Cap. 13 - Il sussurro delle stelle

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IL SUSSURRO DELLE STELLE








Selene riuscì a finire di mangiare, sebbene ostacolata dal ricordo della cruenta morte del coniglio.

Dopo aver ravvivato il fuoco e bevuto dell'acqua, lei e Gabriel si sdraiarono sul lenzuolo.

Mai avevano avuto modo di osservare il cielo notturno sdraiati sul­l'erba così distanti da casa e quello spettacolo li stava incantando.

Il tetto del mondo era un tappeto blu scuro puntel­lato da brillanti; Gabriel notò delle costellazioni che sembravano le sagome di un cen­tauro armato di arco e frecce e una fo­glia inviluppata da due rami d'al­bero.

«Quella è uguale al ciondolo che mi ha regalato Viktor per il com­pleanno», alzò un dito Selene, indicando l'ultima costellazione che Ga­briel aveva visto.

«Pensavo che dormissi.»

«Non potrei perdermi questo spettacolo.»

«Cosa hai intenzione di dire agli Anziani del monastero?», chiese il compagno.

«Semplicemente come stanno le cose: riferirò che Viktor è stato ra­pito da tizi sconosciuti, e delle nostre intenzioni di capirci di più su tut­ta questa storia.»

«Spero che ci aiutino.»

«Lo spero anch'io», rispose Selene, senza staccare gli occhi dal cielo. «Quante pensi che ce ne siano?», indicò le stelle.

«Milioni... miliardi... non ne ho la più pallida idea. Forse sono infi­nite in uno spazio infinito, ammesso che lo sia. Chissà, forse ci sono astri ancor più maestosi invisibili all'occhio umano: sarebbe bello sa­perlo», commentò Gabriel.

Selene annuì all'udire quella stessa risposta che si sarebbe data da sola. «Non c'è mistero più grande dell'immensità, a quanto pare», con­statò la ragazza.

Dopo qualche attimo di silenzio, Gabriel disse: «Beh, alla fine sei riuscita a mangiarti il coniglio!»

Selene arricciò il naso disgustata al pensiero del povero anima­le. «Qualcosa avremmo pur dovuto mettere sotto i denti, come hai detto tu.»

Gabriel sorrise. «Se Viktor fosse stato con noi, te lo avrebbe fatto mangiare per intero dandoti della viziata!»

«Non sono viziata, ma diciamo che assistere all'uccisione di animali non è uno dei miei passatempi preferiti!», ridacchiò sonoramente.

Gabriel non la sentiva ridere così da molto tempo, specie in una si­tuazione come quella. Gli fece piacere. Era contento che Selene ridesse in quel modo, era una maniera per distrarsi e continuare a credere nel domani, a credere che un giorno, lui, Viktor e Selene avrebbero avuto più tempo per stare insieme. Come una volta.

«Gabriel...», interruppe la ragazza, «cosa si prova ad avere un fratel­lo?»

La domanda di Selene, formulata con quel tono così inusual­mente intimidito, spiazzò il ragazzo.

«Beh... diciamo che avere Viktor al mio fianco mi aiu­ta molto. Un fratello è un po' come il bastone per un anziano», spiegò con ironia.

Selene restò in silenzio, poi sospirò. «Dopo la perdita dei miei geni­tori, se non avessi conosciuto Viktor, sarei rimasta da sola. Chissà a quest'ora che vita avrei condotto e di cosa mi sarei occupata... è proba­bile che sarei sprofondata in un vortice di depressione tale da consu­marmi fino alla morte. Potrai dire che il mio pensiero sia esagera­to, ma non posso negare quanto tuo fratello mi abbia aiutato. Quando accadde tutto eravamo piccoli, ma ri­cordo in lui lo stesso modo di star­mi a fian­co che dimostra ora», confidò.

Gabriel non aveva mai immaginato che la ragazza nutrisse quella forte riconoscenza nei confronti del fratello né si aspettava che quella notte, da un momento all'altro, avesse potuto fare un discorso simile.

«Adesso hai qualcuno su cui contare. Ora hai me, Viktor e gente che ti vuole bene: è questo quello che conta», rispose, cercando di mettere un punto conclusivo a quell'interloqui­re tanto introspettivo.

Il ragazzo non riusciva a mettersi nei panni dell'amica e il solo pen­siero di poter vivere una vita senza entrambi i genitori e isolato dal mondo lo terrorizzava.

«Sono contenta che ci siate voi al mio fianco», concluse lei, voltando­si su un lato e dando le spalle al compagno.

Il giovane la osservò, poi tornò a osservare gli astri notturni. Una pa­rola detta in modo sbagliato poteva rovinarle l'umore.

Dopo diversi tentativi falliti di prendere sonno, Gabriel rinvigorì le fiamme morenti con l'ultima legna ri­masta. Si sedette di fronte al falò e si lasciò riscaldare dal tepore che scioglieva l'aria fredda e pungente della notte.

Strinse le braccia attorno alle ginocchia portate al petto, pensando a come l'indomani sarebbe proseguito il viaggio verso la cima della mon­tagna.

«Non riesci a dormire?», chiese Selene.

«Già», rimandò l'altro, lo sguardo perso sulla superficie ardente di un ceppo nodoso.

«Neanche io riesco, troppe cose per la testa. Viktor, la reazione degli Anziani quan­do ascolteranno la nostra storia...»

«Beh, hai detto tu stessa di stare tranquilli e di comportarci in ma­niera naturale. Gente colta come gli Anziani non reputerà falso il no­stro racconto, visto che i libri con le leggende più assurde di tutto il conti­nente sono state scritte e pubblicate da loro.»

«Già, sarebbe un controsenso... Guarda», la ragazza indicò un punto nel cielo, «una stella cadente!»

Gabriel alzò lo sguardo troppo tardi.

«Peccato. Avrei voluto vederla.»

L'altra gli sorrise.

«Avresti voluto esprimere un desiderio?»

«Ne ho espressi molti quand'ero piccolo, ma sto ancora aspettando che si realizzino. E tu? Hai espresso un desiderio?»

«Ho desiderato che tutto vada per il verso giusto.»

L'amico si lasciò cadere sul lenzuolo dietro di sé e tornò a os­servare le stelle.

«A dir la verità non ho espresso il desiderio per la stella caden­te», ri­prese la compagna, giocherellando con alcuni fili d'erba.

«Ah, no? E perché l'hai fatto?»

«Tutte queste storie che incitano a esprimere desideri come la mo­neta d'oro nel pozzo, la stella cadente e via discorrendo, sono solo fan­donie che si raccontano le persone per avere banali motivazioni per spera­re in qualcosa. Penso che il vero fine di queste storie sia solo quel­lo di portar­ci alla comprensione di quanto sia importante avere speran­za, avere qualcosa che permetta di andare avanti anche nella peggiore delle situazioni. Diciamoci la verità: se non avessimo la speranza a que­st'ora non saremmo in viaggio verso il monastero, non trovi? L'umanità vive di speranze ed è grazie a questo, forse, che abbiamo avuto modo di evolverci fino a oggi.»

Discussero ancora molto su l'argomento, mentre l'idea di partire al­l'alba si andava affievolendo con l'incalzare della notte e Gabriel giurò di aver sentito Selene sbadi­gliare.

«Ti prometto che da oggi ricomincerò a esprimere desideri. Conti­nuerò a sperare», sorrise, per poi abbandonarsi alla stanchezza.

Il ragazzo restò ancora un po' a scrutare il cielo con la speranza di vedere un'altra stella saettare verso la terra, ma ciò non accadde. Così, finalmente si lasciò rapire da un sonno vigile.

Viktor (Il Ciclo della Rinascita, Vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora