Buon pomeriggio!
Avevo intenzione di postare questo capitolo ieri, ma per qualche strano motivo Wattpad ha deciso di fare i capricci e quindi non ci sono riuscita. In ogni caso è comunque passata solo poco più di una settimana dall'ultimo aggiornamento, il che, dati i precedenti, non mi sembra poi così male ahahah
Non saprei dire perché, ma mi è piaciuto scrivere questo capitolo ed infatti l'ho concluso in pochi giorni, cosa che non mi succede quasi mai. Non è ricco di avvenimenti particolari, ma alla fine c'è qualcosa che secondo me potrebbe essere interessante ( ;) ) e che sicuramente riprenderemo anche nel prossimo capitolo (che ho scritto più o meno per metà e che spero di riuscire a postare la settimana prossima).
Vi lascio al capitolo nella speranza che vi piaccia!
Un bacio e buona lettura :) x
***
HARRY'S POV:
Se un paio di anni prima mi avessero chiesto dov'è che mi vedevo un decennio più avanti, la mia risposta sarebbe stata immediata e, soprattutto, per niente entusiasmante: mi sarei immaginato in una cittadina sperduta di un paese europeo a godermi qualche giorno di vacanza tra una noiosa missione ed un'altra, a fingermi un imprenditore in viaggio d'affari con qualche ragazza incontrata in un bar per persuaderla a concedermi una scopata che avrebbe dato un minimo di brio alla mia vita e risvegliato il mio ego per qualche ora, solo per poi tornare a sprofondare nella solitudine e monotonia alle quali, per allora, avrei sicuramente fatto l'abitudine.
Dopo la morte di Helle, infatti, era esattamente a questo che avevo creduto che la mia vita fosse destinata: noia e solitudine, con in aggiunta una perenne, orribile, sensazione di essere morto insieme a lei ed il macabro desiderio che questo fosse successo davvero. Avevo immaginato che avrei continuato a lavorare fin quando non avrei più avuto le forze per farlo così da non dover tornare in una casa vuota e triste nella quale non avevo mai realmente vissuto, senza nessuno accanto con cui poter parlare o con cui poter uscire per fare una passeggiata e senza realmente avere più alcuno scopo nella vita se non quello di arrivare al giorno successivo. Ero stato certo di aver raggiunto il capolinea ancora prima di aver compiuto trent'anni nel momento esatto in cui avevo perso l'unica persona di cui mi ero fidato abbastanza da permetterle di entrare realmente nella mia vita e, insieme a lei, la voglia di ricominciare a viverla sul serio.
Prim era stata per me un grande, colossale, cambio di rotta. Lasciarmi trasportare nel suo mondo era stato fin troppo facile e, almeno all'inizio, una cosa che avevo detestato: non si era preoccupata di farsi spazio nella mia vita, all'epoca rabbuiata da rabbia e tristezza represse, in punta di piedi, ma l'aveva travolta come un uragano che non ero riuscito ad - e forse, in parte, non avevo voluto - arginare in alcun modo. Con il tempo era riuscita a portare via la tempesta e a far tornare il sereno, a farmi capire che respingere ogni sensazione positiva, ogni emozione e sentimento, non solo non mi avrebbe giovato in alcun modo, ma non avrebbe di certo riportato in vita Helle. Io ero vivo ed avevo il diritto di amare e di essere felice, un concetto semplice che inizialmente non mi era stato facile comprendere e, soprattutto, accettare.
Quando l'anno precedente mi ero ritrovato di nuovo solo, per un attimo avevo temuto di risprofondare nel vortice dal quale Prim mi aveva faticosamente tirato fuori. Più volte avevo quasi finito per salire su un aereo ed andare a Santa Barbara anche solo per un giorno, o per chiamarla per sentire la sua voce o semplicemente per mandarle un messaggio per farle sapere che l'amavo e che mi mancava da morire, ma il timore di metterla, in qualche modo, in pericolo mi aveva sempre frenato e convinto a stringere i denti e continuare per la mia strada. Quel che invece avevo fatto quando avevo avuto una settimana libera, era stato comprare d'impulso un biglietto aereo non per la California, ma per il Michigan: ci avevo ripensato circa un milione di volte in aeroporto ed altre mille una volta atterrato ed aver raggiunto la cittadina nella quale ci trovavamo al momento, ma alla fine mi ero armato di coraggio ed avevo bussato alla porta di Caroline e Michael. Ciò che più di ogni altra cosa mi aveva convinto a compiere quel gesto, era stato il fatto che non avessi aspettative di alcun tipo riguardo il come avrebbero reagito quando avrei detto loro chi ero: si trattava semplicemente di una cosa che sapevo di dover fare, prima o poi, oppure avrei finito per avere rimpianti per il resto della mia vita.
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Under Pressure
FanfictionSEQUEL DI UNDERCOVER Il mondo di Primrose Atwood è già stato messo totalmente a soqquadro una volta, quando si è improvvisamente trovata a fare i conti con segreti più grandi di lei, verità rimaste sepolte per decenni e certezze di una vita crollate...