He was all that mattered

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28/09/21

|HARRY'S POV|

Quella mattina decisi di non presentarmi alle lezioni previste, avevo bisogno di una tregua, di respirare, di un momento di calma.

Mancavano all'incirca cinque minuti alla fine delle lezioni giornaliere, quando, il mio telefono, posto sul mio letto, vibrò segnalando un nuovo messaggio.

Aprii la schermata home, dove si poteva notare impostato, come sfondo, una foto di Lou.

Il messaggio era da parte del preside, indirizzato al gruppo della nostra classe.

"Cari studenti,
È davvero indispensabile comunicarvi l'avvenimento che si è concluso, in accordo, con l'intero consiglio di classe , poche ore fa.
Il professore Hemmings, docente di storia, è stato licenziato, a causa di diversi gravi motivi, i quali, voi tutti avete presente.
L'intero istituto si scusa con la persona che ieri, ha dovuto assistere ad un intervento, alquanto scandaloso, da parte del professore interessato.
Cordiali saluti.
Il preside"

L'ultima parte era rivolta a me, e avere sulla coscienza il licenziamento di un professore, non mi faceva poi sentire così bene.

Avrei dovuto sentirmi estremamente felice, dopo tutto quello che mi aveva fatto passare, ma non riuscii a provare questa sensazione.

Inoltre la paura di qualcosa che mi sarebbe potuto succedere ardeva dentro di me, infatti, Jonathan aveva stabilito un vero e proprio rapporto di amicizia con quello che ormai era il nostro ex prof.

Provai a pensare positivo, ma senza successo, così,  provai a non riempire la mia mente di avvenimenti, che forse, non sarebbero mai accaduti.

Feci giusto in tempo a provarci che la maniglia della stanza, nella quale al momento mi trovavo in solitudine, scattò violentemente.

"Tu, brutto frocio che non sei altro, hai fatto licenziare un professore solo perché ha detto la verità sui tuoi genitori,  sono morti, non lo capisci? Non vuoi guardare in faccia la realtà? Beh guardala, sempre che te lo permetterò"

Jonathan aprendo la porta si catapultò su di me, cominciando a sbraitare: non mi permisi di far scendere lacrime, dovevo mantenere l'indifferenza, sapevo fosse quella che lo irritasse maggiormente.

Non lasciai sfuggire nessuna emozione dal mio volto, nessuna espressione si infiltrò all'interno di esso.

Ma lui aveva capito già tutto, aveva capito cosa volessi fare, aveva capito il mio gioco, ora lui aveva la prima mossa.

"Finocchio. Mostro. Non vali niente. Orfano. Mostro. Disadattato"

Aveva deciso di usare le parole, quelle che valevano più di mille pugnalate.

Quando la campanella di fine lezioni cominciò a suonare, sentimmo le classi riversarsi nelle proprie stanze, Jonathan si precipitò fuori dalla stanza, nella speranza che io non avrei raccontato nulla.

A quel punto le lacrime scesero più prepotentemente del solito, la vista mi si sgranò e il fiato nei miei polmoni cominciò a mancare.

Non mi ero mai riuscito a calmare del tutto da un attacco di panico, da solo, solo una persona ci era riuscita: Louis, ma adesso non era lì con me.

Mi chiusi in bagno, chiusi la porta, solo parzialmente, e ci scivolai con la schiena fino a sedermi sul freddo pavimento.

Portai le ginocchia al petto e mi chiusi: mi chiusi completamente in me stesso, non succedeva da un po' di tempo, e non sarebbe dovuto risuccedere.

Non so quanto tempo passasse prima che sentii Zayn entrare nella stanza:riconobbe subito i miei singhiozzi e sì allarmò altrettanto velocemente.

"Harry, apri questa cazzo di porta!" Disse per poi accorgersi che la porta non era effettivamente chiusa a chiave.

Una volta che riuscii ad aprire l'entrata, mi fece sedere sul letto: la situazione stava peggiorando radicalmente, avevo bisogno di lui.

"Harry, mi vuoi dire che è successo?" Mi chiese passandosi una mano nel ciuffo color corvino.

"Louis" dissi con voce flebile, non risposi effettivamente alla sua domanda, ma sembrò cogliere il concetto.

Cominciò a tirare pugni, piuttosto potenti, nel muro.

Louis ci mise più del solito ad arrivare, probabilmente, non si aspettava quello che si sarebbe trovato davanti.

Mi prese tra le sue braccia in un istante: mi sembrava di avere un deja-vu.

Respiravo a fatica e il mio petto si muoveva con movimenti irregolari.

"Piccolo, guardami, respira" cercò un primo modo per placare, anche minimamente, la situazione.

"Fallo stare zitto, ti prego. Fallo stare zitto!" esclamai cercando una via d'uscita per i miei brutti pensieri.

"Piccolo, chi deve stare zitto? Sei al sicuro, ricorda" mi disse, decisi di credere all'ultima parte della frase, riuscii a calmarmi lentamente.

L'ossigeno cominciò a defluire nuovamente nei miei polmoni, il respiro diventò regolare.

Mi asciugò le lacrime versate precedentemente e nascosi il viso nell'incavo del suo collo.

"Cosa è successo?" Mi disse cominciando a far strisciare la sua mano sulla mia schiena.

Silenzio: non parlai, avevo paura che sarebbe stato peggio se avessi deciso di parlarne.

"Harry, cosa è successo?" Mi chiese ripetendo la stessa domanda

"Jonathan. Mi ha detto che è solo colpa mia se il professore di storia è stato licenziato. Ha continuato dicendo che devo accettare il fatto che i miei genitori siano morti. Ho provato a fare finta di nulla, a restare indifferente, ma lui ha cominciato con le parole." Riuscii a raccontare il tutto spinto dal magone nel mio stomaco.

"Se gli metto del veleno nel piatto si classifica sempre come omicidio?" Chiese Zayn sdraiandosi sul proprio letto.

Louis ignorò la frase appena pronunciata da Zayn, probabilmente, non trovando nulla con cui contrabbatere.

"Harry, è il secondo attacco di panico in due giorni, non credi che bisogni trovare qualcuno che ti aiuti?"

Ero fin troppo cosciente del fatto che avesse perfettamente  ragione.

"Non credi che serva uno psicologo?" Mi chiese con la voce leggermente più bassa di prima, probabilmente spaventato da quello che io gli avrei potuto rispondere.

Non da tanto avevo finito le sedute dallo psicologo specializzato, e il fatto che per delle persone di merda, dovessi ritornarci, mi scombussolò i piani.

"Non ora. Ho finito un mese fa le ultime sedute, per favore, possiamo aspettare ancora un po'?" Gli chiesi cercando di convincerlo, non avrei retto, ne ero sicuro.

"Prometti che se la situazione peggiorerà, mi avvertirai e non ti terrei tutto dentro?" Mi chiese pizzicandomi un fianco

Annuii convinto.

"Me la fai una promessa? Gli chiesi in un sussurro

"Tutto quello che vuoi, piccolo"

"Non mi lascerai andare"

"Non succederà, te lo prometto"

Solo in quel momento gli concessi il contatto visivo: i miei occhi si persero in quell'azzurro, più bello del cielo che avevamo sopra la testa.

Ed in quel momento il cielo non importava, importavano solo i suoi occhi, importava solo lui.














I'm complicatedDove le storie prendono vita. Scoprilo ora