𝙏𝙤 𝙙𝙧𝙚𝙖𝙢 𝙖 𝙙𝙧𝙚𝙖𝙢

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8. 𝙎𝙤𝙜𝙣𝙖𝙧𝙚 𝙪𝙣 𝙨𝙤𝙜𝙣𝙤

 𝙎𝙤𝙜𝙣𝙖𝙧𝙚 𝙪𝙣 𝙨𝙤𝙜𝙣𝙤

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Al mattino, per la prima volta dopo tanto tempo, ci mette un po' per prepararsi. Vuole fare bella figura, e trascorrere una giornata diversa al fianco di qualcuno che potrebbe risollevarle il morale. Amanda pensa di aver intravisto qualcosa negli occhi di Jeremy. Un luccichio, un barlume di speranza. Si è rivista nel suo sguardo incantato; ha rivisto la giovane ragazza giunta a New Orleans per inseguire un sogno. E lo ha raggiunto, almeno in parte. Chad le ha dato un'occasione, però lei sente di non poter cancellare dalla memoria tutti i dettagli e i sospetti che nei mesi si sono accatastati nella sua psiche. Con una mano, solleva i boccoli dietro la nuca per dar loro un tocco più dolce e sinuoso. Infine scuote lievemente la chioma e si infonde una buona dose di coraggio per poter uscire dalla porta. New Orleans la accoglie sotto un cielo terso e un sole rovente. La giornata è splendida, perfetta per potersi incamminare lungo i marciapiedi imbanditi di bouquet di fiori e lanterne appese ai balconi. Artisti di strada suonano ai loro strumenti. Riconosce uno di loro, dietro al suo banjo e immediatamente ci balla accanto, esaltata e felice. Spensierata e libera. "La ragazza d'oro è qui tra noi, quest'oggi" il ragazzo di colore solleva la mano prendendo la sua per poterle far fare una giravolta. "Richieste?".

"Suonami qualsiasi cosa, Brad". Amanda si muove armoniosa, danzando e volteggiando sui sandali di cuoio. "Fai sempre invidia a questi fiori appassiti che sbucano dai balconi. Sei uno spettacolo" confessa il musicista, onorato della sua presenza. "Sei sempre troppo gentile. Vieni a trovarmi qualche volta. Al Jazz Playhouse... ricordi che lavoro lì?". Brad, imbarazzato, si limita ad annuire. "E stamattina dove vai?". "Incontro una persona".

"Oh, una persona speciale..." sibila lui, tenendo le dita sottili sulle corde. "Lo spero". Fa un cenno con la testa per ringraziarlo del concerto privato e dopo prosegue verso il centro, raggiungendo il cafè. A Charlie non ha detto un orario preciso, e lui non ha detto che ne avrebbe parlato con Jeremy. Ciò nonostante, Amanda spera di poter scorgere un volto amico nella folla di turisti ammassati tra i tavoli. La cameriera si avvicina a lei, scribacchiando qualcosa su di un vecchio taccuino. "Un caffè, e un menù" dichiara, e nell'attesa scartabella il quaderno con la copertina di pelle su cui è ritratto uno stencil dorato di un sassofono. Lo lascia sul tavolo, sorseggia il caffè e, trascorsi dieci minuti afferra un libro dalla borsa. Si porta sempre dietro un romanzo, per i momenti come questi quando tutt'intorno è silenzio, pace e calma assoluta e lei può lasciarsi trasportare in un mondo di fantasia, come accade quando sale sul palco e si sente trascinare via dall'atmosfera jazz. La pelle d'oca sulla pelle e il brivido dietro la nuca. "Ciao..." solleva gli occhi dalle pagine avorio, incrociando lo sguardo azzurrino di Jeremy. "Scusami... aspetti da molto?".

"Solo qualche minuto" mente, invitandolo a sederle difronte. "Charlie non mi ha detto un orario preciso. Ho provato a raggiungerti il prima possibile". "Ora sei qui". I due si sorridono, felici, estranei a questa nuova sensazione che li è appena entrata nelle ossa e nel cuore. La cameriera torna da loro, prendendo l'ordinazione del nuovo arrivato. In poco tempo li lascia da soli a conversare, anche se entrambi faticano a spiaccicare parola nei primi minuti. "Ieri è stato tutto affrettato. Non volevo sembrarti un mammalucco introverso, o peggio". Amanda scuote il capo. "Non mi hai dato questa impressione, anzi. Immagino tu abbia fatto un grosso sforzo per avvicinarmi. Il tuo amico me lo ha detto... mi ha detto che all'inizio sei così, e poi all'improvviso ti schiudi". Jeremy si porta le mani sulle gambe e poi si schiarisce la gola. "Ha detto così?".

"Tiene molto a te. Dice che sei eccezionale, talentuoso". Le sue guance pallide si fanno immediatamente porporine e accaldate. "Mi dispiace. Ti ho messo in imbarazzo?". "No... scusami tu. Preferirei cambiare argomento. Non mi piace parlare di me". "Neanche a me piace parlare di me" dichiara Amanda facendolo ridere. "Allora di cosa parliamo?". "Oggi è una bella giornata" aggiunge Jeremy, spostando l'attenzione sul meteo. "Sì, l'ho pensato anche io appena uscita di casa. Vivo in un appartamento nel quartiere francese. Tu?".

"Carrollton. Siamo distanti". "Almeno di cinque miglia, con l'auto". Amanda ordina un altro caffè per fargli compagnia. Intanto infila il romanzo nella borsa, per poi tornare con gli occhi in quelli di Jeremy. È un bell'uomo, pensa. Spalle larghe, mascella dritta, occhi piccoli ma intensi, capelli che danno sul biondo cenere e barba delle stesse sfumature calde. Si osservano a lungo, con nonchalance e pacato fervore. "Suoni il sassofono?". Lui torna con i piedi per terra, lasciando la tazza sul tavolo. "C'è qualcosa che Charlie non ti ha detto?".

"Mi ha detto solo questo. Vuole che sia tu a raccontarmi di te. Ti prego, vorrei conoscerti meglio. Tu non vorresti? È per questo che sei giunto nel mio camerino, ieri o mi sbaglio?". "Non ti sbagli, Amanda..." lei sorride, emozionata. Drizza la schiena sulla sedia, facendo un cenno con la mano. "Allora, avanti. Sono tutta orecchie. Chi è davvero Jeremy Brauer, oltre ad essere un appassionato di musica jazz e un musicista?". "Io sono questo, sono quello che vedi...".

"Mmmh" Amanda mostra una smorfia di disappunto, e dopo si porta la mano sotto il mento. Le sopracciglia serrate e la fronte corrugata come se stesse riflettendo su qualcosa di importante, su qualcosa che le è sfuggito. "Non so... scommetto che c'è di più dietro a quest'aria da bravo ragazzo. Suoni da poco, quindi prima facevi altro". "Medicina..." sbotta, scegliendo di essere onesto "...studiavo medicina a Chicago però le lezioni non mi hanno mai ispirato. Era un sogno di mio padre, non il mio. Dopo ho scoperto il jazz, mi sono ammalato di musica ed ho provato a farne una carriera. Così mi sono ritrovato a New Orleans". Amanda acquisisce uno sguardo incantato, sognatore come se si fosse persa nelle parole di Jeremy. "Comprendo appieno quello che stai affermando. Ho studiato musica anche io, e da piccola ascoltavo i vinili di mio padre fino a farmi venire la nausea. Abbiamo questo in comune, a quanto pare".

"La musica?" Amanda scuote il capo. "Determinazione. Desideriamo entrambi raggiungere quel sogno". "Tu ci sei riuscita..." inizia a dire lui "...insomma, sei la punta di diamante del Jazz Playhouse. Sei tra le migliori voci femminili che io abbia mai udito in vita mia". Lei si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio, arrossendo per il complimento. "Vorrei incidere un disco. Pensi sia possibile?". "Puoi fare qualsiasi cosa, in qualunque momento". "Mi daresti una mano?" Jeremy semplicemente annuisce, senza chiederle dettagli o spiegazioni. "Ho uno studio di registrazione tutto mio. Vorrei che suonassi il tuo sassofono. Ti faccio leggere quello che ho composto finora...".

"Aspetta, mi conosci appena... ti stai fidando di un mio aiuto, senza avermi sentito suonare. Potrei essere pessimo, non dotato". "Non credo proprio che tu lo sia. Domani sera ho una collega che può rimpiazzarmi al Playhouse. Ti andrebbe di iniziare questa nuova avventura?". D'un tratto, tutt'intorno diventa placido, sereno, silenzioso come se il mondo si fosse fermato per loro. Per far capire a Jeremy quale sarebbe stata la risposta perfetta da darle. Lui pensa ad una soltanto, e prima che possa risponderle, la risposta gli si legge semplicemente negli occhi. "Volentieri" sibila, sforzandosi di non sembrarle un adolescente in piena fase ormonale che si è preso una inevitabile e violenta sbandata per la ragazza più bella della città. Amanda sfila un biglietto dal portafoglio. "Questo è l'indirizzo..." nel fugace gesto, le loro dita si sfiorano "...ah, e c'è anche il mio numero se dovessi avere degli imprevisti. Spero di no" balza in piedi per prima, afferrando il manico della borsa per portarselo in spalla. "Allora a domani, Jeremy Brauer. Non vedo l'ora". 

𝘾𝙤𝙣 𝙜𝙡𝙞 𝙤𝙘𝙘𝙝𝙞 𝙚 𝙘𝙤𝙣 𝙡𝙖 𝙫𝙤𝙘𝙚 | 𝘾𝙝𝙧𝙞𝙨 𝙀𝙫𝙖𝙣𝙨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora