Non ci credevo

Cap. 8 Samantha

Sono passati dieci minuti da quando Jonathan è nel salotto di casa mia, ma non mi ha detto perché è venuto a cercarmi.

Mi ha fatto mangiare del pane con il formaggio sostenendo che il vino a stomaco vuoto fa male, si è versato un bicchiere di vino, mangiando insieme a me.

Sul divano siamo seduti quasi vicini, non mi sembra vero che stiamo parlando da persone normali , non abbiamo mai parlato cosi tanto.

Sembra tutto così semplice, troppo semplice, siamo quasi in sintonia, non sono imbarazzata né agitata, ma parliamo e ridiamo come se non avessimo fatto altro.
Mi sento a mio agio, non penso a quello che è successo tra noi, ma lo vedo parlare e ridere e sto bene .

Mi sta dicendo quali sono i migliori cibi per far esaltare un bicchire di vino, sia bianco che rosso, mi sembra a suo agio, devo dire che lo trovo anche divertente perché racconta aneddoti che gli sono accaduti o che gli hanno raccontato.

Mi sento bene ora, sono più tranquilla, non so perché ma lui mi fa stare così, lo guardo gesticolare, sorridere o ridere alle sue battute, facendo anch'io lo stesso.

Osservo i suoi tatuaggi, non li avevo nemmeno mai notati, ma questo perché non lo avevo mai guardato molto.
Sono dei rami intrecciati che partono dal dorso della mano e risalgono sul braccio, ricordo che finivano sul petto, dalla parte del cuore, dove c'è una frase ma al buio l'altra sera non sono riuscita a leggerla.

Ad un tratto suona il mio telefono e cade il silenzio, faccio per alzarmi e dico "È Paul, è ancora a Chicago"

"Lo so" risponde lui

Certo che lo sa, oltre che quasi fratelli, sono colleghi, lo sapeva di sicuro prima di me, per questo è venuto qui stasera, era certo di trovarmi a casa.

Come se mi leggesse nel pensiero, si avvicina e mi prende la mano, continuo a sentirmi come l'altra sera, non riesco a capacitarmi come posso sentirmi attratta da lui, quando fino a poco tempo fa lo evitavo.

"Tutto bene?"

"Si" ma in realtà non và bene niente, sono qui seduta con te, abbiamo fatto l'amore e la cosa che in questo momento mi fa andare in paranoia è che lo rifarei.
In tutti questi pensieri il telefono oramai ha smesso di suonare.

"Devo chiamare Paul" tento di darmi un tono

"Si naturalmente, adesso me ne vado, così potrai parlare tranquillamente "

Sorrido a questa strana gentilezza che ha avuto e ci alziamo insieme dal divano, sempre con la mia mano nella sua, non me la lascia e vorrei che non lo facesse.

Lo accompagno alla porta, e ci ritroviamo occhi negli occhi, è incredibile quanto siano blu, si avvicina sempre di più al mio viso e noto le pagliuzze grigie, sento le sue labbra poggiare sulle mie e mi manca il fiato.

Non faccio nulla per farlo desistere.

È un baçio delicato, diverso da quella sera, più intimo e quasi più timido, chiudo gli occhi perché sento girare la testa, mi aggrappo alle sue spalle con entrambe le mani, sento tendere i suoi muscoli, percepisco il suo respiro che cambia e le sue labbra che ora sembrano più affamate.

All'improvviso si ferma, mi dà dei piccoli baci sulle labbra e prende il mio viso tra le mani, poggia la fronte sulla mia, siamo come l'uno nell'altra, sembra il momento più intimo che abbiamo vissuto, dove i nostri occhi si fondono e le nostre menti si uniscono, ma il suo sorriso mi fa sciogliere, non avevo mai notato che gli sorridevano anche gli occhi.

"Buonanotte piccola" mi sussurra

"Buonanotte"

E questa volta mi da un bacio sulla fronte, apre la porta e lo vedo scomparire nel vialetto.

Sono senza parole.

Resto ancora immobile per quello che ho provato, delicato e tenero, non il Jonathan conquistatore, il Jonathan che fa sesso non l'amore, non comprendo il suo comportamento e il mio soprattutto, così arrendevole nei suoi confronti.

Chiudo la porta e mi avvio a prendere il telefono per richiamare Paul, quello che riesco a pensare è che non mi ha detto di cosa voleva parlarmi.