CAPITOLO 33

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"C'è sempre qualcosa di bello che dovrà arrivare. Ricordalo"

SAMANTHA

Tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo mentito. Magari davanti ad un regalo che non ci piaceva veramente, ad un piatto di pasta della mamma che non aveva un odore invitante o ad un professore che chiedeva perchè i compiti che c'erano per casa non fossero stati svolti. Tutti ci siamo ritrovati a guizzare lo sguardo di qua e di là, morderci il labbro inferiore o giocare con il lembo della nostra maglietta facendolo attorcigliare intorno al nostro indice per paura che la nostra espressione potesse, in modo o in un altro, tradirci.

Da bambina, ogni qualvolta mi ritrovassi a mentire, mio padre faceva uscire il suo lato da poliziotto e lo utilizzava a suo piacimento. La maggior parte delle volte il finale della storia era sempre lo stesso: scoppiavo a piangere e lo imploravo di perdonarmi. Lui, prontamente, mi diceva che non era nulla di che, ma mi ribadiva di non farlo più.

Eppure a vent'anni sono qui, seduta sulla sedia dell'enorme sala pranzo della casa di mia madre e del suo fidanzato, a dire che va tutto bene quando tutto sta andando a puttane.

"E lo studio? Come prosegue?"

Jonathan ci sorride, versandosi un pò di vino nel suo calice.

Io non rispondo, occupata come sono ad osservare mia madre mentre sistema le posate ai lati dei piatti e si comporta normalmente come se l'ultima volta che ci siamo viste non mi avesse accusato del suo aborto spontaneo.

"Prosegue alla grande" risponde Dawson, sforzandosi di sorridere.

"E il football?"

Devon ridacchia mentre continua a digitare con il suo telefono.

"Bene, papà" un'altra risposta da parte del ragazzo al mio fianco.

Tento di ignorare la sua mano che ogni tanto, sotto il tavolo, sfiora la mia e continuo a guardare mia madre che adesso sorride alla sorella di Jonathan, Brooke. Quest'ultima , da quando è arrivata, non fa altro che giudicare il look delle star del red carpet e mia madre la ascolta come se le interessasse veramente. Il marito, invece, dimostra un'aria simpatica e me lo conferma prendendo in giro in modo scherzoso Jonathan.

"Allora, Samantha..."

Quando lo sento rivolgersi a me, mi volto verso di lui dedicandogli un sorriso di cortesia.

"Mi hanno detto che giochi a basket"

Il gelo mi attraversa le vene, il cuore pare martellare più velocemente e lo stomaco è in subbuglio.

Non ho ancora confessato la verità a nessuno della mia famiglia. L'aborto di mamma è arrivato nel momento sbagliato così l'occasione di poterle parlare dei miei problemi di salute se n'è andata come la speranza di ritornare sul campo di basket.

"Io... non gioco più"

Mamma alza la testa di scatto e mi guarda confusa.

"Che intendi, tesoro?"

Il nomignolo è forzato, il sorriso stentato e la preoccupazione evidente.

"Forse è meglio parlarne dopo"

"Mi dispiace aver toccato un argomento delicato" si scusa Davis, accarezzandosi la barba imbarazzato.

Mi affretto a tranquillizzarlo e presto lui non prende più l'argomento, riprendendo a parlare con Jonathan del più e del meno.

La mia mano viene stretta, ma io non mi curo di vedere di chi si tratti sapendo già chi sia. Emetto un respiro profondo e mi faccio forza per averne abbastanza da affrontare l'intera cena.

The imperfect couple Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora