9. Chiaro di stelle

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Piazza Tripoli è il centro della vita notturna della nostra meravigliosa città, una rotatoria dalla forma di un ovale oblungo che corre come una giostra intorno al giardino centrale ben curato. Posta circa a metà del lungomare che dal porto corre verso sud fino a Cattolica, è il fulcro di ogni via. Nonostante questo, di solito non è difficile trovare un posteggio non a pagamento, per via dei numerosi spazi.

Di solito significa quando non guida Denise con la sua C2 sfigata, che oltretutto ha ancora la spia rossa accesa sul cruscotto, quel punto esclamativo che sembra proprio dire: «marameo, sei una scema!». Mi sforzo di ignorarla. Come mi sforzo di ignorare le chiacchiere del mio loquace copilota.

«È venerdì sera, è normale che sia più difficile trovare un parcheggio.»

«Piantala, che mi deconcentri.»

«Denise, siamo sul lungomare, mica in pista a Misano. Non c'è bisogno di stare concentrati per guidare. E lo dico io, che ho la patente da meno di un anno.»

«Qual è la parte della frase "taci, per cortesia" che non ti è chiara, Dave? Sarei lieta di spiegartela ancora una volta.»

Dopo l'ennesimo giro a vuoto della piazza, mi convinco a cercare sul viale parallelo al mare. David sbuffa, ma in fondo è divertito.

«Comunque, mi perdonerai l'impazienza, non vedo l'ora che si compia il mio piano perfetto per stasera.»

«Perfetto? È peggio dell'ex delfinario.»

«In che senso?»

«Fa acqua da tutte le parti.»

«Ah, davvero simpatica.»

Ecco un posto libero, era ora! Metto la freccia – almeno quella funziona, per il momento. I parcheggi a lisca di pesce mi riescono bene, per fortuna.

«Come può funzionare un'idea del genere?» domando, mentre tiro il freno a mano.

David sgancia la cintura. «Semplice. Se prendo io la tua macchina per tornare, con la scusa che domattina ho scuola presto, uno di loro due ti deve riaccompagnare.»

«E Lea?»

Lui alza le spalle. «È una comparsa.»

«No, è una persona. Sii rispettoso.»

«Va bene, d'accordo. Lea si prenderà quello che avanza.»

Roteo gli occhi. «Perfetto, così passa da comparsa a cane.»

«Denise, quanto sei puntigliosa!» esclama, spostandosi i capelli dalla fronte. «Dovrai improvvisare un po', che vuoi che sia.»

Scendo dall'auto, assaporando la fresca brezza serale proveniente dal mare. Persone a passeggio lungo i marciapiedi gettano lo sguardo oltre le basse siepi che separano la pista pedonale dalla spiaggia, verso le luci delle barche lontane, a pelo d'acqua. Di fronte al bagno quarantadue, dall'altra parte della carreggiata, sorge il pub in stile inglese più longevo d'Italia. Il Rose & Crown, dagli anni Sessanta sul lungomare di Rimini. Con la sua lunga tradizione di sbornie, è stato il teatro di migliaia di serate alcoliche per intere generazioni di romagnoli.

L'ingresso a mo' di veranda è costellato di lucette gialle appese ovunque, i tavolini in legno scuro sono adornati da sedie tipiche da pub d'oltre Manica, e sopra il bancone troneggia una selezione di birre tradizionali da far girare la testa.

Come fa girare la testa Steve. Quando lo vedo seduto vicino al bancone in fondo, mi prende quasi un infarto. Ha un gilet di jeans sopra una camicia nera un po' sbottonata sul petto, le grandi mani incrociate sul tavolo, mentre con calma e pacatezza conversa con Luca, di spalle rispetto alla mia visuale... E che spalle, pure lui. Non finiscono più.

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