11. Ricordi

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Leia, 1947

Marcel mi sta sotto, io carico un destro, poi un sinistro. Lui para il primo e il secondo, poi si prepara a colpirmi di nuovo, ma la luce balza fuori da me e blocca il colpo, avvolgendogli il braccio fino al gomito e torcendolo dietro la sua schiena. Si lascia scappare un grugnito, ma è l'unico segno di frustrazione che mi concede.
Con un rapido movimento riesce a liberarsi e cerca di sbilanciarmi agganciandomi la gamba con la caviglia ma il mio potere corre di nuovo in mio aiuto, sorreggendomi e rimettendomi stabilmente a terra. Due lingue di luce si allungano e si dirigono verso le braccia di Marcel, sollevandolo da terra e sbattendolo al muro, a circa un metro dal pavimento.
-Basta! Ok, mi arrendo!-
Con un ghigno di soddisfazione lo faccio lentamente scendere a terra e la luce lo lascia andare solo quando è stabile.
Lui appena libero si massaggia le braccia. Forse ho stretto un po' troppo. Quando vede il mio sguardo preoccupato si affretta a rassicurarmi.
-Va tutto bene, sei andata alla grande. I tuoi avversari non sono me-
-Ti fa male?-
-No, Leia, è tutto ok. Quando il tuo potere mi tocca mi lascia solo un po' di formicolio-
Annuisco. Lascio andare la tensione e rilasso i muscoli.
Gli allenamenti con Marcel sono per lo più un'abitudine ormai. Avremmo potuto smettere tempo fa di allenarci insieme, ma ci intendiamo bene: io so come gli piace allenarsi, lui conosce i miei punti deboli.
-Ci vediamo venerdì?-
-Domani parto per una missione. Non ho idea di quando tornerò, ma appena sarò in città te lo farò sapere- dico scoccandogli un sorrisino. Lui si dirige verso la porta ricambiando il sorriso.
-Ci conto, eh? E cerca di non fargli troppo male- le ultime parole le urla dal corridoio, le quali infine rimbombano nella palestra, dove ci sono solo io. Prendo le mie cose e mi dirigo alla mia stanza. Sono ormai due anni che ci vivo. Sarebbe dovuta essere una dimora temporanea, solo per qualche tempo, ma alla fine è diventata la mia casa. Quando ho trovato il coraggio di tornare nel mio vecchio appartamento, non appena sono entrata mi sono sentita come se fossi entrata a casa di uno sconosciuto, fuori posto. Quindi ho raccolto i pochi oggetti che mi erano familiari, i miei vestiti e qualche foto e sono tornata alla mia stanza vicina alla palestra nella base dello S.H.I.E.L.D.
Tutto ciò che ho portato via stava in una valigia. L'appartamento l'ho venduto e non ci sono mai più tornata.
Il mio udito, ora molto più allenato, sente un ticchettio nel corridoio, sembrano tacchi, e si stanno avvicinando. Generalmente è un piano non molto frequentato quello dove si trova la mia stanza, quindi sono incuriosita: chi potrebbe essere?
Indosso un maglia e mi siedo sul bordo del letto, mettendomi a fissare la porta in attesa che chi sta arrivando bussi o apra la porta.
U

n bussare gentile si diffonde attraverso la porta in metallo qualche secondo dopo e si sente una voce dolce.
-Leia? Posso entrare?-
La riconosco subito. La testolina castano scuro di Peggy sbuca e un sorriso luminoso le riempie il viso, facendola sembrare poco più che un'adolescente. Fa qualche passo nella stanza e si avvicina al secondo letto che si trova a qualche passo dal mio e ci si siede.
-Com'è andata la tua ultima missione?-
-Bene, il solito. Ero in Europa, sulle Alpi al confine con l'Italia, per la precisione! Neve ovunque...-
Il suo volto si irrigidisce. Noto subito che c'è qualcosa di strano, non è da lei non fare commenti su dove ho avuto una missione. Generalmente ha sempre un aneddoto per ogni luogo.
-Che succede?-
-Nulla-
-Dimmi avanti-
-No, nulla, davvero-
-Nessun commento?-
-No, mi sono ricordata che devo fare una cosa...- risponde in fretta, evasiva, e fa per alzarsi. Allungo le mani verso di lei, come per fermarla, e il mio potere esce involontariamente dalle mie mani, bloccandole i polsi. La luce azzurra le impedisce di andarsene, ma la ritiro subito, guardando lo sguardo preoccupato che mi sta lanciando Peggy.
-Scusa... Non volevo- dico, abbassando lo sguardo sulle ultime volute di luce azzurra che ritornano dentro di me, lentamente, quasi assonnate.
Un silenzio grave aleggia tra noi. Il nostro rapporto è splendido, ma ho notato che, soprattutto negli ultimi tempi, è più frustrata di me quando si rende conto che ancora non ricordo nulla del mio passato.
Il dottor Malinsky è ancora parte della mia routine ogni volta che sono in città ma, sebbene abbia provato centinaia di metodi per riportare a galla i miei ricordi, ancora niente è riuscito a scalfire il muro che si è eretto tra me ed il mio passato fin'ora. Nemmeno le storie sul mio passato che mi racconta Peggy hanno mai sortito alcun effetto.
Io ho smesso di sperare di riuscire a ricordare qualcosa. Continuo le mie visite con Malinsky più per fare un piacere a Peggy che per me stessa. So che per lei sarebbe fantastico riavere la sua amica, ma temo che non succederà mai più.
-Che succede? Cos'hanno di strano le montagne europee?-
-Assolutamente nulla-
-Allora perché sei diventata strana quando le ho nominate?-
-Non sono affatto diventata "strana"- dice mimando le virgolette con le dita e resta in piedi a ciondolare da una gamba all'altra.
-Peggy... Che c'è che non va? Ha a che fare con i miei ricordi? E successo qualcosa lì che dovrei ricordarmi?-
Sbuffa sotto voce.
-Può essere...-
-Raccontamelo, allora-
-No, il dottor Malinsky dice che devi farlo da sola, devi impegnarti per ricordare...-
-Ma Peggy, se non mi ricordo nulla non è colpa mia... E lo sai bene che quando cerco di ricordare qualcosa mi viene l'emicrania... Non mi piace stare male per qualcosa che non sortisce nessun effetto-
Nel sentirmi parlare è diventata rossa, sembra un bollitore sul punto di fare uscire il vapore per la troppa pressione.
-Quindi non vuoi ricordare!- sbotta infine, la sua vocina sottile rimbomba vigorosa tra le pareti in cemento della mia stanza. Abbasso lo sguardo, sentendo l'eco della sua voce rimbalzare all'infinito sui muri, fino a spegnersi.
-Non ho detto questo-
-Beh ma è così, no? Il dottor Malinsky ha detto che...-
-Che devo essere io a voler ricordare, altrimenti i ricordi non torneranno mai, pensi che non me lo ricordi?-
-No, ma se ti sforzassi un po' di più...-
-Dannazione, Peggy, sono due anni che il dottor Malinsky cerca di farmi tornare in mente qualcosa e ancora non sono riuscita a ricordare nulla! Hai la minima idea di quello che vuol dire per me? Non avere idea di quello che ho vissuto per tutta la mia vita? Come pensi che stia quando tu mi racconti tutto quello che abbiamo passato insieme?-
-Io... Non ci avevo pensato...-
-Certo che no, perché voi pensate che io non voglia ricordare, per voi è comodo pensarlo. Ma sono io a vivere con un vuoto incolmabile nella testa, con l'emicrania ogni volta che decido di provare a concentrarmi per vedere se ricordo qualcosa. Quindi scusa se non ricordo cos'è capitato sulle Alpi italiane non so quando-
Detto questo mi alzo dal letto ed esco dalla stanza, troppo arrabbiata per stare a sentire Peggy, che mi prega di restare e di ascoltarla. È il mio potere ad aprire la porta e a richiuderla dietro di me con un tonfo.
Qualche secondo dopo la porta si riapre ed esce Peggy.
-Leia, aspetta, per favore!-
-Cosa dovrei aspettare? Di sentirmi dire ancora quanto poco mi impegni? Basta! Sono stufa di tutto questo!-
-Leia, perdonami...Ora calmati, ti prego!- noto il suo sguardo. Una sottile sfumatura di panico le avvolge gli occhi. Poi capisco cosa la preoccupa: la luce mi sta avvolgendo pian piano tutto il corpo, come una coperta. Immagino come possa sembrarle: sebbene sappia che non le farei mai del male, vedermi così la spaventa, si vede. Riporto nuovamente il mio potere dentro di me, invisibile agli altri.
-Leia- sussurra una volta che la luce è sparita.
-Peggy, non credo di poter andare avanti ancora a lungo così-
-Lo so... Non avrei mai voluto farti passare tutto questo. Scusami. E non devi andare per forza dal dottor Malinsky-
-Ma tu ci tieni tanto...-
-Io tengo a te, con o senza ricordi. Il resto conta poco- risponde decisa, lo sguardo è tornato fiero. È tornata la Peggy fiera e combattiva.
Sussurro un "Ti voglio bene" leggero prima di abbracciarla.

WINTER SOLDIERS - Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora