4. Buchanan

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Leia, presente

Saliamo in fretta sull'aereo che ci porterà in mezzo al ghiacciaio dove hanno recuperato Steve Rogers. È un aereo militare, quindi ci sediamo sui sedili a ridosso delle pareti e ci allacciamo le cinture, che somigliano a delle imbragature. Al centro è sistemata una capsula criogenica, che è collegata a un'infinità di tubi e cavi: questa ci servirà a riportare Rogers a New York. Ma non posso fare a meno di pensare che assomiglia troppo a una bara.
Io e Nat siamo sedute una di fronte all'altra. Sto fissando la capsula, ancora persa nei miei pensieri, quando la sento parlare.
-A cosa stai pensando?-
-Al fatto che sembra una bara-
-Beh, non hai tutti i torti...- e sorride. La imito.
-Sai, Peggy mi ha sempre parlato molto di Steven. Mi ha raccontato tante cose su quello che eravamo prima che io diventassi... Così- dico, indicandomi velocemente.
-Peggy... Margaret Carter? Quella Carter?- risponde con tono incredulo. La guardo con un sorrisino leggero che mi increspa le labbra.
-Sì, lei. Ho lavorato per lei prima del siero, mi diceva che eravamo grandi amiche. E non stento a crederlo. Dopo il siero è stata l'unica ancora al mio passato. Lei mi raccontava sempre tanti aneddoti, ma io non ho mai ricordato nulla. Fino a...-
-Fino a quel Bucky, giusto? Chi pensi che sia in realtà?-
-Sai è questo il punto. Sto cercando di ricordare se Peggy mi ha mai parlato di un Bucky, ma non ne ho memoria. Gli unici di cui mi parlava era Steve e il nostro migliore amico, James-
-Potresti fare qualche ricerca o potresti chiedere a Peggy in persona-
-Beh, tentare non nuoce. La sua mente è sicuramente ancora brillante, anche se il fisico la sta abbandonando- sospiro, triste. Non è la prima volta che vedo qualcuno che conosco arrivare al capolinea della propria vita per vecchiaia, ma Peggy è il mio unico legame con ciò che ero prima. Perderla significherebbe perdere me stessa, di nuovo. E non so se ne sono capace. Non so se sono pronta.
-Hai ricordato altro, dopo l'evento con quell'uomo?- domanda Nat, cercando di distrarmi dal pensiero di Peggy.
-Solo una cosa. Ero davanti a uno specchio e mi stavo legando i capelli in una coda. Ero giovane, poco più che adolescente e un ragazzo mingherlino mi si avvicina con dei fiori in mano-
-Era...-
-Non era lo stesso che assomiglia a quell'uomo. Era qualcuno che assomigliava a Rogers. Solo che molto meno imponente-
-La Carter ti ha detto che tu e Rogers eravate amici prima del siero. Probabilmente è un ricordo di quando eri più piccola-
-Sì, può essere... Ma non sono sicura che sia la verità. La mia mente non è affidabile, se si parla del passato. E poi perché questi ricordi hanno deciso di riaffiorare ora? Perché non quando Peggy faceva di tutto per farmi tornare la memoria? Perché la mia mente decide di torturarmi proprio in questo momento?-
-Forse la chiave è quell'uomo. È lui che ti serve per ritrovare la memoria-
-Sì, ma lo hai detto anche tu: come può essere lui? E soprattutto, chi è lui? Non so che cosa...- e mi blocco, assalita da un altro ricordo.

Sono distesa in un prato, il sole brilla sopra di me, la brezza è leggera, estiva. La mia schiena aderisce all'erba, braccia e gambe sono aperte, come a formare una stella. Sto ridendo di gusto, una di quelle risate spensierate, da ragazzi. Mentre rido volto la testa. Degli occhi grigio-azzurri si allacciano ai miei poi scivolano sul mio viso, come a volerlo assaggiare con lo sguardo. Anche lui sta ridendo a crepapelle.
-James!-
-Leia!- dice, ma la sua voce ha qualcosa di strano.
-Leia, che hai?-

-Leia! Accidenti Leia, che succede?- la voce di Nat mi riporta alla realtà.
Sono seduta, chinata in avanti, e grosse lacrime scendono dai miei occhi. Lei si è sganciata le cinture ed è venuta lì, davanti a me. Ora è in ginocchio e mi sta sollevando il viso, asciugandomi le lacrime con i pollici e mi sorride, con fare rassicurante ma con una sfumatura di preoccupazione negli occhi.
-Stai bene?- mi chiede, e io annuisco.
-Un altro ricordo? Forse Tony non aveva tutti i torti... avresti bisogno di riposare-
-No!- urlo, ma cerco di darmi una calmata. Mi slaccio dalle cinture e mi alzo, camminando e tenendomi ai cavi che penzolano dal soffitto. Leggere turbolenze fanno sobbalzare l'aereo, facendomi ondeggiare.
-Cioè, sì, sto bene. Non ho bisogno di riposo, ma di risposte. E sì, ho avuto un altro ricordo-
Altre lacrime minacciano di scendere, ma le ricaccio indietro. Poi realizzo. E dalla mia memoria un altro frammento va al suo posto.
-James. James Buchanan Barnes-
-Cosa?- domanda Nat confusa, avvicinandosi.
-James Buchanan Barnes. James Buchanan. Buchanan. Bucky- dico, e Nat capisce a cosa mi sto riferendo finalmente.
-Quindi quell'uomo ti ricorda... James, il tuo amico d'infanzia. E tu lo chiamavi Bucky-
Annuisco.
Sono troppo confusa. Come può essere lui? È impossibile. Non esistono altri super soldati, o Tony me lo avrebbe detto. Deve essere qualcuno che gli assomiglia. Non c'è altra spiegazione.
Il pilota ci informa che siamo quasi arrivati e che siamo pronti per atterrare, quindi ancora sconvolta ritorno al mio posto, e vedo Natasha fare lo stesso, anche se non mi perde di vista un attimo.
L'aereo vira ed infine atterra in modo decisamente poco delicato. Il co-pilota esce dalla cabina di pilotaggio e ci porge giacche di un materiale spesso, probabilmente termico, e degli zaini con dentro beni essenziali. Io e Nat li indossiamo e lo seguiamo mente scende dall'aereo, per finire in mezzo ad una distesa di ghiaccio accecante. Mi stringo la giacca sulla gola.
C'è in freddo terribile. Mi guardo intorno e a qualche decina di metri si vedono i cumuli di neve e ghiaccio spostati dai resti dell'aereo nel quale è stato trovato Rogers. Ci avviamo in quella direzione, precedute dai piloti. Mentre ci avviciniamo noto che è stata allestita un'enorme tenda, da cui escono ed entrano costantemente persone. È lì che ci stiamo dirigendo.
L'interno della tenda è organizzato come un ospedale. Ci sono medici, studiosi, soldati che hanno ognuno un compito diverso. Ma il paziente è solo uno e ora giace in una di quelle celle criogeniche. A differenza di quella che abbiamo portato con noi da New York, questa sembra essere arcaica, rudimentale. Ma funge al suo scopo. Mi avvicino lentamente, quasi impaurita di quello che potrei vedere, chiudo pure gli occhi per un attimo. Poi li riapro e lo vedo. È Steve Rogers. Potrebbe essere addormentato se non fosse per il sottile strato di ghiaccio che gli copre la pelle. Affino l'udito e, sebbene le interferenze degli apparecchi elettronici disturbino il suono, sento un lento, lentissimo battito del cuore provenire dal corpo esanime di quello che un tempo era Capitan America. Per un momento mi permetto di pensare a come sarà il suo risveglio, ma il solo immaginarlo è troppo penoso: sapere che tutto quello che avevi non esiste più e tutti quelli a cui tenevi hanno vissuto la loro vita, mentre tu eri in sospeso tra vita e morte in una bara di ghiaccio... Provo pena per lui.
Appoggio la mia mano sulla teca e sospiro.
Una parte di me, quella che non ricorda, e vorrebbe non ricordare, preferirebbe essere distaccata e professionale. Vorrebbe non essere toccata da questa situazione. Vorrebbe portare a termine la missione e poi passare alla successiva, senza guardarsi indietro, come ho sempre fatto.
L'altra parte però, quella che anela i ricordi della sua gioventù, quella che si concentrava tanto da farsi venire un mal di testa così forte da tenermi a letto per giorni solo per provare a ricordare le scene che mi descriveva Peggy, quella è legata a questo momento. So bene che questo potrebbe cambiare tutto. Potrebbe cambiare me.
Alzo lo sguardo e vedo che Nat mi fissa, con le braccia incrociate sul petto. La mia mano è ancora sopra quella bara.
-Andrà tutto bene, Leia-
Annuisco e tolgo la mano, facendola scivolare nella tasca della giacca. Anche se l'aria pungente che soffia fuori non entra nella tenda, la temperatura rimane molto bassa e un brivido mi scuote.
Un gruppo di persone si avvicina, trasportando la capsula criogenica che riporterà Rogers a casa. Per me è il segnale. Mi sposto, ma non riesco a restare a guardare. Distolgo anche lo sguardo ed esco dalla tenda. Il via vai di persone è un po' diminuito, complice il fatto che quasi tutti sono dentro a vedere cosa sta succedendo. Una volta fuori, rabbrividisco di nuovo e mi abbraccio per non sentire il freddo. Ma non è solo un freddo fisico. Lo sento anche dentro la mente. Mi concedo per un minuto di pensare a cosa dovrò fare quando ritornerò a New York. Il risveglio di Capitan America terrà impegnati un po' tutti alla base dello S.H.I.E.L.D., mentre io dovrò interrogare quell'uomo. E sono intenzionata a scoprire il più possibile.
Dopo qualche minuto, ritorno nel tendone e noto che tutto è pronto. Tutti i tecnici hanno collaborato per spostare il corpo ancora ibernato di Rogers alla sua nuova capsula, che ora svetta splendente in mezzo a non so quante persone, ammassate un po' per necessità (la tenda non è immensa) un po' per curiosità. Beh, suppongo non capiti tutti i giorni di ripescare un eroe della seconda Guerra mondiale vivo da un aereo congelato in un ghiacciaio. Nat mi fa un cenno e mi avvicino alla capsula criogenica, pronta a difenderla. La scortiamo fuori, facendoci largo tra la piccola folla. Arriviamo all'aereo e dopo qualche minuto tutto è pronto per partire.
Steve sta per tornare a casa.

WINTER SOLDIERS - Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora