Sabato 14 giugno 2003. Parte II

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Povero illuso, il Fara: mentre ancora andava in giro con l'arnese sull'attenti, ricevette la chiamata della sua morosa, la Cinzia.

«Dove sei che sento casino?».

«Sul camioncino!».

«E da quando in qua vai in giro col camioncino che sei magazziniere?!».

«Da quando i colleghi stronzi mandano i certificati col mal di schiena» sibilò il Fara, aggiungendo due bestemmie che si crepò pure la targhetta di Padre Pio attaccata al cruscotto del camion.

«Senti,» disse lei dopo uno sbuffo, la voce si calmò improvvisamente, «io non posso andare avanti così, litighiamo tutti i giorni. È uno stress infinito, è uno stillicidio».

«Lo so bene, perché me le prendo tutte in faccia le tue critiche, le tue ramanzine da maestra delusa».

«E comunque, nonostante tutto, penso di aver ragione. Non passa giorno che ti vedono attaccato a tipe, l'altra sera mi hanno detto che ti sei pure menato per una. Dimmi che non è vero, almeno questo».

«Ma non è che mi sono menato per una! Era uno che... ma tanto che te lo racconto a fare, non ci crederesti».

«No che non ci credo se non me la dici nemmeno! Cazzo! Dillo!».

Fara sbuffò e poi iniziò il racconto.

«C'era questo, con due amici, che stava praticamente litigando con Giorgino, ma lo sai che Giorgino è un cacasotto».

«E perché ci litigava?».

«Per una».

«E ti pareva che non c'era una nel mezzo. E te sei subito arrivato a fare il galletto».

«Ma fammi finire, cazzo! E insomma gli vado a dire ehi ragazzi fatela finita. E questi mi attaccano tre contro uno, Giorgino scappa e il Biscia capirai, il Biscia è come avere arco e frecce contro un missile nucleare».

«E quindi è finita che lei ti ha limonato per gratitudine anche se te non volevi».

«Ma che cazzo dici?! Non ho limonato proprio nessuno, oh?! Chiedi al Biscia se non ci credi».

«Oh, scusa, chiedo al Biscia, certo, sua maestà il Biscia, il Re della Falsa Testimonianza. Ma dai Simone ma mica ho due anni! Sono sconfortata, soprattutto da 'sta cosa della gente che ti copre».

«Allora chiedi alla Debora!».

«Quella che se non ti fermava lei, la scopavi mentre caricava la cocacola nel frigo del bagno in spiaggia?! Oddio, Simone, io le cose te le ho dette, sai come sto e sai come stai, non prendiamoci in giro, te lo dico per l'ennesima volta».

«Senti, non crederci, non è successo un cazzo, e in più mi si è strappata pure la maglietta dei Cavs!».

«Eh, si, dei Chiavs» sospirò lei, «ma la colpa è mia, in fondo, è solo mia, perché tu non sei così se ti sono vicina, lo so, è questa maledetta facoltà. Maledetta me e maledetta facoltà!».

«Dai Cinzia, non ti buttare giù. Si, potrei non fare il cretino, ma non è colpa tua, un po' è anche colpa mia, lo sai».

«No, alla fine è colpa mia. Lo so».

Il Fara sentì la voce della sua morosa che andava incrinandosi, per poi iniziare a tirare su. Lui si sciolse.

«Amore, no ti prego non piangere! Io non... oh cazzo, non voglio che tu stia così!» fermò persino il camioncino, e nella sua testa non c'era altro che la Cinzia che piangeva e lui che voleva a tutti i costi consolarla ed averla tra le braccia e stringersi in un abbraccio che non finisse mai e farci l'amore mille ore in mille modi diversi.

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