Capitolo 29

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Buon pomeriggio!

Allora. Quando ho cominciato a scrivere Under Pressure (ed in realtà già mentre scrivevo Undercover) c'erano alcune parti della storia che erano già molto chiare nella mia mente e alle quali non vedevo l'ora di arrivare, nella speranza che scrivendole sarei riuscita a dare loro giustizia. Una di queste parti, forse quella che è stata nella mia testa per più tempo di tutte, è in questo capitolo. Spero di essere riuscita nel mio intento!

Vi ricordo intanto che se avete domande (o volete semplicemente commentare le mie storie o sfogarvi, chi lo sa) il mio twitter, ask e curiouscat rimangono a disposizione. Trovate tutti i link sul mio profilo :)

Un bacio e buona lettura! x

***

Ventidue giorni.

Quello era il tempo che era trascorso da quando avevo messo piede per la prima volta in quella cella. Ne ero sicura al cento per cento non solo perché ogni mattina, quando mi svegliavo, non perdevo neanche un secondo a disegnare una nuova stanghetta sul taccuino posto ad un angolo della scrivania, ma anche perché il mio cervello sembrava essere incapace di smettere di contare i giorni e le ore che trascorrevano lenti ed inesorabili.

Erano ventidue giorni che, ogni mattina alle sette in punto, una guardia lasciava scivolare il vassoio con la colazione attraverso lo sportellino sulla porta. Ventidue giorni che, circa un'ora dopo, Liam veniva a prendermi per portarmi sempre nella stessa stanza, di cui ormai conoscevo a memoria ogni singola crepa sui muri ed ogni incisione sul tavolo che avevo davanti, per un nuovo interrogatorio. Erano ventidue giorni che mi venivano poste sempre le stesse domande e che davo sempre le stesse risposte per ore ed ore, tanto che ero certa che se avessero riascoltato anche una sola delle registrazioni avrebbero potuto fare tranquillamente copia ed incolla per la trascrizione di tutte le altre.

Erano anche ventidue giorni che, durante l'ora di libertà del pomeriggio, rimanevo seduta da sola su una panchina con le ginocchia strette al petto o, nei giorni in cui aveva piovuto, su una sedia in un angolo nella sala ricreativa ad osservare i volti, ormai quasi tutti familiari, degli altri carcerati; avevo anche rivisto Vanderlaan in un paio di occasioni, ma non era più riuscito ad avvicinarmisi visto che, ogni volta che ci aveva anche solo pensato, Liam o la guardia di turno quel giorno non avevano perso tempo a mandarlo via, cosa di cui ero chiaramente contenta. Inoltre, erano sempre ventidue giorni che al momento della doccia ignoravo le domande insistenti delle altre carcerate riguardo il come fossi finita lì dentro, o che mi costringevo a mangiare almeno metà del cibo che mi veniva consegnato nonostante mi sembrava fossero passati anni da quando avevo realmente provato fame l'ultima volta.

Soprattutto, però, erano ventidue lunghissimi giorni che non vedevo Harry né avevo sue notizie. Dopo quella breve videochiamata del giorno successivo al primo interrogatorio, infatti, non solo non mi era più stato concesso di vederlo né di parlarci anche in modo fugace, ma la stessa Freesia non era riuscita a - o, forse, non aveva voluto, a quel punto mi era difficile dirlo - farmi più avere sue notizie. Non sapevo se era vivo, se stava bene, se gli avevano fatto del male o se avesse magari trovato il modo di fuggire; non sapevo dov'era né tanto meno quando e se l'avrei mai rivisto, interrogativi ormai divenuti chiodi fissi nella mia mente e che mi tormentavano tenendomi sveglia la notte nonostante fossi, ormai, mentalmente e fisicamente esausta.

Era forse soprattutto per questo che, dopo appena qualche giorno dal mio arrivo lì, avevo cominciato a pentirmi realmente di quel che avevo fatto. Erano state quelle incertezze, quelle paure ed insicurezze a farmi arrivare alla conclusione che se avessi dato ascolto ad Harry, se non avessi deciso di seguire il mio istinto e non fossi stata così ingenua da credere che sul serio quel piano potesse funzionare, forse in quel momento staremmo ancora insieme; ancora latitanti, ancora senza sapere cosa ne sarebbe stato del nostro futuro, ma almeno insieme.

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