26. Seattle

122 4 0
                                    

Giro lo sguardo su di lui e noto che mi sta fissando. I suoi occhi sembrano fatti di acciaio fuso, così penetranti da entrarmi dentro e sconquassare tutto. Poi piano abbassa lo sguardo: mi sta accarezzando con la vista, soffermandosi sulle braccia dove i segni delle sue dita dopo la presa di prima sono ancora debolmente visibili sulla mia carnagione chiara, anche se ormai quasi del tutto guariti.

-Non sono fatta di vetro, non mi rompo se mi tocchi un po' più forte- affermo in tono deciso, ma la mia voce esce più debole di quanto volessi. Lo vedo sgranare impercettibilmente gli occhi, sento il suo cuore pompare più velocemente. Devo averlo agitato con quello che ho detto.

-Non avrei dovuto aggredirti in quel modo- dice in tono sommesso.

-E io avrei dovuto stare al mio posto. Non dovevo parlare per conto tuo in quel modo. So bene che non hai bisogno che io ti difenda-

Poso di nuovo lo sguardo sull'agendina rossa che ho in mano.

-Non posso sapere cosa hai passato. Ma sono certa che farò tutto ciò che è in mio potere per fare sì che non succeda di nuovo- dico senza esitazione. La mia mano trema leggermente nell'aprire la piccola agenda.

Le pagine sono riempite da una fitta grafia straniera. Alcuni grafici di cui non capisco il significato riempiono gli spazi vuoti.
Circa a metà del libretto noto una pagina con un angolo ripiegato all'interno. Apro a quell'altezza e la pagina sulla sinistra riporta il disegno della stella che è presente sul braccio di James, mentre nella pagina accanto c'è una lista di parole, scritte nella stessa grafia del resto del libro. Sfioro con le dita quelle parole.

-Non sono quelle esatte, se è quello che ti preoccupa-
-Che vuoi dire?-
-Loro... Quelli dell'Hydra, usavano una serie di parole quando mi facevano tornare... il loro Soldato- dice con voce profonda.
-Alcuni uomini mi ripetevano quelle parole durante il trattamento e mi... Resettavano. Bloccavano i miei ricordi in questo modo e così anche la mia... umanità-

Mi si stringe il cuore. Non mi ha mai parlato molto della sua vita come soldato dell'Hydra. E io non ho mai insistito.

Sharon appare dal corridoio, facendoci sobbalzare.

-Stiamo per partire-

Io e Buck annuiamo in sincrono.
Lancio un ultimo sguardo alle scritte sulla pagina. È dura pensare come delle semplici parole possano dare un potere così grande su un persona. Sospiro e richiudo l'agenda, riponendola di nuovo nella sua custodia.

***

Una volta arrivati a Seattle, ci dividiamo. Sharon si stabilisce in un hotel poco distante dal luogo in cui si terrà il galà, io e James ci dirigiamo in un altro hotel, leggermente più distante.
Devo dire che lo S.H.I.E.L.D. non si è risparmiato per il nostro teatrino.

Siamo in un hotel 5 stelle, l'entrata è moderna ma lussuosa e subito due ragazzi vengono ad aiutarci con i bagagli. Da quando il quinjet è partito, ho iniziato ad immedesimarmi nella parte: sono Charlotte, figlia di un magnate americano, entrata in possesso grazie ai soldi di mio padre del Soldato d'inverno. Ed ora, lui è la mia guardia del corpo.

Mentire mi riesce facile. Bucky dovrà invece stare in silenzio ed avere un'aria minacciosa. E, se devo essere sincera, la cosa gli viene particolarmente bene.

Il direttore ci accompagna personalmente all'ascensore. Bucky è in silenzio, appare guardingo mentre scruta la gente che riempie la hall e, vestito di nero com'è, sembra proprio una guardia del corpo. La giacca in pelle nera è chiusa e dei guanti neri nascondo la vera natura del suo braccio metallico. I pantaloni neri e degli anfibi dello stesso colore completano il suo look, in pieno stile bodyguard. Mi fermo qualche secondo di troppo a fissarlo e lui, sentendosi osservato, si gira verso di me. Colta in flagrante arrossisco, mi volto verso le porte scorrevoli dell'ascensore che, grazie a qualche strana coincidenza, si aprono proprio in questo momento.

Una volta dentro l'ascensore il direttore ci comunica il codice per arrivare al piano, infatti le nostre stanze sono nella suite che riempie l'intero attico del palazzo.

Una volta lì, rimango a bocca aperta: l'intera parete è formata da una vetrata, che permette di vedere il Needle e lo Skyline del Puget Sound. Il sole sta calando proprio ora, tingendo di rosso il cielo e gli edifici.

- Se vuole seguirmi, signorina Bells, le mostro la sua stanza- dice il direttore. È un bell'uomo sulla quarantina, molto abbronzato e dall'aspetto curato. La sua voce è roca e sensuale e sembra proprio che ci stia provando, spudoratamente.

Lo seguo e lancio un'occhiata a Buck. Ora lo sguardo minaccioso è tutto per il direttore.

-La sua stanza è completa di cabina armadio, bagno e sauna. I miei ragazzi si occuperanno di allestirle la sauna nel frattempo, se desidera usufruirne subito. Come può vedere da qui si vede tutto il Puget. La vista... è mozzafiato- dice il direttore, facendo scivolare il suo sguardo lungo il mio corpo, dall'alto al basso e viceversa. Mi sento ridicolmente poco vestita. Per quanto abbia protestato, sembra che il personaggio che interpreto ora sia una ragazza viziata decisamente disinibita. Il vestitino verde che indosso lascia poco (o meglio nulla) all'immaginazione. Ha una profonda scollatura sulla schiena e a malapena mi copre il sedere.

Mi avvicino a lui suadente, cercando di essere quanto più sensuale possibile.

-Ovviamente...- gli sussurro all'orecchio. -Ma solo se tu vieni con me- dico allontanandomi passando la mano sulle sue spalle e posizionandomi davanti a lui.

-Wow, okay... - risponde imbarazzato ed eccitato dalla prospettiva, mentre lancia sguardi preoccupati in direzione di James.

James da vicino alla porta si schiarisce la voce. Io mi allontano sghignazzando, congedando il direttore e i ragazzi che hanno portato le valigie nella stanza.

-Era davvero necessario?- domanda James infastidito.
Lo guardo confusa e divertita, mentre mi avvicino.
-Devo rimanere nella parte, no?- dico con un sorriso malizioso sul volto.
-Comunque dobbiamo ancora finire il nostro discorso. Ovviamente non ora, dobbiamo sbrigarci- dico in fretta, cercando di camuffare la tensione nella mia voce.
-Leia...- comincia il moro con voce roca ma lo interrompo, allontanandomi in fretta da lui.

Mi chiudo rapidamente nella mia stanza. Mi dirigo verso il bagno e mi faccio una doccia rapida. È meraviglioso, la sensazione dell'acqua tiepida che mi accarezza è rilassante.
Resterei qui dentro per sempre ma alla fine mi scuoto ed esco, agguantando l'accappatoio bianco che si trova appeso appena fuori dalla doccia.
Mentre ancora mi sto asciugando,mi dirigo verso la camera e lancio un'occhiata nella cabina armadio, dove trovo l'abito che dovrò usare per il galà appeso in bella mostra. È un bellissimo vestito lungo nero con le spalline cadenti e molto aderente. La scollatura è profondissima, è decisamente un'abito che fa colpo e si fa notare.

Mi acconcio in modo semplice e pratico i capelli, nel caso ci fosse bisogno di entrare in azione, metto un filo di trucco e mi infilo la guepiere in pizzo nero: la scollatura è perfetta per  il vestito, l'intimo è perfettamente nascosto dall'abito. Mi infilo rapidamente il vestito e mi guardo allo specchio. L'abito è meraviglioso e mi calza a pennello. Inserisco alcuni coltelli nella guepiere, aggiustandoli in modo che non si vedano. La gonna è strategicamente larga nei punti in cui li nascondo, ma non troppo da fare sospettare che ci sia qualcosa. Liscio qui e lì la stoffa, guardandomi da ogni angolo.
Qualcuno bussa alla porta e mi distrae dalla mia analisi.

-El... è ora di andare - dice James aprendo la porta.

WINTER SOLDIERS - Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora