capitolo 48: sottosopra

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DYLAN 
Ero in questo bar da quando me ne sono andata da casa Miller. 

"un gioco" 

questa parola ronzava nella mia testa non lasciando spazio ad altri pensieri. all'inizio si era un gioco, ma poi... ho provato qualcosa in lei di forte e unico. allora racconto meglio... 

ero un ragazzo sfigato senza famiglia. a San Francisco ero il "ragazzo senza casa", avevo mia nonna che mi faceva da tutore ma doveva pensare anche al suo ristorante. mia nonna ha un ristorante accogliente e affettuoso, le persone arrivavano e c'era ogni giorno sorrisi diversi e volti nuovi. il fine settimana e durante le vacanze li davo una mano ma sentivo che non c'è la facevo io, così a 18 anni venni qui a San Francisco. Ero nuovo, senza amici e ingenuo. conobbi il gruppo di Betty e credevo era un gruppo di amici fidato e bello finché iniziavano a torturare quelli più piccoli. all'inizio non ero d'accordo ma avevo cambiato città per una nuova vita no? così iniziai pure io. diciamo ero un "bed boy". mi scopavo una dopo l'altra, stavo quanto voglio con chi volevo, bevevo, fumavo e ogni fine settimana mi trovavo con una in posti diversi senza ricordare niente. Quando conobbi Tory credevo era una ragazza, una preda su cui fare colpo e mandarla a fanculo, ma lei ha saputo capirmi. mi ascoltava quando nessuno lo faceva, mi sapeva osservare, mi capiva, sapeva vedere qualcosa di bello in uno come me. io non volevo ferirla, io non volevo ma Betty mi ha minacciato. se ho bevuto prima di discutere con Tori è perchè ero fatto. poco prima ho ricevuto una chiamata da Betty dove mi minacciava di far del male a Tory se avessi continuato con lei, se avessi continuato ad amarla... eco perchè ora devo dire basta. ritorno il vecchio Dylan e nessuno mi ferma.

TORY
Non so da quanto tempo sono qui ma è per certo che ho perso sensibilità in ogni parte del mio corpo. Sono sulla spiaggia di San Francisco, il mio posto. Me ne pento di non essere uscita con qualcosa, ho solo una felpa corta, dei leggis e le scarpe da ginnastica. il freddo mi ha congelato e prima di venire qui sono inciampata su una lastra di ghiaccio per strada facendomi male alla caviglia e fregandomi il polso... ma niente in confronto a questo è più forte della voragine nel petto. Credevo di conoscere Dylan, credevo di amarlo e di starli accanto... ma non tutto è rosa e fiori. mi sono illusa e il mio cuore è stato preso e calpestato ancora ed io chiedo pietà per questo. stando tutto il pomeriggio e la serata qui ho pensato facendo finire le mie lacrime interrotte. domani inizio la chemio, la mia malattia finisce, mi curo, inizierò a studiare a casa così intraprendo anche la cura per il cancro e cerco di essere me stessa. il prossimo anno è l'ultimo, prenderò il diploma e farò l'università a Boston laureandomi in fotografia o prendendo altro... non lo so. la cosa fondamentale è che me ne vado da qui.  

sento tremolii lungo il mio corpo e le mie gambe non vogliono alzarsi così decido di stendermi avendo difronte a me il cielo stellato e addormentandomi tra freddo e il viso ancora inondato di lacrime. 

il giorno dopo... 
sento qualcosa di moribido sotto di me, mi sento ferma e immobile, debole e un continuo tichettio provenire dall'esterno. il mio cervello si è svegliato ma i miei occhi non riescono ad aprirsi, inizio ad agitarmi. sento delle voci ovattate, il tichettio più forte e voci che mi urlano contro... poi pian piano sento di svenire... 

pian piano riprendo conoscenza e cerco di muovermi ma sono bloccata. riesco ad aprire gli occhi questa volta e mi ritrovo in una stanza che puzza di medicina 

l'ospedale.

cerco di muovermi ma mi sento immobile così abbasso il capo e vedo vari aghi collegati al mio braccio una maschera per darmi ossigeno e la testa legata. giro lentamente il capo e scorgo una figura di spalle rivolta alla finestra. 

Josh 

cerco di parlarli ma le miei labbra sono inumidite e la mia voce è debole, così pian piano riesco a far cadere una cosa sul comodino e lui si gira di scatto. 

mi guarda 

lo guardo 

sorride 

cerco di sorridere 

corre verso di me e mi abbraccia ed io ceco di farlo, ma con mille aghi con sento niente 

-mi sei mancata così tanto piccola- disse baciandomi il capo -tieni- mi porse una bottiglia d'acqua e mi aiutò a bere 

inizio a bere pian paino e sento la mia bocca chiedere libertà, sento che è come se non prova un po' d'acqua da tanti giorni... così la domanda sorge spontanea

-da quanto sono qui Josh?- chiesi risedendomi sul letto 

lui mi fissa, abbassa il capo e resta muto 

-da quant'è che sono qui Josh- chiedo più preoccupata e spaventata 

lui abbassa il capo e inizia a singhiozzare 

-josh...-cerco di accarezzarlo ma mi sento debole, molto

-josh ti prego... da quant'è che sono qui?- cerco di riformulare 

-due mesi e mezzo..- disse con voce flebile 

due mesi e mezzo che sono in questo letto d'ospedale? du mesi e mezzo che non vedo la luce del sole? due mesi e mezzo che non sono io? 

-c..com.. com'è possibile!?- chiesi leggermente agitata, ma la mia debolezza non mi permetteva di alzarmi 

-ti ho trovato il giorno dopo, eri lì stesa a terra... sembravi morta sulla riva. io corsi verso di te, avevi le labbra viola, il viso bianco, delle ferite sul ginocchio e la mano. entrai in panico così ti presi e corsi qui. avevi preso tutto il gelo di quella notte ed eri in ipotermia, così hanno fatto di tutto per farti vivere ma eri come morta perchè ci voleva più tempo del previsto. per fortuna iniziasti a dare i primi segni di vita e ti presero e ricoverarono. avevi la febbre alta, deliravi ed eri debole. mi hanno fatto entrare solo per poco i primi tre giorni perchè dovevano accertarsi su tutto e sul tumore.... dopo le analisi mi fecero entrare e tra te e mia madre ho fatto i turni e gestivo anche la scuola. dopo scuola andavo da mia madre, poi venivo qui e studiavo con te... certe notti le passavo qui e altre da mia madre. I Miller mi hanno dato una mano- disse ciò con un filo di voce 

-Bella.... come sta?- chiesi sentendo di loro 

-ultimamente ha iniziato a mangiare poco e sentendo te stava male. James stava con lei e il nipote, March si divideva con il lavoro...- abbassai lo sguardo 

-la mia malattia?- chiesi aspettandomi già la risposta 

-Tori...- cercò di dire ma lo fermai 

-la mia malattia Josh- dissi decisa 

-è accelerata, appena ti saresti svegliata i dottori dovevano iniziare la chemio-...

Anche le stelle più buie possono brillare// Dylan O'brienDove le storie prendono vita. Scoprilo ora