Capitolo 18

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Buonasera a tutti!

Finalmente il tanto atteso capitolo in cui scopriamo cosa c'è in Michigan è arrivato! Vi assicuro che la vostra sofferenza riguardo l'attesa ha eguagliato la mia per il fatto che non trovassi mai abbastanza tempo per scrivere e, vista l'importanza del capitolo, volevo avere la possibilità di farlo in pace senza dover affrettare tutto solo per pubblicare il prima possibile.

Molti di voi, leggendo, diranno che se lo aspettavano, altri (credo la maggior parte, stando ai commenti sentiti nei mesi scorsi ahahah) rimarranno un po' sorpresi. In ogni caso, non vedo l'ora di scoprire le vostre reazioni e di sapere cosa ne pensate dell'intera questione una volta che il quadro vi sarà finalmente e definitivamente chiaro!

Vi lascio ora al capitolo (piuttosto lungo, avevo bisogno di spiegare le cose per bene) nella speranza che non vi deluda e, come sempre, che vi piaccia. Un bacio e buona lettura! :) x

***

L'avere un modo di fare schietto ed una totale incapacità di nascondere un qualsivoglia sentimento o sensazione, erano sempre stati i motivi principali per cui non ero mai stata in grado di raccontare bugie. Potevo riuscire a nascondere ai miei di aver saltato la scuola, fingermi sobria quando rientravo a casa dopo una nottata fuori e mi consideravo, francamente, la persona più affidabile al mondo con i segreti che qualcun altro mi confidava, ma guardare negli occhi una persona a cui volevo bene e mentirle spudoratamente non era decisamente nelle mie corde.

Era probabilmente per questo che scoprire che Harry mi aveva - ancora una volta - mentito mi aveva fatta sentire così tradita: il mio inconscio non accettava che il fatto che io non fossi in grado di raccontare balle non escludeva che altri riuscissero invece a farlo alla perfezione, ma, soprattutto, non accettava che a farlo fosse proprio l'unica persona della quale mi ero sempre, nonostante tutto, fidata ciecamente.

Harry era bravo a mentire, questo lo avevo sempre saputo. Mi aveva, in fondo, fatto credere di essere un semplice studente della UCSB per più di un anno, aveva celato i suoi crescenti sentimenti per me meglio di quanto io non sarei mai riuscita a fare e mi aveva, ormai più volte, raccontato bugie o mezze verità alle quali non avevo mai, neanche per un secondo, stentato a credere; era così bravo perché mentire faceva parte del suo lavoro e, anzi, ne era probabilmente una delle componenti principali, che in alcuni casi poteva addirittura salvargli la vita. Credevo di aver messo in chiaro ormai da tempo che, quando si trattava di noi due o anche solo di me, quel suo particolare talento non dovesse mai vedere la luce del sole, ma era ora evidente che non avesse ancora compreso pienamente quel concetto.

Per l'intera notte, non avevo fatto che pensare e ripensare a quel giorno. Avevo ricordato come, nel momento in cui avevo impugnato la pistola e mirato verso Fischer, il pensiero che quel gesto potesse ucciderlo non mi aveva fatta vacillare neanche per un secondo, perché l'unica cosa che avevo voluto era stata allontanarlo da Harry ed evitare che gli facesse del male. Avevo tuttavia anche ricordato il sollievo che mi aveva invasa all'istante quando, nella stanza d'ospedale a New York, Harry mi aveva rassicurata del fatto che Fischer fosse ancora vivo: nonostante infatti fosse un mostro, preferivo di gran lunga che marcisse in prigione piuttosto che mi trascinasse al suo livello trasformandomi in un'assassina. Ora che la verità era venuta a galla, non volevo e non riuscivo ad accettare di esserlo.

Sapevo che, in fondo, questo era esattamente il motivo che aveva spinto Harry a dirmi una bugia: aveva sempre fatto del suo meglio per tenermi sotto una campana di vetro, per farmi sentire il più protetta possibile da pericoli e sofferenze che erano più vicini a me di quanto immaginassi, ed in quel caso non era stato diverso. Odiava il pensiero che provassi sensi di colpa o che l'accaduto mi perseguitasse per il resto della mia vita, per questo aveva preferito tenermi all'oscuro e fornirmi una versione degli eventi che mi avrebbe fatta stare in pace con me stessa.

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