4. Sogni al cielo

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«Ti ho preparato la colazione» la voce di Alessandro la svegliò. Nonostante la confusione ricordava perfettamente il mondo in cui era stata accudita per tutta la notte dalle sue braccia, l'aveva stretta da dietro, il mento poggiato nell'incavo del collo e le mani sul suo ventre «ho fatto un casino ieri» ammise, egoisticamente contenta di aver impedito a lui di continuare la serata con qualcuna che non fosse lei. «Noi siamo un casino Luna» affermò lui sedendosi accanto a lei «io nel casino ci sono nata, e tu?» disse lei avvicinandosi alle sue labbra «mi ci sto abituando» confessò lui scaraventandosi sulle sue labbra, profondamente affamato di lei, le sue mani vagarono immediatamente sotto la felpa che lanciò sul pavimento, il petto era libero, privo del reggiseno che probabilmente aveva sfilato durante la notte e lui accarezzò estasiato quelle curve proporzionate. «Mi piaci da impazzire Luna» sussurrò a un passo dalle sue labbra, lei tentò di abbassare i pantaloncini di lui ma fu interrotta dalla suoneria del cellulare «è sicuramente mio fratello, devo rispondere» disse allungando il braccio verso il cellulare «ancora un po'» le baciò il collo ma lei lo spinse giocosamente.
«Luna ma dove sei?» la voce preoccupata di Edoardo si accodò allo schiocco dei baci che Alessandro non smetteva di darle «Edo, sono con un amico» rispose lei tirando un leggero calcio ad Alex che intanto aveva posato le mani sulle sue natiche «e hai dormito lì?» indagò il fratello «Edoardo, hai finito di rompere?» sbuffò mordendosi il labbro mentre Alessandro giocava con il pizzo delle sue mutandine «vabbè, richiamami quando ti liberi da questo amico» la prese in giro il fratello chiudendo la chiamata e accantonando le preoccupazioni, per la prima volta la voce di sua sorella brillava di colori accesi.
«Sei un pazzo» lo baciò per l'ennesima volta lasciandosi spogliare, facendo lo stesso con lui e circumnavigando quel nuovo mondo che le piaceva da morire.

«Finiamo sempre per scopare» ammise Alex prendendo un paio di boxer puliti prima di entrare in doccia «il diavolo tentatore qui sei tu» rispose lei rotolandosi tra le lenzuola, pura e nuda, limpida come un angelo «guarda Luna, non parlo che è meglio» le lanciò un cuscino colorato per poi uscire dalla camera.
Luna soffocò un urlo di felicità in quel cuscino verde, era felice da impazzire, aver rivisto Alex aveva significato ottenere l'impossibile, si trovava ancora una volta con quell'uomo irrisolto che profumava di speranza.
Corse in cucina, scaldando i pancakes che lui aveva preparato per entrambi, la casa profumava di cannella e a lei venne quasi da ridere per quell'impronta inglese che il ragazzo tentava di negare ma che in realtà gli apparteneva infinitamente. «Ehi bell'inglese» disse guardandolo uscire dal bagno con un telo avvolto attorno al bacino «guarda che più milanese di me non c'è nessuno, tac» la prese in giro lui infilzando un pezzetto della sua colazione per imboccare la ragazza «sei un inglese interiorizzato, il viso pallido già ce l'hai» continuò lei ridendo e godendo di quelle attenzioni che lui le stava dando «sei un luogo comune vivente, chi ti dice che gli inglesi siano tutti pallidi?» chiese lui «nessuno, però da oggi ti chiamerò bell'inglese» concluse «sul bello non ti sbagli sicuramente» esclamò aggiudicandosi uno schiaffetto sulla nuca.

«Su ho un piccolo studio di registrazione, pensavo potessi venire con me» propose facendole illuminare gli occhi «ne sei sicuro?» domandò, ormai consapevole di quanto lui fosse geloso della sua arte «sei la prima persona che mi ha sentito cantare, vorrei fossi la prima che mi vedesse creare, a modo mio» confessò sentendosi in imbarazzo per il termine utilizzato.
Creare
Era proprio quello che faceva, notte e giorno, eppure una voce interiore gli ripeteva che quel termine fosse riservato solo ai grandi, che lui in realtà non ne era minimamente degno.
«Non mi perderò nemmeno una tua espressione» promise lei accompagnandolo al piano superiore, in cui si trovava quel piccolo studio pieno di attrezzature che le risultarono completamente sconosciute.
«É qui che mi rifugio quando voglio smettere di pensare» le confessò, consegnandoli tra le mani una tra le più importanti parti di se stesso. Le fece sentire quello che era l'incipit di un inedito che reputava ancora vergine, non era terminato, aveva scritto solo le prime due strofe, ma solo Dio sapeva quanto avesse lottato contro le inibizioni per scrivere qualcosa che non fosse ragionato, ricercato o pensato sistematicamente a tavolino. Sogni al cielo era arrivata due sere prima, con una birra tra le mani ed una testa piena di pensieri che solo l'inchiostro della penna riuscì a liberare.

Qualche volta innamorati
con gli occhi di quegli angeli,
anche se non conosco il loro volto
ma la gente sì, certe gente
dice di sì

ho una palma davanti a me
ma non sono al mare,
sai perché
qualche volta mi piace portarmi
dei pezzi via con me

Luna restò estasiata da quelle strofe, ignara che quelle stesse parole un giorno le avrebbero violato l'anima, lo abbracciò contenta complimentandosi un irripetibile numero di volte «é bellissima Ale» e lui si chiese come facessero quegli occhi angelici a non capire di essere i protagonisti dell'ispirazione. «Stavo riflettendo su quello che mi hai scritto» disse lui evitando di nominare i casting di Amici per paura che l'ennesimo fallimento potesse materializzarsi difronte ai suoi occhi anche solo pronunciandolo, eppure lei capì e rispettò quella paura indiretta «tutto questo merita un riconoscimento» disse lei sincera «fortunatamente ho qualche mese per pensarci» chiuse il discorso terminando le forze impiegate in quell'ammissione.
«Dovrei tornare a casa» constatò guardando l'orario «resta qui, stanotte testa qui» la pregò tenendola stretta per un fianco «non ti sono bastate queste ore?» chiese rannicchiandosi sul corpo di lui, dimostrando che no, neppure lei voleva andare via «domani ho lezione Ale» disse riferendosi alla ripresa delle lezioni in Accademia di danza «ti ci accompagno io» propose lui posando la testa tra i suoi seni mentre lei gli accarezzava i capelli «prima dovresti accompagnarmi a casa per prendere il borsone» parlò come se si stesse arrendendo all'idea di tenerlo stretto un'altra notte, implodendo di quell'entusiasmo che solo la sua presenza sapeva regalargli «solo a patto che io possa infilarmi in quel borsone» la prese in giro lui trascinando i loro corpi sul divano.

Sweet Creature /Alex Wyse/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora