Capitolo 4

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Oggi sembra pesare di più, il sonno rispetto alle altre mattine è triplicato e percepisco un senso non indifferente di stanchezza e pigrizia sul mio corpo. Credo proprio che non andrò mai più a una festa se so che il giorno dopo devo andare in università a seguire le lezioni.

Mi preparo abbastanza velocemente, opto per dei jeans a vita alta e una felpa grigia che decisamente non valorizza il mio fisico anche se poco mi importa, oggi è già tanto se sono riuscita ad alzarmi dal letto e lavarmi la faccia.

Prendo la mia borsa ed esco di casa salutando i miei genitori. Non perdo tempo ed indosso subito le mie cuffiette, facendo partire la mia playlist di rap americano formata per lo più da cantanti donne.

Dopo circa mezz'ora arrivo davanti all'imponente Columbia University che continua a suscitarmi una certa sensazione intimidatoria e poi mi avvio verso lo stand di giurisprudenza, dove trovo Rose e Michelle intente a parlare e a ripassare con due libri in mano.

«Ehi, come state?» domando salutandole.

"Non me lo chiedere neanche, ieri sera una volta tornata a casa ho vomitato di nuovo anima e corpo. Comunque ci tenevo davvero a ringraziarti, da quanto ricordo sei stata tu ad avermi aiutato ieri sera.» mi sorride Michelle facendomi dei tenerissimi occhi dolci.

«Io sto alla grande, credo che presto non sarò più single ragazze.» esclama Rose con un sorriso fiero sul volto.

«Voglio sapere tutto delle vostre cotte.» le guardo con occhi stretti, come se lo stessi imponendo.

Michelle scoppia in una risata.

«Ah beh, devi parlare con lei. Io odio qualsiasi ragazzo.» mi dice ridendo mentre iniziamo ad avviarci in aula.

Amo il suo spirito e il suo sarcasmo.

«Beh io mi sto frequentando con una ragazza che ormai mi piace da parecchio e grazie a Dio sembra ricambiare. Usciamo quasi ogni giorno.» confessa Rose mentre si mette dietro l'orecchio una ciocca di capelli, come se fosse imbarazzata.

«Ma è fantastico! Anche se non siamo ancora del tutto in confidenza ci tengo a dirti che puoi dirmi tutto ciò che vuoi, a patto che tu sia te stessa. Non giudicherò mai.» le rispondo facendole un sorriso rassicurante.

Lei ricambia e non posso far altro che pensare a quanto sembri piccola e indifesa in questo momento, dopo avermi rivelato questo suo importante lato.

Edoardo e Wilson oggi non sono venuti, ieri sera sul nostro gruppo avevano scritto di non aspettarli nemmeno prima di entrare perché sarebbero stati a dormire almeno fino a mezzogiorno.

Che dire, due signori certamente intraprendenti e con una forza di volontà incredibile.

Appena entro in aula però vengo fermata dal professore di diritto civile, che si avvicina per parlarmi. In questo momento spero solo di capire perfettamente ciò che mi dirà, pregando le mie skills nella lingua inglese.

«Lei è la signorina Va..Valenti, giusto?» mi domanda cercando di pronunciare il mio cognome in maniera corretta.

Chiaramente, non ci è riuscito per colpa del suo accento.

«Sono io, mi dica pure.»

«Ho notato che è appena arrivata negli USA, immagino che non sia una passeggiata per lei riuscire a comprendere pienamente la nostra lingua e l'insegnamento mediante essa. Mi sbaglio?» mi domanda sistemandosi gli occhiali da vista.

«Si, diciamo che ho qualche piccola difficoltà, ma nell'insieme credo di star facendo un buon lavoro.» rispondo.

«Sa, io ci tengo molto ai miei studenti ma soprattutto tengo molto al fatto che loro una volta finito il corso di laurea, siano davvero preparati. Per questo ho deciso di assegnarle un tutor, un ragazzo più grande che può fare al caso suo. Mi segua pure.» afferma, invitandomi a seguirlo.

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