14. Come nelle canzoni

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Ehi, io non lo so cos'è che non va in me stasera, é come se si fosse rotta la città.
Per due come noi scappati presto dal quartiere
e che adesso non sanno nemmeno più come si fa
a stare insieme male, se non ricordo male
t'ho dato tutto di me,
forse ti ho dato il peggio di me
che tanto il meglio era uguale.
Ora che piangi a fare?
Tutte le cose migliori e peggiori le ho fatte con te
ma solo il meglio non vale.
-Coez

Quel giorno, Alessandro avrebbe di gran lunga preferito un temporale al sole cocente che sbatteva contro il vetro della finestra.
Quando era andata via, dissolvendosi nello smog di Milano, lui era crollato sulle ginocchia, la testa fra le mani, il respiro irregolare. Era impotente nelle sue insicurezze, tra tutte quelle fragilità che l'avevano spinto a scegliere il rumore del silenzio. Si chiese, allora, se Luna fosse stata rinascita oppure distruzione, se tutto quel tempo fosse stato perso e l'amore sprecato.
Luna si era presa tutto, persino quella parte che non aveva il coraggio di mostrare, il suo più grande terrore, tutto ciò che rendeva la sua esistenza incerta. Era impossibile accettare che qualcuno avesse impugnato la sua vita tra le dita e preso una decisione più grande della fiducia, forse non capì mai tutto l'amore che quella decisione custodisse, fu più facile incolparla per essersi appropriata il diritto di liberarlo dalle catene. Era stato l'amore a dettare a Luna quella candidatura, lo stesso amore che ora giaceva agonizzante sul pavimento, rotto in mille pezzi «perché mi hai fatto questo?» l'eco non rispose.

«Luna, che cazzo hai combinato?» Edoardo si tese come una corda di violino alla vista del volto annientato della sorella «lasciami stare» le gambe accompagnarono a stento lo spettro della ragazza nella sua camera, non aveva idea di come avesse ritrovato la strada di casa in quello stato confusionario, tutto sfocato, tutto sgretolato. «Devi lasciarlo andare» Edoardo la raggiunse sedendosi accanto a lei «vattene» una fitta le percosse lo stomaco dopo aver ripetuto, involontariamente, le sue stesse parole «lui è sbagliato per te» girò il coltello in una piaga che si faceva ogni secondo sempre più profonda «ah sì? E cosa è giusto per me?» alzò la voce «sono una nullità» una lacrima le bagnò la guancia «non basto mai, per nessuno» affondò il volto nel cuscino «basti a me» il fratello la strinse tra le sue braccia, Luna era la sua casa, la sua famiglia, la parte più bella di lui «Luna, io senza di te non avrei resistito un solo secondo» le confessò riportando alla luce i momenti che seguirono la scomparsa della madre, in cui l'assenza di un padre menefreghista espose entrambi ad una realtà arida, che avrebbero preferito restasse ignota «Edo ti prego, va via» non poteva sopportare che lui la vedesse in quel modo e fece quello che sembrava riuscirle meglio in quel periodo, scacciare il bene. Un urlo straziato abbandonò la camera, una valanga di oggetti fu scaraventata contro il pavimento, un cuoricino in vetro si distrusse in mille pezzi, prendendosi gioco di lei «perché mi hai fatto questo?» l'eco non rispose.

«Alessandro, che ci fai qui» Marzia sussultò alla vista del figlio, era pallido come un'alba, spento come il sole in una giornata di pioggia «mamma ho fatto una cazzata» pianse sulla spalla di sua madre, ritornando il bambino indifeso che non era mai stato.
«Ti ha detto che ti ama, io ci credo» affermò la donna, che quell'amore l'aveva già letto nelle settimane precedenti, ancor prima che gli altri ci facessero caso «l'amore non basterà» scosse la testa «l'amore basta sempre» la donna strinse le mani del figlio tra le sue «a te e papà non è bastato neppure quello» silenzio.
«Ale, io non so cosa vorrai fare, ma se apri questo libro devi leggerlo fino alla fine» la madre si risvegliò dal vortice dei suoi fallimenti «non sono pronto, non sono pronto per amare mamma» per la prima volta, quel cuore che aveva iniziato ad emettere i primi vagiti smise di correre «allora devi lasciarla brillare da sola» gli accarezzò la fronte «scusami, se anche questa volta non sono bastato» quelle parole sanguinarono, erano un'arresa dichiarata a Luna, a se stesso, alla famiglia che sentiva di aver sgretolato, all'amore che aveva messo in ginocchio, perché fa così male? una domanda alla quale non voleva trovare le risposte e brilla amore mio, perché quando non ci sono nuvole tutti si fermano ad ammirare la Luna.

Luna era diventata l'eco di quei passi che le avevano dato le spalle, si era crogiolata negli addii sussurrati, nel dolore dei silenzi oggi è un nuovo giorno se l'era ripetuto ogni mattina e lo aveva rimandato ad ogni tramonto, domani andrà meglio ma domani non arrivava mai, ed era buio da troppo tempo. I periodi di assenza erano diventati più lunghi di quelli che aveva effettivamente vissuto stringendo un'altra mano, ma il sorriso non era mai tornato ed il dolore non l'aveva lasciata andare. Era stata brava fingere che la luna ed il sole non si fossero mai incontrati, ma solo i codardi avrebbero potuto negare un'eclissi di quel genere. Così aveva riposto Alessandro nel cassetto più prezioso che custodisse, con i suoi sorrisi e i suoi abbracci timidi, con il modo di baciarla senza che nessuno lo guardasse e la gelosia del mondo, ma solo il meglio non vale, in cima alla pila di fogli sottili che parlavano di lui, le sue parole, quelle che l'avevano resa la metà di se stessa.
«Ehi Luna» Edoardo fece ritorno a casa, con due cartoni di pizze tra le mani «non ho molta fame» disse mentre il fratello riponeva i cartoni sul tavolino ai suoi piedi «devo parlarti» Edoardo fece un sospiro profondo estraendo il cellulare dalla tasca «mi dispiace Luna» sbloccò lo schermo del cellulare, riproducendo un video che, purtroppo, gli era capitato tra i suggerimenti social, le immagini la divisero in due. Alessandro cantava con un'altra ragazza, le fossette in bella vista, lo sguardo innamorato io sono Alex Wyse, lei è Chiara e questa è Sogni al cielo il pavimento sembro mancarle sotto ai piedi, un'altra donna che cantava la sua canzone, un'altra donna accanto a lui, un'altra donna che era stata in grado di bastare.
Tirò su con il naso, si sfregò le mani contro le ginocchia tentando invano di ripararsi da quel secchio di acqua gelida che si era abbattuto su di lei «te l'avevo detto Edo, io non basto mai» accennò un sorriso spento, recuperò ciò che era rimasto di lei e si rintanò in camera.
Edoardo mangiò da solo una pizza ghiacciata, se avesse potuto si sarebbe preso tutto quel dolore.

È come se si fosse rotta la città.

Sweet Creature /Alex Wyse/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora