12. Divergenza

726 49 68
                                    

Va bene che lo sport è fatto di emozioni, ma qui si rischia il crepacuore.

A sei minuti dalla fine del quarto periodo, il Rinascita Basket Rimini è indietro di nove punti. Gli avversari imolesi sono tutt'altro che temibili, ma i nostri hanno preso la gara sottogamba. Reduci da un'intera annata di successi nemmeno troppo difficili, hanno pensato di aver già un piede in finale.

La palla a spicchi rimbalza sul parquet dipinto di bianco e rosso del Flaminio. Passaggi veloci si alternano a pick and roll, schiacciate e canestri. È frustrante essere rientrati in partita solo ora, quando si è in svantaggio di così tanti punti.

Luca, con il volto che è il ritratto stesso della determinazione, è l'unico dei nostri che sta giocando al meglio delle sue possibilità. Gli altri, Steve compreso, sembrano sottotono.

«Ce la possiamo ancora fare.»

«Cosa te lo fa credere, David?»

«Dan Peterson sostiene sempre che finché lo svantaggio in punti è pari al numero di minuti che restano c'è speranza.»

Aggrotto la fronte e giro di scatto la testa per controllare per l'ennesima volta il tabellone, con un gesto ossessivo che di sicuro mi farà venire il torcicollo stanotte.

«Non mi pare che le due cose coincidano, nel nostro caso.»

«Lo faranno se il Berto infila questa tripla.»

Il palazzetto esplode del boato del pubblico proprio mentre David termina la frase. Canestro formidabile, un tiro da tre da quasi metà campo!

Nell'orgia di persone che si alzano in piedi, nella cacofonia di urla isteriche che ne conseguono, fra l'euforia di saltare come una pazza e battere le mani fino a consumarle, non posso fare a meno di notare una cosa. David pure. Figuriamoci se gli sfugge. Ci scambiamo un'occhiata a metà strada fra la perplessità e l'indignazione.

Gli avversari chiamano un time out, per spezzare l'entusiasmo e il ritmo di ripresa del Rimini. Per qualche secondo, io e David non parliamo, lasciando che le urla della gente sfumino.

«Ma tu guarda che faccia tosta.»

«È colpa tua.»

«Perché mai lo sarebbe? E non dirmi che me l'avevi detto, ché mi arrabbio, giuro.»

«In realtà avrei detto che ti avevo avvertito.»

«Fa lo stesso. Sono cose che non si dicono a una ragazza, dovresti saperlo.»

«Va bene, comunque non è più un problema, no?»

«Per te, no. Non ce l'hai al lavoro tutti i giorni.»

«Per quanto ho capito, siete in reparti differenti, e non vi vedete così spesso.»

Sospirare è la cosa meno grave che possa fare. Qualunque altra cosa è poco consigliabile, in pubblico. Tipo, che ne so, strozzarlo.

«Bravo, Dave, ricordami ancora una volta che sono una fallita, grazie.»

Lui ha pure la faccia tosta di sorridere. «Non lo sei, Den, non lo sei. Il tuo unico difetto è che sei antipatica quando fai la vittima.»

«Tante grazie.»

In fondo, ha ragione, e lo odio per questo. Anzi, a dire il vero non lo odio. Vorrei, ma non ci riesco. È troppo simile a Jess, che diamine.

«Comunque, ignoriamo Sabrina e il suo tirare baci a Luca quando fa canestri fenomenali. Tanto lui non la calcola di striscio, e poi, anche se fosse, tu hai Steve.»

Zero di dueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora