardò intensamente il tappeto rosso che copriva il pavimento. Il ragazzo girò lo sguardo verso Tobia. < Vale anche per te. > Tolse le mani dalle teste dei due bambini. Entrambi si guardarono come per chiedersi scusa a vicenda, il ragazzo s'inginocchio di fronte al fratello e gli sorrise. < Almeno non è della contrada dell'istrice. > Mario sorrise a sentire quell'affermazione ripensando alla loro secolare rivalità. < E noi non siamo della civetta >. Disse a Tobia. < Questo è vero. > Rispose il bambino anche lui con un sorriso e insieme cominciarono a ridere. < Va bene ragazzi, tra poco Tobia la tua mamma sarà qui, quindi preparati. > Il bambino cominciò a sciogliere il nodo alla coperta, corse nella stanza di Mario, posò la spada sul letto disordinato e cominciò a radunare le sue cose. < Non trovo i miei occhiali! > Disse preoccupato ai due fratelli mentre rientrava in salotto. < Non ti preoccupare, li avevo appoggiati sulla mensola in cucina. > Mario corse a prenderli. < Non ci arrivo. > Allungò il braccio il più possibile ma riuscì solamente a sfiorarli allontanandoli di più. < Aspetta, ti aiuto. > Federico afferrò il fratello da sotto le ascelle e lo sollevò in modo che potesse raggiungere la mensola senza problemi, prese gli occhiali, suo fratello lo rimise a terra e corse da Tobia. La madre del bambino era in ritardo e nell'attesa, i due amici si misero davanti alla TV, il ragazzo più grande avvisò il padre della loro imminente partenza chiamandolo al telefono. I genitori dei due ragazzi si erano separati quando il minore dei figli aveva appena compiuto due anni, fu molto difficile per Federico che spesso si sentiva in colpa, per anni fu convinto di essere il motivo del divorzio essendo una costante delusione sotto il punto di vista accademico, inoltre sapeva che il fratello non avrebbe avuto la sua stessa infanzia ma che gli sarebbe diventato come un pacco che i genitori si spedivano a vicenda in continuazione. Lui era l'unica costante nella vita di Mario, l'unica persona a passare ogni giorno con lui e questa era una grande responsabilità. Quindi dal giorno della separazione i due fratelli vivevano dalla madre, e passavano tutti i weekend e tre settimane all'anno con il padre. Quella sera dovevano tornare a casa della madre che abitava nel centro storico di Siena, mentre il padre viveva a quindici minuti dalla città circondato da campi agricoli. Qualcuno bussò alla porta. E Federico andò ad aprire, guardò dallo spioncino e vide la madre del bambino. < Tobia la mamma è arrivata. > Aprì la porta e salutò Carla, suo figlio si alzò dal pavimento e corse fra le sue braccia. < Grazie ancora Fede, e saluta tua madre da parte mia. > Il ragazzo annuii. < Certo, arrivederci. > Chiuse la porta e andò in camera sua a preparare le sue cose. < Fede io sono quasi pronto. > Disse Mario dalla sua camera. < Okay, guarda la TV finché non usciamo. > Lo zaino era preparato sulla sedia della scrivania, ma non riusciva a trovare il portatile che la sera prima aveva abbandonato sul pavimento, lì dentro conservava i testi delle sue canzoni e se fosse successo qualcosa i suoi amici lo avrebbero ucciso. Era il cantante e bassista della band "I senza speranza", il gruppo era nato già quando i ragazzi facevano le scuole medie ma solamente da un anno avevano cominciato a esibirsi. Strisciò sotto il letto, sembrava un campo minato di cartacce e di vestiti vecchi e sporchi. Siccome viveva soprattutto dalla madre la sua camera in casa del padre era una sorta di discarica per tutto ciò che non voleva o non usava più, vecchi ricordi d'infanzia, disegni e compiti degli anni scolastici precedenti. < Eccoti qua. > Prese il portatile e uscì da lì ricoperto di polvere e lanugine. Tirò un lungo sospiro di sollievo, le sue canzoni erano tutto per lui, era l'unico modo in cui riusciva a esprimersi. Mise il computer nello zaino, indossò la sua giacca preferita, rossa e piena di toppe decorative, e raggiunse il fratello in salotto. < Hey stupido. > Gli scompigliò i capelli, il bambino emise un grugnito di fastidio. < Che c'è? > Federico cominciò a fargli il solletico, Mario si buttò a terra piegato fra le risate e lacrime sperando che si fermasse. < Dobbiamo andare prima che torni la mamma, sai che lei vuole trovarci già a casa dopo il lavoro. Adesso chiamo il babbo e lo avviso che andiamo via. > Il bambino, ormai senza fiato, implorò pietà e il fratello smise, anche lui ridendo. < Prendo lo zainetto. > Si rialzò e lo mise in spalla avviandosi verso la porta.

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Un racconto per un'anima
FantasyQuando sei costretto a lottare per sopravvivere le fiabe non sono più magiche. Se i bambini muoiono mentre ascoltano le fiabe arriva una figura che gli propone un accordo, riavranno la loro vita in cambio di un'altra. Così Lucia si ritrova nei luogh...