Capitolo 7

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Buongiorno!

Orario insolito per un mio aggiornamento, lo so, ma più tardi non avrei avuto il tempo di postare e quindi... sorpresa!

È un capitolo più lungo rispetto ai precedenti, quindi non odiatemi per il fatto che il seguente sarà invece un po' più breve. L'ho corretto velocemente e quindi perdonate eventuali errori, ci tornerò in seguito per ricontrollarlo meglio!

Spero stiate facendo buone vacanze e che siate più abbronzati di me (anche se, a dirla tutta, non è difficile esserlo ahahah)

Un bacio e buona lettura! :) x

***

Essendo di indole una persona chiassosa e turbulenta, il silenzio era una cosa che non avevo mai sopportato.

Fin quando ero sola ci convivevo piuttosto bene e, in alcuni casi, lo apprezzavo o addirittura ricercavo, ma se ero in compagnia era un qualcosa che mi dava ansia e, per compensare, cominciavo a parlare ed ero in grado di non smettere fin quando all'altra persona non sarebbero scoppiati i timpani.

Con Harry, tuttavia, il silenzio non mi era mai pesato. Sarà stato che lui, al contrario di me, era una persona taciturna e sulle sue, perfettamente in grado di non dire neanche una parola per ore ed ore senza farsi scoppiare un aneurisma, ma il mio carattere esuberante riusciva a trovare un equilibrio quando eravamo insieme: la maggior parte delle volte, infatti, ero più che contenta stando semplicemente in sua presenza, sia nel caso in cui ognuno faceva qualcosa per conto proprio, sia se eravamo abbracciati su un letto o guardavamo la TV.

Erano ormai ore che nella camera di quel motel regnava il silenzio, ma, a differenza delle altre volte, esso sembrava pesare quanto un macigno. Da un lato ero ancora arrabbiata per la discussione di qualche ora prima, poiché il fatto che ne avesse, in fondo, fatta una questione di gelosia mi innervosiva terribilmente; dall'altro, per mesi e mesi non avevo desiderato altro che vederlo e parlargli, non importava neanche di cosa, ed ora che avrei potuto farlo eravamo entrambi impegnati a cercare tutti i modi per ignorarci in una stanza grande appena da poterci camminare senza scontrarsi.

In tutto ciò ero anche stata colta da un'ondata di malumore per me anomala, dovuta chiaramente al fatto che non riuscissi ad accettare che la vita di alcune persone stesse andando in pezzi a causa mia e non potessi neanche fare nulla per rimediare. Andrew con me si era sempre comportato bene ed io, seppur non di proposito, l'avevo messo in un guaio enorme che gli sarebbe costato come minimo la carriera: questa era una cosa che odiavo con tutto il cuore e che non riuscivo in alcun modo a mandare giù, neanche se pensavo che, guardando il quadro generale, io fossi coinvolta in guai decisamente più grandi dei suoi.

La notte era calata ormai da tempo, delle nuvole dense oscuravano le stelle e neanche la luna era visibile; avevo spostato la scrivania sotto la finestra e mi ci ero seduta sopra, con le ginocchia rannicchiate al petto, per guardare fuori le sporadiche macchine o persone che facevano la loro comparsa, illuminate solo dai due lampioni sul ciglio della strada. Harry si era tenuto occupato al PC per la maggior parte del pomeriggio, poi aveva dormito un paio d'ore e, quando si era svegliato, aveva ripreso a lavorare e, di conseguenza, ad ignorarmi; doveva essere stata ormai quasi mezzanotte quando aveva spento definitivamente il PC e solo allora, con mia grande sorpresa, avevo sentito la sua voce unirsi ai suoi passi mentre si muoveva per la stanza.

«Hai mangiato qualcosa?»

Ad un certo punto del pomeriggio lui aveva mangiato il pranzo che avevamo portato dalla locanda, ma a me lo stomaco si era completamente chiuso e mai più riaperto.

«No.»

Lo sentii sospirare, ma non disse nulla per convincermi a farlo e si chiuse semplicemente dietro la porta del bagno. Continuai allora a guardare fuori ignorando il peso che avevo nel petto e desiderando che il sonno arrivasse presto, impedendomi così di pensare a quanto la mia vita fosse, ancora una volta, diventata una barzelletta; mi avrebbe impedito di pensare ai miei genitori che in quel momento dovevano star dando di matto nel non sapere che fine avessi fatto e nell'immaginare gli scenari peggiori; mi avrebbero impedito di pensare che, forse, se Harry non si fosse mai presentato a Santa Barbara ed avesse lasciato che la CIA mi trovasse sarebbe stato meglio per tutti, anche per lui.

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