1. Il risveglio

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Leia, presente

Una luce accecante invade la mia vista non appena apro gli occhi. Mi trovo in una delle infermerie della base segreta di New York dello S.H.I.E.L.D., e sono distesa su un lettino, attaccata ad un monitor che rileva i miei parametri e con degli aghi che mi perforano le braccia. Riconosco il posto dove mi trovo, non è la prima volta che ci vengo portata, anche se negli anni si è evoluto. L'odore di disinfettante e medicinali mi sveglia del tutto. Cerco di alzarmi a sedere, ma un dolore sordo alle costole me lo impedisce. Ho addosso un paio di pantaloni e un maglia larga entrambi neri, che alzo per vedere da dove proviene il male che sento: un livido in via di guarigione grande quanto un pallone occupa gran parte del mio fianco. Lo sfioro con le dita, descrivendone i contorni, cercando di ricordare come me lo sono fatto, quando i ricordi di quello che è successo mi assalgono prepotenti.
Una parola mi torna alla mente: Bucky.
Mi guardo intorno in cerca di qualcuno, ma sono sola. Mi stacco le flebo ed i sensori che ho addosso, facendo impazzire i macchinari. Scendo dal lettino e non appena tocco terra devo chiudere gli occhi, perché il mondo ha cominciato a girare troppo velocemente. Mi appoggio al muro per non cadere, quando sento qualcuno entrare nella stanza.

-Cosa stai facendo Leia? Sei forse impazzita?- esclama una voce femminile nota. È Nat, conosciuta ai più come Vedova Nera.
-Dovresti essere su quel letto, a riposare. Dove pensi di andare?-. La sua voce ha un tono di rimprovero, ma è sicuramente anche divertita.
-Nat, puoi dirmi che cos'è successo? E tu che ci fai qui, non dovresti essere in missione?- le chiedo, sinceramente confusa. Escluso Tony, Nat è la mia unica amica qui allo S.H.I.E.L.D., ma spesso non ci vediamo per molto tempo, perché veniamo assegnate a missioni diverse. Anche se fa parte di tutto questo da poco più di qualche anno, è ormai un tassello importantissimo non solo per la mia vita ma per l'intero dipartimento.
Non credo di aver mai avuto amici. Prima di lei, solo Tony Stark era riuscito ad avvicinarsi a me. Lui aveva cancellato l'eredità di suo padre Howard, ovvero gli studi sul siero dei super soldati. Lo reputò un'assurdità e distrusse tutto ciò che riguardava il siero, impedendone la replicazione: quindi questo fa di me l'ultima prova vivente, dato che a quanto mi hanno raccontato, l'unico altro esperimento riuscito, Steve Rogers, il famoso Capitan America della seconda guerra mondiale, è scomparso durante una missione. Da quando ho subito il trattamento ho fatto parte dello spionaggio S.H.I.E.L.D., quindi non ho avuto molto tempo per farmi degli amici. E se ne avevo prima del trattamento, in primo luogo non li ricordo ed in secondo saranno tutti già morti e sepolti. Sì, perché il siero non solo mi ha dotato di capacità fuori dal normale ma mi ha donato una vita sorprendentemente lunga.

-Ho fatto presto- dice Nat sorridendomi, scuotendomi dai miei pensieri. I capelli rosso fuoco, raccolti in un comoda treccia, le ricadono su una spalla, donandole un aspetto fiero ma anche delicato. Si siede sul bordo del letto e comincia a battere con una mano sul materasso, facendomi segno di sedermi.
Lo faccio volentieri, un po' perché la testa ancora gira velocemente, un po' perché ho bisogno di un po' di contatto umano. Mi accomodo accanto a lei, con i piedi che dondolano nel vuoto e appoggio la testa sulla sua spalla, mentre lei passa un braccio sulla mia schiena e mi abbraccia delicatamente. Probabilmente ha chiesto a qualcuno come stavo, perché fa molta attenzione a non toccarmi i lividi.

-Tu sai quanto sono rimasta qui?- domando a Nat e la sento sospirare.
-Due giorni. Tony è quasi sempre stato qui, ma visto che sono tornata presto gli ho dato il cambio. Dovrebbe tornare tra qualche ora. Era molto preoccupato. Sento dei passetti veloci avvicinarsi all'infermeria, quindi sollevo la testa per accogliere chi sta entrando: una piccola donna vestita da infermiera entra bussando e mi rivolge un sorriso cordiale, che diventa velocemente una smorfia di disapprovazione non appena vede che non sono distesa e che tutti i macchinari sono staccati. Nat si alza e si allontana dal letto, mentre la donna fa il suo lavoro, ricollegando tutti i fili e i tubicini, benché mi lamenti sonoramente e continui a dire che mi sento bene.
Dopo qualche minuto la donna se ne va, lasciandomi di nuovo sola con Nat, che mi guarda sorridendo.
-Che c'è? Che cos'hai da ridere?- chiedo fingendo sdegno.
-Lieta di vedere che non hai perso la voglia di lamentarti per qualsiasi cosa- dice sorridendo, mentre incrocia le braccia sul suo petto.
-Quella mai- rispondo, sorridendo a mia volta. Ma ora, pur essendo felice di passare finalmente dei momenti spensierati insieme alla mi amica, ho bisogno di sapere.
-Ora mi dici che cosa è successo?-
Un guizzo di preoccupazione coinvolge il suo sguardo, ma è un momento talmente breve che mi chiedo se non me lo sono immaginato.
-Non ricordi nulla?- domanda in tono neutro.
-Ho un nome che mi ronza in testa da quando mi sono svegliata, ma nient'altro-
-Qual è il tuo ultimo ricordo?- domanda, e nel farlo vedo che arriccia le labbra, segno che è preoccupata. Decido comunque di assecondarla.
-Vediamo... Sono sul tetto e tengo d'occhio Malikov. Prima di sparargli vedo un movimento sul tetto. E... -un ricordo si fa largo nella mia memoria. Poi due, tre, finché non mi torna alla mente tutto ciò che è successo, dalla mia fuga dal tetto all'uomo misterioso con il braccio di metallo, fino al momento in cui dico...- Bucky.

WINTER SOLDIERS - Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora