Capitolo 13

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Poso il mio piede destro con tanto di tacco 10cm sull'asfalto e mi affretto a scendere dalla macchina, chiudendomi alle spalle la portiera.
Osservo la vietta dove abbiamo parcheggiato e non posso far altro che sentirmi poco al sicuro; é una via chiusa e totalmente buia, senza neanche un lampione.
Le uniche cose che mi permettono ancora di vedere qualcosa sono le luci delle case e la luce fioca della luna, che brilla alta nel cielo.

«Mi hai portata nel Bronx?» chiedo a Edoardo, camminando verso di lui.

«Sì, circa.» mi risponde intento a chiudere l'auto.

«Beh, fantastico, non vedevo l'ora di girare queste zone abbandonate a loro stesse di New York!» esclamo ironica, mentre prendo a braccetto il mio amico.

«Rilassati Cleo, ho parcheggiato qua perché non c'è casino ed è leggermente fuori da dove stiamo andando ora. Eviteremo danni e guai, soprattutto.» afferma, camminando insieme a me.

«Edo, ti ricordo che stiamo andando a un'esposizione di auto, non a una gara clandestina tra mafiosi.»

«Eh, diciamo che forse su questo ti ho un po' mentito.» mi dice, stringendo stretti i denti.

«Ti sarei grata se mi spiegassi meglio.» rispondo, tenendomi più salda a lui.

«No, non penso che lo farò!» esclama imitando il meme.

«Mi stai dicendo quindi che siamo davvero nel Bronx?» domando, con tono serio.

Cerco di rimanere seria ma non riesco a credere che siamo davvero in qualche zona malfamata, quindi scoppio a ridere e vengo seguita dal mio amico che ci mette un po' prima di rispondermi.

«No, non siamo di certo nel Bronx, puoi stare tranquilla su questo.» mi risponde portandosi una mano sulla faccia, incredulo alla mia stupidità.

«Però stiamo davvero andando a una mostra di automobili, no?» chiedo.

«Te l'ho già detto, non è proprio così e non ho intenzione di dirti molto altro.»

«Mi hai fatto pure mettere i tacchi, sto già soffrendo, direi che è il minimo spiegarmi dove stiamo andando!»

Non mi rendo conto di aver alzato così tanto la voce, finché un gruppo di ragazzi dall'altro lato del marciapiede non si gira e inizia a fissarmi, mettendosi poi a ridere.

«Mi dispiace, non pensavo di aver urlato così tanto.» riesco a dire con un filo di voce a Edoardo.

«Non preoccuparti, non é successo nulla. É comprensibile, ma stai tranquilla che sono sicuro ti piacerà lo spettacolo a cui tra poco assisteremo.» mi rassicura lui.

Anche se in realtà rassicurare é un parolone, visto il posto dove ci troviamo sarebbe più rassicurante tenersi una pistola nei pantaloni o nella borsa.
Nonostante tutto però, la strada ora sembra essere più tranquilla e soprattutto più illuminata, grazie ai parecchi lampioni che mostrano per bene tutte le strade e le case attorno a noi.

Dopo circa cinque minuti arriviamo finalmente nel luogo prestabilito, che sembra essere un enorme parcheggio leggermente fuori dalle strade principali di New York.
Riesco a vedere qualche decina di persone e soprattutto un paio di auto che stanno correndo a velocità spropositate, mentre delle ragazze fanno il tifo per loro e segnano con delle bandierine i vincitori che riescono a tagliare il traguardo.
Più ci avviciniamo più si sente la musica che suona alta dalle casse e dagli stereo posizionati ai lati del parcheggio, rigorosamente posti vicino a degli stand che sembrano essere veri e propri banconi di bar.

Decido di non proferire parola e di seguire Edoardo, mentre piano piano ci introfuliamo tra la folla e tra la musica ad alto volume, che ora sta riproducendo "Motorsport" dei Migos.
Fortunatamente non ci sono tante persone, si riesce bene a girare e a camminare stando a metri e metri di distanza da esse, dato l'enorme spazio che questo parcheggio offre.

Arriviamo al centro del piazzale, dove tutti sono solamente al bordo e dentro al grande cerchio ci sono solo due macchine, intente a fare drifting e girare su se stesse, facendo un rumore assordante e alzando un fumo denso.
Mi dispiace molto per le gomme di quelle macchine, ma ancora di più per i proprietari, che a fine serata dovranno cambiarle e spendere soldi per comprarne altre dato che sono tutte consumate.

«Non è una mostra di auto, decisamente!» urlo nell'orecchio a Edoardo, mentre continuo a guardare le due macchine sportive.

«Ti piace?» mi chiede lui.

Osservo ancora di più lo spettacolo davanti a me, mentre le due macchine continuano a driftare e sembrano quasi venirmi addosso, per la poca distanza tra noi e il fumo degli pneumatici che rende il tutto ancora più confusionario.

«Credo che qua non ci si potrà annoiare di certo.» gli sorrido.

«Te l'avevo detto che ti sarebbe piaciuto, vengo qua da quando mi sono trasferito in America, ma c'è anche un'altra cosa che devi sapere.» mi dice lui, avvicinandosi a me per farsi sentire meglio.

«Che cosa?» gli chiedo confusa.

«Seguimi e ti faccio vedere.» afferma.

Le due automobili si fermano e la gente attorno inizia ad andarsene via, o meglio, a spostarsi e andare a fare rifornimento ai banconi più avanti acquistando dei drink.

Io ed Edoardo, però, andiamo nella parte opposta e ci avviciniamo sempre più al centro e alle due macchine, che ora sono spente.
Non so bene cosa stia facendo in questo momento, ma ciò che mi interessa è osservare quanto siano belle e quanto possano costare macchine di questo tipo.
Quella nera con dei dettagli viola all'esterno e i LED viola all'interno però attira la mia attenzione e con particolare sorpresa, é proprio quella a cui Edoardo si sta avvicinando.

«Cazzo alla fine sei passato allora!» il pilota esce dalla macchina e con un sorriso saluta il mio amico, abbracciandolo.

La sua voce mi fa bloccare e irrigidire le gambe, capendo subito di chi sia.

Spalanco gli occhi e rimango incredula nel vedere Micheal uscire dall'automobile.

«Te l'avevo detto che non me lo sarei perso, é da tanto tempo che ormai non stiamo qua insieme e non corriamo. Voglio proprio farti mangiare l'asfalto più tardi!» esclama Edoardo sorridendogli amichevolmente.

Rimango ancora più confusa e sconcertata allo stesso tempo, quando realizzo che anche Edoardo correrà in auto e gareggerà con Micheal.

Il mio tutor universitario poi, sposta finalmente lo sguardo su di me notandomi e nel vedermi la sua espressione ritorna seria, smette immediatamente di sorridere e i suoi occhi si fanno più cupi.

«Pare che tu abbia visto un morto.» proferisco io, facendo un passo per avvicinarmi di più.

«Cosa?»

«Sembra che tu abbia visto un morto, hai smesso subito di sorridere. Va bene che sono vestita tutta di nero oggi, ma non credo di essere venuta a un funerale.» gli rispondo, guardandolo negli occhi.

Stasera ho optato per un top corto nero, dei pantaloni a zampa di elefante neri e delle décolleté da 10cm nere lucide.

«No, è solo che non pensavo venissi anche te.» mi risponde senza scomporsi.

I suoi occhi castani si fanno sempre più freddi e gelidi, come se non traspirassero alcuna emozione.
Non capisco come faccia a incupirsi così tanto, non mi stupirei se un giorno scoprissi che in realtà è un vampiro o un lupo mannaro.

«Mi ha trascinata lui!» alzo le mani in segno di innocenza, indicando con un cenno Edoardo.

«Non c'è nessun problema, mi fa piacere.» afferma poi, facendomi un sorriso.

Penso che non abbia mai fatto un sorriso così falso e sforzato nemmeno io quando volevo star simpatica alla prof che più odiavo alle superiori.

«Un sorriso decisamente pessimo, Smith.» penso nella mia mente, mentre mi metto a braccia conserte.

«Anche la tua presenza qua é pessima, ma cerco di non farlo notare troppo.» mi risponde Micheal.

Mi metto una mano davanti alla faccia quando realizzo che quella frase non l'avevo solo pensata, ma anche detta involontariamente.

Che figura di merda.

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