Capitolo 7

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Mi guardo nervosa allo specchio.

Sono in questa situazione ormai da parecchi minuti, scruto ogni parte di me insieme ad ogni piccolo dettaglio.
Il vestito bianco cade leggero sulle mie forme, valorizzandole e rendendole morbide. I miei capelli lisci piastrati mi arrivano fino alle spalle e non hanno neanche una ciocca fuori posto.

Non mi preoccupa questa serata, se proprio devo dirla tutta. Conoscere i suoi genitori non mi mette soggezione, dato che sarà come conoscere i genitori di un conoscente e non di certo del proprio ragazzo.
Inoltre, se ce n'è bisogno riesco abbastanza a mentire sui miei sentimenti, non sarà di certo un grande ostacolo fingermi chi non sono.

Da un lato devo comunque dire che mi sento terribilmente in colpa e mi dispiace un po' per la sua famiglia, anche se mi reputo brava nel fingere, di certo non è una cosa che mi piace fare. Dall'altro lato però penso che il problema non sia mio ma di Micheal, dato che è stato lui a voler inscenare tutto questo. Mi piacerebbe sapere il motivo, ma forse non mi riguarda.

Credo che però gli domanderò lo stesso come mai non vuole mostrare il vero lui ai suoi genitori, come mai non vuole farsi vedere per il ragazzo che è veramente. Posso immaginare quanto siano diversi tra di loro, ma diversità non è sinonimo di incompatibilità.
Penso che la sua famiglia voglia il meglio per lui e che gli voglia bene in qualsiasi situazione, o almeno lo spero.

I miei pensieri vengono interrotti dal rumore assordante di un'automobile che sembra essersi fermata proprio davanti casa mia. Mi affaccio alla finestra per capire di che macchina si tratta, anche se non ce n'è assolutamente bisogno.

Scendo le scale e trovo mia madre intenta a farcire una fantastica teglia di lasagne. Non ci credo, mia madre non cucina mai nulla e l'unica volta che io non ci sono, si mette a cucinare uno dei miei piatti preferiti.
È ingiusto.

«Signorina, dove stai andando?» mi domanda alzando lo sguardo.

Per poco non gli cade il ragù dal cucchiaio per quanto si stupisce nel vedermi così elegante.

«Mamma, sto uscendo a mangiare fuori con i miei amici. Te ne ho parlato, li ho conosciuti il primo giorno di università.» cerco di spiegarle velocemente.

«Vestita così? Una cena tra amici?» mi domanda confusa.

«Hanno deciso di farmi conoscere la città e quindi di andare nel loro ristorante preferito, a quanto pare è abbastanza raffinato.» mi invento una scusa sorridente.

«Stai benissimo vestita così, spero che tu possa passare una bella serata. Sono felice che tu ti stia ambientando bene.» mi sorride poi.

«Grazie mamma, sappi che però terrò un posticino nel mio stomaco per le lasagne più tardi! Buona serata anche a te.» affermo mandandole un bacio per poi uscire dalla porta di casa.

Cammino con attenzione fino alla macchina di Micheal cercando di non fare figure imbarazzanti e di rimanere in equilibrio sui tacchi.
Alzo lo sguardo e il mio sorriso cessa di colpo quando lo vedo.

«Smith, sei in tuta?» gli domando cercando di mantenere la calma.

«Sí, sono in tuta. E ti ho già detto che odio quel soprannome.» risponde non curante.

Faccio un respiro profondo.

«E io invece odio il tuo modo di fare.
L'altro giorno mi hai detto di vestirmi bene e che sarebbe stata una cena di famiglia elegante, e ora ti ritrovo qua davanti casa mia con una maglietta Nike bianca e dei pantaloni della tuta grigi. Cosa c'è che non va nella tua testa?» gli domando, gesticolando come se non ci fosse un domani.

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