Cap. 7 - Al rintoccar della campana

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AL RINTOCCAR DELLA CAMPANA








Due delle guardie appostate alle porte di Beleth si avvicinarono al barroccio, mentre le altre scrutavano da lontano Trust, seduto tranquil­lamente alla guida dei cavalli.

«Da dove venite?» domandò il più basso, portatosi di fianco al fab­bro con passo impacciato. Il pennacchio rosso dell'elmo venne solleci­tato dai suoi movimenti improvvisi.

«Lezhen. Siamo in due e intendiamo partecipare ai Grandi Talenti

La guardia scrutò con diffidenza il carro. L'altra, più alta e compo­sta, si unì al suo amico.

«Dobbiamo controllare cosa trasportate», disse. «Scusateci, ma è la prassi. Non possiamo far entrare in città gente di cui non conosciamo le intenzioni», aggiunse quando Trust aggrottò la fronte.

«Figuratevi, controllate pure, ma non troverete nulla più di qualche provvista di cibo e dell'acqua per noi e i cavalli.» Quando le guardie s'accostarono al retro, Selene scostò i lembi di tenda facendoli entrare; la più bassa la fissava in modo imbarazzante. Infine, quando i due si furono accertati che non vi fosse nulla di sospetto, scesero dal carro.

«Non vedo l'oggetto che presenterete ai Grandi Talenti», indagò uno dei due.

Il fabbro non aveva intenzione di raccontare le vicissitudini dell'ulti­ma notte, temendo di destar sospetti sulla loro venuta. Selene era scesa e rimaneva immobile ad attendere l'evolversi della vicenda, sperando in un'idea da parte di Trust su ciò che poteva dire. Trust si accorse di esse­re osservato e si voltò verso di lei.

«Ecco, lei è mia figlia», improvvisò, sperando che la tensione non lo tradisse nelle parole. «Ebbene, quale dote po­trebbe eguagliare la bellezza della propria prole? È lei il frutto del mio talento, del sacrificio di un padre e l'amore trasmessole.»

Le guardie furono colpite da quella singolare risposta, ma c'era qual­cosa che non quadrava.

«Avete intenzione di mostrare vostra figlia alla giuria?», chiese quel­la bassa e tozza con una sottile ironia che fece abbozzare un sorriso sul­le labbra del compagno.

«No... una poesia. Mi piace scrivere di sera quando torno dal mio la­voro, per questo ho deciso di dedicarle una poesia che ho in mente di presentare oggi. Non necessariamente un talento deve essere qualcosa di materiale.»

Le due sentinelle fecero un cenno d'assenso, poi si rivolsero ai colle­ghi che attendevano istruzioni sul confine della cittadina e alzarono en­trambi un pugno verso il cielo, un segnale che indicava le inten­zioni non ostili dei viandanti.

Trust mosse di nuovo il barroccio, fermandolo subito dopo su un fianco delle alte mura che proteggevano il centro abitato, accodandolo ad altri.

Trust e Selene presero le bisacce e si diressero verso il manipolo di guardie; due di queste aprirono con fatica il possente portone d'ingres­so.

Due arazzi scendevano ai fianchi dell'entrata e ritraevano una fiam­ma scarlatta.

I due viaggiatori varcarono la linea di confine che separava la foresta di pini dalla città, mentre il portone si richiudeva lento e scricchiolante alle loro spalle. La via principale era affollata da gente di ogni dove. Dei bambini si rincorrevano, alcuni sgattaiolando sotto le bancarelle dei poveri venditori che gli urlavano dietro; ai lati vi erano negozi e taverne da cui le persone uscivano con sorrisi stampati in viso. Gli incitamenti dei venditori ambulanti si sovrapponevano al frastuono dei passi sulla pietra e al chiacchierio dei Belethiani e degli stranieri che riempivano ogni antro della cittadina. Selene aveva gli occhi lucidi dallo stupore: mai aveva avuto modo di essere presente a una festa di quella portata, quelle organizzate dai villici di Lezhen non erano nulla in confronto.

Viktor (Il Ciclo della Rinascita, Vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora