Capitolo 10

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- Mimbulus mimbletonia - quasi urlò Hermione stancamente. Entrò nella sala comune, e si lasciò sprofondare in una delle tre poltrone poste davanti al fuoco, riferendo ad Harry e Ron l'accaduto. Era stremata e chiese loro anche se potessero lasciarla andare a dormire.

- Ovviamente, notte. - disse Harry con un sorriso gratificante. La ragazza udì distrattamente anche Ron che le augurava una buona notte con un tono di voce leggermente apprensivo, e si sentì immediatamente fiera dei due ragazzi che erano i suoi migliori amici, e riuscì a dimenticare per un istante la terribile punizione che l'avrebbe aspettata, peggiorata ulteriormente da due schifosi serpeverde presuntuosi, pensò nonostante la punta di un sentimento sconosciuto le strinse lo stomaco. Arrivata nella sua stanza stando bene attenta a non svegliare Calì si infilò il pigiama, si buttò sul letto, e sprofondò in un sonno pesante non appena toccò il cuscino.

Una improvvisa luce bianca la fece svegliare di soprassalto. Sentì il rumore del tuono in lontananza e lo scrosciare della pioggia fuori dalla finestra. Valutò che doveva essere mattino, nonostante fosse impossibile dirlo, in quanto fuori era tutto buio e cupo per via del temporale. Il dormitorio era deserto, quindi pensò che Calì fosse già scesa per la colazione. Indossò la divisa e si avviò verso la Sala Grande. Già sulle scale fu sorpresa nel non sentire il solito vocio. Una volta arrivata davanti all'imponente portone spalancato, rimase agghiacciata dallo scoprire che non c'era nessuno. In un secondo momento però, udì delle urla e una risata folle provenire da dietro il tavolo degli insegnanti. Corse in quella direzione con il cuore in gola e la testa che le pulsava. Improvvisamente però si immobilizzò del tutto, troppo sconvolta per muovere anche un solo muscolo.

- Crucio - urlò Pansy Parkinson, ridendo come una pazza. Hermione sentì delle urla maschili ma la serpeverde le impediva di vedere il corpo del ragazzo che stava torturando. Tuttavia, dopo aver sentito quella voce da vicino capì di chi si trattasse e le si gelò il sangue nelle vene. Espirò. Fu un errore. La Parkinson si girò con una lentezza esasperante.

- Molto interessante, la Granger - sibilò ghignando. - meglio congedare il nostro caro Draco così posso rivolgerti la mia piena attenzione - continuò. - Avada Kedavra - concluse. Il ragazzo, prima ansimante si immobilizzò del tutto, sui suoi occhi cadeva il velo della morte. Hermione si sentì pervadere da una rabbia ceca. Sapeva di dover combattere e voleva farlo. Doveva vendicare il ragazzo. Sentì i suoi sensi acuirsi. Notò che da dietro la sedia di Silente sporgeva qualcosa dal bagliore d'argentp. Si avvicinò schivando tutte le maledizioni senza perdono urlate dalla Parkinson e prese in mano la spada di Grifondoro. Si alzò orgogliosamente, e, preda di una furia guerriera corse contro la serpeverde conficcandole la lama della spada dentro al petto. La ritrasse immediatamente, ma si rese conto di non poter cancellare le sue azioni. In ogni caso non poteva crederci, non voleva crederci. Le sue mani, erano macchiate del sangue di una persona, di un altro essere umano esattamente come lei. Non riusciva neanche a formulare il pensiero: aveva ucciso.

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